Nacque a Gorizia il 26 maggio 1932, da Raimondo Perič, bancario, e Vittoria Fiegl, insegnante elementare in scuole tedesche, slovene e italiane. In lui e nella sua famiglia ben si esprimono i caratteri, ad un tempo specifici e complessi, di una realtà regionale plasmata lungo la storia da vasti orizzonti antropologici e culturali, non comprimibili entro i confini ideologici inevitabilmente comportati dagli Stati nazionali. Con decreto prefettizio del 28 marzo 1935, al cognome familiare fu assegnata la forma italianizzata Peri, e negli anni 1937-1938 alla madre, in quanto “allogena”, fu imposto il trasferimento, con i figlioletti Vittorio e Raimondo (1934-1983), a San Godenzo sull’alto Appennino tosco-romagnolo, ai piedi del Falterona. Allievo dalla quarta classe elementare alla quinta ginnasiale del collegio-convitto salesiano S. Luigi di Gorizia (un’esperienza formativa molto importante, che abbraccia gli anni 1940-1947), P. passò successivamente al Liceo classico Dante Alighieri, conseguendovi la maturità nel 1950. Seguì l’ingresso nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che lo accolse all’interno del proprio collegio Augustinianum, quale studente della Facoltà di lettere e filosofia. Nel 1955 vi ottenne la laurea, discutendo sotto la guida di Giuseppe Lazzati una dissertazione in letteratura cristiana antica dedicata a Le omelie di Origene su Geremia. Le figure di maestri allora incontrati (a cominciare dal fondatore dell’Università, il francescano p. Agostino Gemelli), il clima intellettuale e religioso estremamente stimolante vissuto all’Augustinianum, la vitalità culturale respirata nella Milano della ricostruzione, gli importanti contatti internazionali allora instaurati, risultarono decisivi per la sua successiva vicenda umana e di studioso. ... leggi Ancora studente, nel corso dell’anno accademico 1954-1955, fu inviato a Parigi, dove ebbe modo d’incontrare e avviare solidi legami di amicizia con personaggi quali Dominique Chenu, Yves-Marie Congar, Louis Bouyer. Benché, dopo la laurea, sia rimasto per alcuni anni assistente volontario presso la cattedra di letteratura cristiana antica, di particolare rilievo fu per la formazione scientifica di P. il rapporto con Ezio Franceschini e il suo rigoroso metodo filologico. Assistente volontaria e stretta collaboratrice di quest’ultimo era in quegli anni Francesca Minuto, con cui, testimoni Lazzati e Franceschini stesso, P. si sposò il 19 luglio 1958. Nel settembre 1960 un altro significativo personaggio della Cattolica del tempo, mons. Carlo Colombo, futuro esperto al Concilio Vaticano II dell’arcivescovo cardinale Giovanni Battista Montini e, dopo l’ascesa di questi al soglio pontificio, suo teologo di fiducia, procurò a P., presso il centro di studi di villa Cagnola di Gazzada (Varese) nel settembre 1960, l’incontro con Johannes Willebrands, allora segretario della Conferenza cattolica olandese per le questioni ecumeniche, futuro cardinale e animatore, sulla scia del card. Augustinus Bea, dell’attività ecumenica della Chiesa cattolica nella fase postconciliare. Erano in tal modo date le coordinate fondamentali che avrebbero segnato l’attività e l’impegno ideale da cui l’intensa vita di P. sarebbe stata caratterizzata: la totale disponibilità, francescanamente vissuta, al servizio del Regno; la ricerca storica, condotta su un solidissimo fondamento filologico; la fattiva partecipazione al movimento ecumenico, con particolare attenzione al mondo orientale ortodosso. Nel marzo 1961 P. entrò nella Biblioteca Apostolica Vaticana quale “Scriptor Graecus” (tale servizio avrebbe segnato tutta la sua vita, essendosi concluso nel febbraio 1999). Trasferitosi a Roma con la famiglia, già arricchita dalla presenza di tre figliolette, decise di partecipare al concorso di libera docenza bandito nel 1969 e, all’espletamento dei lavori, nel 1973, conseguì la facoltà d’insegnamento universitario, depositando il relativo decreto ministeriale presso l’Università di Roma La Sapienza, dove ottenne la conferma in seguito al corso libero svolto nell’anno accademico 1976-1977. Da allora egli fu per tutti il professore P. Davanti a lui si spalancavano le porte di una brillante carriera universitaria, con significativi risvolti economici: aspetto di non trascurabile rilievo per lui e per sua moglie, visto l’ulteriore dilatarsi della famiglia con la nascita di altre due figliole. Ma P. rifiutò d’intraprendere questo cammino e, in spirito autenticamente francescano, rimase a servire quale Scriptor alla Vaticana. La spinta interiore che animò questa scelta fece sì che il suo vivere radicato nella Biblioteca si traducesse in un essere di fatto spalancato sul mondo ed operarvi efficacemente, e non soltanto attraverso l’attività di ricerca: dalla costituzione della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel 1979, egli