Nacque a Cencenighe (dal 1964 Cencenighe Agordino), in provincia di Belluno, il 23 febbraio 1921, unico figlio di famiglia agiata; qui trascorse gli anni della fanciullezza, vivendo in un ambiente sereno e di buona cultura. Egli amava ricordare che fu il padre Valerio (farmacista, che quasi mai usciva di casa, preferendo dedicarsi alla professione e alle variegate, assidue letture, anche di testi originali in tedesco e in francese, compresi alcuni lavori del linguista Alfredo Trombetti) a stimolare indirettamente in lui l’interesse per le lingue: P. ne imparò molte nel corso degli anni, dedicando ad esse quella attività profonda e straordinariamente prolifica di indagini e risultati scientifici per i quali eccelse nel mondo accademico. Le sue doti emersero già nel corso degli studi compiuti presso il Ginnasio liceo Tiziano di Belluno, tanto che un illustre docente di lettere di quella scuola profetizzò alla madre un sicuro avvenire di studioso per il giovane allievo. Né P. trascurò, in quel periodo, di coltivare altri interessi, quali la musica e lo sport, specialmente l’atletica, successivamente l’hockey, interessi ai quali amava, sia pure saltuariamente, ritornare anche da adulto (per un periodo conobbe a memoria i nomi di atleti e i loro record relativi a varie discipline). Ottenuta la maturità classica nel 1940, quando da poco l’Italia era entrata in guerra, poté frequentare con difficoltà e soltanto per alcuni mesi i corsi della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Padova, presso la quale s’era iscritto. Nel febbraio 1941 fu infatti chiamato alle armi nel corpo degli Alpini, cominciando col frequentare (in Aosta) i corsi per la nomina a ufficiale: ma neppure in quel non certo felice periodo lo abbandonò la passione per lo studio, riuscendo egli a conciliare la fatica e la noia delle lunghe marce con l’apprendimento della grammatica di una lingua non ancora da lui conosciuta. ... leggi Fu soltanto una improvvisa, allora quanto mai bene accetta e fortunata malattia, che gli risparmiò il fronte russo: nell’estate del 1942 egli si trovava a Udine in attesa della ormai imminente partenza, quando fu ricoverato per subentrata parotite. Avrebbe così trascorso il resto del servizio militare quale sottotenente degli Alpini in Valsugana e in Val di Fiemme da dove, in seguito agli eventi dell’8 settembre 1943, poté ritornare a casa e riprendere l’attività di studio. Fu allora che conobbe Silvio Pellegrini, illustre docente di filologia romanza nell’Università di Pisa, che trascorreva l’estate nella vicina Valle del Biois a Caviola. Fra i due sarebbe nato un immediato rapporto di reciproca stima e collaborazione, fondamentale per il successivo avvio alla carriera universitaria del giovane studioso. P. superò l’esame di laurea in lettere presso l’Università di Padova il 27 luglio 1945, discutendo la tesi su Il dialetto di Cencenighe e di S. Tomaso (Agordino), relatore Carlo Tagliavini; sotto la guida dello stesso docente, un anno dopo (26 luglio 1946) conseguì il diploma in glottologia presso la Scuola storico-filologica delle Venezie, annessa alla Facoltà di lettere e filosofia dell’Ateneo patavino, con una tesi su I nomi locali del Medio e Alto Cordevole, in seguito pubblicata (Bibliografia, 2001, 005). La prima parte della carriera accademica di P. in qualità di ricercatore e di docente si svolse presso l’Università di Pisa, dove fu chiamato, godendo egli della già ricordata piena considerazione da parte di Silvio Pellegrini, titolare dell’insegnamento di filologia romanza e direttore del corrispondente Istituto: già nell’anno accademico 1946-1947, e nei due successivi, tenne il lettorato di spagnolo presso la Facoltà di lettere e filosofia, a partire dal 1947-1948 esteso per tre anni alla Facoltà di economia e commercio, lettorato al quale si aggiunse, presso la stessa Facoltà di economia, l’insegnamento di lingua serbo-croata (dal 1951-1952 al 1955-1956). Nel frattempo, nel dicembre del 1947 era stato nominato assistente volontario della cattedra di filologia romanza, quindi assistente incaricato della stessa disciplina dal novembre 1949 fino al giugno del 1950, quando, in seguito a concorso, divenne assistente di ruolo, poi aiuto dal 15 ottobre 1953. Contemporaneamente tenne il corso di storia comparata delle lingue classiche per tre anni, a partire dal 1953-1954. I filoni di ricerca indagati in questi primi anni di attività accademica, gravata soprattutto dagli impegni didattici e dall’assiduo studio, furono