vi è stato costantemente presente, unico laico di parte cattolica. Scientificamente parlando P. nacque come patrologo. La tesi di laurea sulle Omelie in Geremia di Origene fu diretta premessa ai due contributi apparsi in «Aevum» nel 1956 e nel 1957; questo filone di ricerca non l’avrebbe più abbandonato, trovando il suo momento più impegnativo nel 1980 con l’attribuzione a Origene di 74 omelie geronimiane sul libro dei Salmi (Studi e Testi, 289). Imbattersi in Origene significa entrare in contatto con le sorgenti del pensiero teologico dell’ellenismo cristiano, ma altresì con un patrimonio ecclesiale orientale a noi pervenuto anche grazie a traduzioni latine. In questo intreccio tra cristianesimo greco e area linguistica latina è il segno tangibile della unità vitale nella molteplicità, che caratterizzò l’antica ecumene cristiana. Ed è questo modo di essere della comunione ecclesiale che si pose al centro dell’attenzione del giovane e brillante studioso. Di qui l’analisi delle esperienze ecclesiali dell’Oriente di tradizione greca, nell’età tardo-antica e medioevale, e ancor più marcatamente nell’età moderna; e parallelamente la considerazione degli strumenti storici della comunione tra Oriente e Occidente, nel primo millennio (i concili) e nel secondo millennio (le unioni); nonché la riconsiderazione della dimensione in cui – pur nella diversità – Oriente e Occidente continuano (ne abbiano o meno consapevolezza) ad essere consacrati nell’unità: la comune esperienza misterica della liturgia. Dalla tensione a considerare l’unità del molteplice nacquero il saggio dedicato all’opuscolo di Ioannis Vekkos «sull’infondatezza storica dello scisma tra le Chiese», saggio apparso nel 1979 nella «Rivista di studi bizantini e neoellenici», e altresì gli studi sui luoghi storici d’incontro tra le diverse tradizioni ecclesiali. Emblematico al riguardo il contributo, splendido per la ricchezza della documentazione, dedicato a Spalato quale centro del tema bizantino di Dalmazia e presentato al I simposio di storia ecclesiastica tenutosi nella città dalmata nel 1978 (i cui atti apparvero nel 1982), testo nel quale confluiscono una serie di problemi nodali nella storia delle relazioni ecclesiastiche tra greci e latini: l’esercizio della suprema autorità patriarcale sui territori dell’Illirico occidentale, la cristianizzazione dei croati, il contributo di Costantinopoli al riguardo. Tali problematiche ritornano anche nell’Introduzione alle biografie degli apostoli degli slavi, Cirillo e Metodio, pubblicate in traduzione italiana nel 1981, e costituiscono l’ordito su cui s’intesse l’importante relazione Gli “Iura antiqua” sulla patria del Bulgari: un topos canonico per un risveglio missionario, tenuta nel 1982 all’VIII congresso del Centro italiano di studi sull’alto medioevo. In questo contesto tematico venne collocandosi anche la questione, riproposta da P., in merito alle premesse grafiche dell’alfabeto glagolitico, questione ch’egli espose in una nota da lui stesso definita «profana», ma che in realtà risulta particolarmente seducente (si veda: Note preliminari e profane, «Scrittura e civiltà», 1984; La “Cosmographia” dell’anonimo di Histria, in Vestigia, 1984; L’“Anonimo Danubiano”, in Venezia e l’Oriente, 1987). Con il 1988, anno del Millennio cristiano della Rus’, anche questa realtà fa la propria comparsa nelle fatiche storiografiche dello “Scriptor”. È quello il tempo delle grandi celebrazioni moscovite e della legazione ufficiale inviata per l’occasione dalla Santa Sede e guidata dal card. Agostino Casaroli. Se le manifestazioni indette nel giugno di quell’anno a Mosca tesero a configurare il battesimo di Vladimir in termini appunto moscoviti, in realtà esso ebbe quale proprio ambito la Rus’ kjoviense; e da questa, di fatto, presero avvio le ricerche dedicate al tema da P., ricerche concretizzatesi nella relazione La brama e lo zelo della fede del popolo chiamato “Rhos”, presentata al congresso internazionale sul Millennio cristiano della Rus’-Ukraina tenutosi a Ravenna e Roma nel 1988, i cui atti videro la luce negli «Harvard Ukrainian Studies». Alla Moscovia è invece espressamente dedicato il contributo Roma e l’idea del patriarcato di Mosca all’epoca di Gregorio XIII, apparso nel 1991 e presentato l’anno precedente alla conferenza tenutasi a Mosca in occasione del quarto centenario dell’istituzione del Patriarcato moscovita. Da allora il mondo moscovita sarebbe rimasto stabilmente presente nelle ricerche scientifiche dello studioso: è del 1998 il contributo su teologia e iconografia nella Mosca del Cinquecento, con cui P. fu presente al convegno dedicato nel 1996 dalla veneziana Fondazione Cini al tema dell’icona; apparve nel 2002 il saggio offerto al simposio congiunto promosso nel 1998 a Mosca dall’Accademia russa delle scienze e dal Pontificio comitato di scienze