riassunti e positivamente valutati nella relazione della commissione giudicatrice dell’esame di abilitazione alla libera docenza (composta da Carlo Battisti, Gino Bottiglioni e Vittore Pisani), ottenuta da P. in data 29 aprile 1951: in primo luogo la linguistica neolatina, con la edizione di contributi sulla dialettologia veneta, specialmente alpina (lessico, etimologia, toponomastica), ma soprattutto della Grammatica storica spagnola (Bibliografia, 2001, 009), giudicata «degna di rilievo, per l’ordine, la chiarezza, per la visione esatta dei problemi», tale «che non solo si inserisce con onore nella serie delle grammatiche spagnole, ma porta attraverso lo studio del mozarabico e dei toponimi, dei dati interessanti sulla preistoria dei dialetti spagnoli». D’altronde la stretta interdipendenza del dato linguistico con il dato storico sarebbe rimasta uno dei capisaldi metodologici della indagine di P., che a tale riguardo già dall’inizio aveva offerto un esemplare saggio con il Contributo allo studio della romanizzazione della Provincia di Belluno (Bibliografia, 2001, 008) «in cui i dati archeologici e toponomastici raccolti con molta diligenza permettono per la prima volta una visione abbastanza precisa del sostrato prelatino e della penetrazione latina». La commissione infine sottolineava il «metodo e acume» mostrati dall’autore nell’interpretare le Iscrizioni paleovenete da Làgole (Calalzo di Cadore – BL) (Bibliografia, 2001, 013). Tutte queste tematiche (dialettologia neolatina – specialmente italiano settentrionale –, lessico, etimologia, toponomastica, e non solo delle lingue romanze, lingue prelatine – specialmente il venetico –, arabistica, rapporti fra lingua e storia) continuarono ad essere i settori privilegiati della intensissima attività scientifica di P., anche se altri interessi ed ambiti di indagine si sarebbero aggiunti nel corso degli anni, rivolti specialmente alle lingue dell’area balcanica, prima fra tutte l’albanese. Nello stesso anno dell’abilitazione alla libera docenza, nel 1951, P. sposò Gabriella Gerardis, di famiglia bellunese benestante, che divenne madre di tre figli e per lui compagna preziosissima, per l’intera vita sostegno insostituibile in qualsiasi evenienza. Il matrimonio fu celebrato nella chiesetta della settecentesca villa Campana di Belluno in località San Lorenzo, proprietà dei Gerardis, dove la famiglia di P., pur risiedendo dapprima a Pisa, poi a Padova, trascorse gran parte delle estati. Vinto il concorso alla cattedra di storia della lingua italiana presso l’Università degli studi di Palermo (dove tenne gli insegnamenti anche di glottologia e di filologia germanica), P. rimase due anni nella città siciliana prima di essere chiamato dall’Università di Trieste a occupare la cattedra di sua titolarità (storia della lingua italiana), alla quale s’aggiunse l’incarico di professore di filologia romanza. La presenza in entrambe le città si rivelò occasione fortunata per lo studioso, perché dall’approccio, in particolare storico-linguistico, con le nuove realtà culturali incontrate, trasse forti stimoli per sviluppare ambiti di ricerca da lui in precedenza soltanto occasionalmente o marginalmente indagati e per avviare importanti, impegnativi programmi, mai prima tentati. Durante gli anni di permanenza in Sicilia gli fu offerta la possibilità di conoscere direttamente luoghi e di adire a fonti documentarie della tradizione araba, altrimenti di difficile accesso: tale documentazione gli fornì materiale essenziale ed insostituibile per lo studio degli arabismi, che avrebbe presto prodotto, fra gli altri, una importante, consistente serie di contributi su storie di parole (si pensi alle etimologie, fino allora sconosciute, di ragazzo dall’arabo raqqas “galoppino”, “staffetta”; o di facchino spiegato dall’arabo al-faqîh in origine “giureconsulto”), confluiti poi nei due fondamentali volumi su Gli arabismi (1972), opera che, dopo aver ricevuto il plauso scientifico degli specialisti più qualificati (le furono riservate una quindicina di recensioni altamente laudative), da sola basterebbe ad attestare le difficilmente comparabili qualità di eccezionale studioso di P. Trasferitosi a Trieste in anni in cui la ricerca pubblica aveva cominciato a stimolare e favorire progetti di ampio respiro, egli pensò di avviare un programma per la realizzazione di un primo atlante linguistico regionale italiano e la scelta cadde sull’area friulana, sia per la prossimità e la sua particolare posizione linguistica nel mondo romanzo, sia per la concordanza di interessi con Gaetano Perusini, docente nello stesso Ateneo, noto e apprezzato ricercatore di tradizioni popolari del medesimo territorio. La nuova opera avrebbe dovuto perciò prendere la denominazione di Atlante storico-linguistico-etnografico del “Friuli-Venezia Giulia”, titolo con il quale effettivamente venne presentata per la prima volta nel 1965 (Bibliografia, 2002, 180), ma nella redazione definitiva divenne Atlante storico-linguistico-etnografico friulano (ASLEF). All’epoca P. da poco era stato chiamato all’Università di Padova a ricoprire la cattedra di glottologia a fianco del maestro Carlo Tagliavini (qui avrebbe tenuto a più riprese contemporaneamente corsi di storia comparata delle lingue classiche, di linguistica ladina e, negli ultimi anni, di lingua e letteratura albanese). L’incontro di P. con le giovani risorse umane operanti nell’Ateneo patavino, neolaureati o ricercatori già avviati, unito all’entusiasmo e alla tenacia dell’ideatore, consentì all’ASLEF di procedere celermente nella predisposizione del questionario e nella immediata raccolta dei materiali, completata in breve grazie all’apporto di un congruo numero di appassionati collaboratori: seguì la redazione e la pubblicazione dei sei volumi, avvenuta in quattordici anni (dal 1972 al 1986). Era la prima volta che in Italia si conduceva a termine un’opera in tale settore di ricerca, inoltre in tempi da considerare ristretti data la mole dell’impresa, opera che sarebbe stata giudicata come «una pietra miliare» nella storia della linguistica romanza (Max Pfister). Ad accompagnamento dell’ASLEF fu prevista fin dall’inizio una serie di monografie generali o di contributi parziali illustrativi del lessico friulano (Introduzione, 1972, 41-42), molti dei quali furono pubblicati a cura dei collaboratori, ma specialmente dello stesso P., coautore fra l’altro delle due sillogi più impegnative e complete, rispettivamente su La flora popolare friulana (1982), in collaborazione con Alberto Zamboni, e sulla Terminologia agricola friulana (1988; 1992), con Carla Marcato. Questo insieme di indagini fu, ed è ancor oggi, finalizzato a stabilire la corretta collocazione del friulano all’interno del gruppo “ladino” e rientra in un piano più vasto rivolto a sua volta a stabilire la reale consistenza del ladino nel complesso delle lingue romanze, ovvero a verificare la sua effettiva individualità e l’unità dei gruppi che lo compongono, così come proposto nel 1873 da Graziadio Isaia Ascoli con i suoi Saggi ladini. P. si può a buon diritto considerare il maggior conoscitore, a livello di storia linguistica, delle varietà ladine, specie centrali, e del friulano. Schierandosi su posizioni che per gran parte furono già di Carlo Battisti, P., servendosi di decine e decine di saggi specialistici prodotti nel corso della sua intensissima attività di studioso, tese a dimostrare l’inconsistenza della definizione di “ladino”, così come tradizionalmente inteso, per riscontrare invece in esso un insieme di parlate conservative, già appartenute ad un sistema più ampio comprendente anche gran parte dell’Italia cisalpina. Ciò non significa che egli, pur escludendo antiche speciali vicende storiche coinvolgenti unitariamente le tre sezioni ladine, non riconoscesse a ciascuna di esse una loro individualità linguistica di tipo conservativo rispetto alle altre parlate dell’Italia settentrionale, soprattutto per quanto riguarda il friulano (l’ASLEF fu dedicato «Ai Friulani, che hanno saputo conservare per secoli un patrimonio linguistico e culturale ricco di un straordinaria varietà e originalità»). Tale posizione gli procurò l’ostilità, talora espressa con toni aspri, non solo di ambiti del mondo socio-culturale ladino, specialmente dell’area dolomitica, ma anche di una sia pure ristretta parte dell’ambiente accademico. Egli tuttavia seppe sempre superare il rammarico per tali incomprensioni col conforto della correttezza delle proprie convinzioni scientifiche, le cui tesi infine raccolse nella paradigmatica monografia su La genesi del retoromanzo (1991). Per quanto attiene ancora al friulano, dobbiamo infine ricordare che P. fu con Giuseppe Francescato coideatore del Dizionario Etimologico Storico Friulano (DESF), del quale uscirono i primi due volumi redatti a più voci, compresa la presenza di P., ma fermatosi al lemma “ezzitâ” per motivi non dipendenti dagli autori (Udine, 1984). La conclusione del DESF, insieme con l’allestimento degli indici generali dei dati contenuti nell’ASLEF, ai quali egli particolarmente teneva, sono compiti, purtroppo rimasti ancora disattesi, che P. ha lasciato agli allievi che gli sono succeduti. Fra le altre sue opere più originali e importanti è d’obbligo ricordare La lingua venetica (1967), pubblicata in collaborazione con A.L. Prosdocimi, che comprende il corpus completo delle iscrizioni venetiche e che conobbe, alla pari dei citati Arabismi, l’unanime consenso della critica internazionale più qualificata. Gli ambiti di ricerca di P., come s’è già rimarcato, furono molti e diversificati e la bibliografia conseguente amplissima, tale da raggiungere quasi novecento titoli complessivi (la Bibliografia 2001 ne annovera 864), talora editi in sedi di difficile accesso. Molto opportunamente, perciò, già prima con i Saggi sul ladino dolomitico e sul friulano (1972), con i Saggi di linguistica italiana (1975) e con gli Studi di dialettologia e filologia veneta (1977), ma soprattutto nell’avviarsi verso la conclusione del suo servizio accademico, egli li raccolse in una notevole serie di volumi, che rappresentano una sintesi dei suoi fondamentali interessi: Ricerche di toponomastica veneta (1987), Toponomastica italiana (1990), Dal venetico al veneto (1991), Ricerche linguistiche balcanico-danubiane (1992), Studi di etimologia, onomasiologia e di lingue in contatto (1992), Studi storico-linguistici bellunesi e alpini (1992), Avviamento alla linguistica albanese (1995), Varia linguistica (1995). Dire che in questa lunga, fruttuosissima attività egli si sia occupato prevalentemente di linguistica storico-comparativa è vero solo parzialmente, perché in realtà anticipò alcune prospettive di nuovi ambiti disciplinari emergenti, quali l’articolazione socio-linguistica in Italia. Non fu «persona disposta a sofisticati percorsi intellettuali e la sua docimologia del mondo – accademico e no – poteva parere sommaria. Aveva delle intransigenze che non ammettevano discussione e degli atteggiamenti impolitici, sulla cultura e sull’Università, sulla società stessa, sul sapere, che è primariamente conoscenza di fatti e non è semplicemente libero bensì semplicemente tale in sé, scevro da qualsiasi condizionamento» (Zamboni, 2008, XXIII). Sorretto dalle sue conoscenze scientifiche, dedicò sempre grande impegno a sostenere le sue convinzioni, come nella sfortunata controversia a proposito del confine sulla Marmolada quando, opponendosi alle pretese dei trentini, sostenne che la vera linea storica di divisione era favorevole ai bellunesi (Guglielmi, 2007, 5). Poco propenso a occupare posizioni di potere e a ricoprire incarichi istituzionali di prestigio, quando richiestogli, preferì offrire il suo servizio ad istituzioni ed iniziative di carattere prettamente scientifico: fu così cofondatore e poi direttore del Centro di studio per la dialettologia italiana del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), direttore o condirettore di periodici e collane di studi. Membro di varie, prestigiose accademie nazionali (fra cui l’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti) e straniere, fu chiamato a tenere conferenze in molti Stati d’Europa, corsi e lezioni presso varie università estere, fra le quali l’Ateneo di Innsbruck e l’UCLA di Los Angeles. Fra i tantissimi riconoscimenti ottenuti, gli furono graditi soprattutto la laurea honoris causa dell’Università di Budapest e il premio nazionale del presidente della Repubblica italiana per le scienze morali, storiche e filologiche (1990). A imperitura testimonianza della riconoscenza degli allievi, della stima per lo studioso eccezionale e della amicizia, in ricambio della sua proverbiale cordialità, delle quali egli godette nella sua terra d’origine, in Italia e soprattutto all’estero, rimarranno le molte miscellanee di studi (la prima delle quali, Scritti linguistici in onore di Giovan Battista Pellegrini, 1983, ricca di centotrenta contributi, di cui cinquanta da parte di studiosi stranieri appartenenti a sedici diverse nazioni), i convegni promossi in suo onore, l’ultimo di essi tenutosi postumo nella sua amata valle, ad Agordo, il 19 aprile 2008 (Cason e Santomaso, 2010). Era scomparso a Belluno il 3 febbraio 2007, dopo aver trascorso gli ultimi anni in un lento declino, accompagnato da condizioni di salute sempre più insicure e malferme, che lo indussero a rinunciare lentamente, fino ad una totale inazione, a quegli studi e ricerche che erano stati parte fondamentale della sua vita.
ChiudiBibliografia
G.B. PELLEGRINI, Contributo allo studio della romanizzazione della Provincia di Belluno, Padova, s.n., 1949 (Pubblicazioni della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Padova, 16); G.B. PELLEGRINI - A.L. PROSDOCIMI, La lingua venetica, I. Le iscrizioni, a cura di G.B. PELLEGRINI, II. Studi, a cura di A.L. PROSDOCIMI, Padova/Firenze, Istituto di glottologia dell’Università di Padova/Circolo linguistico fiorentino, 1967; G.B. PELLEGRINI, Gli arabismi nelle lingue neolatine con particolare riguardo all’Italia, 1-2, Brescia, Paideia, 1972; ID., Introduzione all’Atlante Storico-Linguistico-Etnografico Friulano, Padova/Udine, Istituto di glottologia dell’Università di Padova/Istituto di filologia romanza della Facoltà di letterature straniere di Trieste con sede in Udine, 1972; ID., Saggi sul ladino dolomitico e sul friulano, Bari, Adriatica editrice, 1972; ID., Saggi di linguistica italiana, Torino, Boringhieri, 1975; ID., Studi di dialettologia e filologia veneta, Pisa, Pacini, 1977; G.B. PELLEGRINI - A. ZAMBONI, La flora popolare friulana. Contributo all’analisi etimologica e areale del lessico regionale del Friuli-Venezia Giulia, 1-2 e cofanetto con Cartografia, Udine, Casamassima, 1982; G.B. PELLEGRINI, Ricerche di toponomastica veneta, Padova, CLESP, 1987; G.B. PELLEGRINI - C. MARCATO, Terminologia agricola friulana, Udine, SFF, Parte prima, 1988, Parte seconda, 1992; G.B. PELLEGRINI, Toponomastica italiana. 10000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia, Milano, Hoepli, 1990; ID., Dal venetico al veneto. Studi linguistici preromani e romanzi, Padova, Editoriale Programma, 1991; ID., La genesi del retoromanzo (o ladino), «Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie», Band 238, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 1991; ID., Studi di etimologia, onomasiologia e di lingue in contatto, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1992; ID., Studi storico-linguistici bellunesi e alpini, Belluno, Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore/Fondazione Giovanni Angelini, 1992; ID., Ricerche linguistiche balcanico-danubiane, Roma, La Fenice, 1992; ID., Avviamento alla linguistica albanese, Palermo, Luxograph, 1995; ID., Varia linguistica, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1995.
Scritti linguistici in onore di Giovan Battista Pellegrini, 1-2, Pisa, Pacini, 1983; Per Giovan Battista Pellegrini. ... leggi Scritti degli allievi padovani, a cura di L. VANELLI - A. ZAMBONI, 1-2, Padova, Unipress, 1991; Sive Padi ripis Athesim sev propter amoenvum. Studien zur Romanität in Norditalien und Graubünden. Festschrift für Giovan Battista Pellegrini, herausgegeben von J. KRAMER, Hamburg, Helmut Buske Verlag, 1991; Bibliografia degli scritti linguistici di Giovan Battista Pellegrini, a cura di E. CROATTO, Padova, Università degli studi di Padova, Dipartimento di discipline linguistiche, comunicative e dello spettacolo/CNR - Istituto di fonetica e di dialettologia, 2001 (si cita il numero progressivo del contributo); Studi linguistici alpini in onore di Giovan Battista Pellegrini, 1-2, Firenze, Fondazione Giovanni Angelini/Istituto di studi per l’Alto Adige, 2001 [anche «Archivio per l’Alto Adige», 95 (2001), 1-238]; L. DOGLIONI, Ricordo del professor Giovan Battista Pellegrini. Emerito dell’Università di Padova. Socio onorario di Famiglia Feltrina, «el Campanón. Rivista feltrina», n.s., 39/18 (2006), 55-65; A. ZAMBONI, Giovan Battista Pellegrini (1921-2007), «Rivista italiana di dialettologia. Lingue dialetti società», 30 (2006), XXI-XXIV; G. FRAU, Ricordo di Giovan Battista Pellegrini, «Bollettino dell’Atlante linguistico italiano», s. III - Dispensa 31, 2007, IX-XII; L. GUGLIELMI, Ricordo di Giovan Battista Pellegrini, «Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore», 333/78 (2007), 3-6; A. ZAMBONI, Ricordo di Giovan Battista Pellegrini, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 2008; Atti del Convegno di studi “Giovan Battista Pellegrini, linguista agordino (1921-2007) e la sua montagna”, a cura di E. CASON - L. SANTOMASO, Belluno, Fondazione Giovanni Angelini/Centro studi sulla montagna, 2010.
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