storiche, saggio dedicato alla ricerca archivistica sulle relazioni tra Sede Apostolica e Moscovia nel periodo che va dal concilio Fiorentino alla morte di Boris Godunov; risale all’anno 2000 il lavoro dedicato, nel volume Alle radici della divisione, ai progetti di unione con la Moscovia formulati a Roma tra XV e XVI secolo. Ancora, nel tomo LXXV delle «Memorie storiche forogiuliesi», relativo all’anno 2005, è possibile leggere un contributo su Corone, insegne e titolo regale nelle trattative tra gli zar e i papi nel XVI secolo. In conseguenza dell’inserimento nella realtà della Vaticana e sulla scia del rapporto istituzionale stabilitosi con lo straordinario patrimonio codicologico di quest’ultima, ma altresì con la ricchissima documentazione offerta dall’Archivio Vaticano, in P. punto d’osservazione privilegiato nelle analisi delle relazioni interecclesiali appare senz’altro essere Roma. La documentazione che P. ha fornito in merito all’atteggiamento papale nei confronti dell’Oriente cristiano, soprattutto per i secoli moderni, è, per importanza e quantità, impressionante. Personaggi come il card. Santoro e il card. Sirleto, istituzioni quali la Congregazione dei greci o il Collegio greco, grazie agli accuratissimi studi di P., hanno conosciuto una nuova stagione nella propria fortuna storiografica. Ma il merito trascende ampiamente il suo stesso rilevante contributo alla conoscenza delle fonti, visto che attraverso la copiosa documentazione offerta dai suoi lavori si sono palesati con una lucidità nuova i criteri, le modalità, le scelte attraverso cui, nella seconda parte del secondo millennio, sono venute determinandosi le forme attuali della frattura ecclesiale tra Occidente e Oriente, frattura di cui è segno eloquente la difformità nel computo pasquale (è del 1967 il volume Due date un’unica Pasqua). Non è marginale il fatto che la riflessione condotta da P. sul rapporto tra Sede romana e Oriente cristiano di tradizione greca (una riflessione storiografica, ma estremamente attenta agli aspetti canonico-istituzionali ed ecclesiologici) si sia sviluppata parallelamente e sulla scia della stimolante esperienza, ricca di attese e di entusiasmi, vissuta dal mondo cattolico in occasione del Concilio Vaticano II. Non a caso, in relazione più o meno diretta col tema dei rapporti tra latini e greci, la dimensione della sinodalità e l’istituzione conciliare sono rimaste una costante nella ricerca di P.: in questo senso vanno ricordati, tra gli anni 1981-1983, gli studi dedicati al concilio Costantinopolitano del 381 e al suo simbolo; il contributo del 1995 relativo al concilio Trullano; i diversi lavori legati al centenario del II concilio Niceno, nonché le ricerche relative al concilio Foziano dell’879-880 apparse in «Annuarium Historiae Conciliorum». Ma, oltre a specifici eventi conciliari, è la struttura sinodale in quanto tale ad aver attirato l’attenzione di P., che vi ha dedicato una serie di lavori, in cui è venuto affrontando in particolare il carattere di ecumenicità assunto da alcuni grandi concili e la collocazione della Sede romana nel loro contesto collegiale. I contributi gravitanti attorno al concilio Fiorentino conducono alle decisive acquisizioni storiografiche scaturite dal suo lavoro in merito al mutamento determinatosi nel regime di comunione con i greci dopo la conclusione del concilio di Trento; il titolo del fondamentale volume apparso nel 1975 lo esprime assai efficacemente: Chiesa romana e Rito greco. Conseguenza diretta di questo mutamento di prospettiva ecclesiologica fu la reinterpretazione dell’Unione in termini di “Ridottione”, ossia di sottomissione dei greci alla Chiesa romana. Se le questioni istituzionali ed ecclesiologiche fin qui considerate rappresentano ancor oggi oggetto di confronto e di discussione tra le Chiese, un altro ambito di ricerca perseguito da P. ci pone in contatto con un aspetto che già ora appare di evidente convergenza nella vita religiosa dei credenti: mi riferisco all’esperienza misterica della liturgia, vissuta separatamente, ma in modo non meno reale e profondo, dagli uni come dagli altri (emblematico al riguardo un saggio del 1988 in «Rivista liturgica»). Va segnalato come i lavori di P. sulla Quaresima (apparsi in «Aevum» tra il 1960 e il 1963) costituiscano un punto di riferimento sicuro per la conoscenza dell’evoluzione storica del ciclo di preparazione alla Pasqua. E preziosi, anche in vista di una diretta fruizione ecclesiale, sono i molteplici contributi sull’iniziazione cristiana, come dimostrano in particolare le presentazioni dei nuovi rituali del battesimo e della confermazione elaborate congiuntamente alla moglie, Francesca Minuto. Un ulteriore tratto della personalità intellettuale di P. si lega alle relazioni intessute, anche oltre l’ambito strettamente scientifico, con Giuseppe Lazzati, ed altresì con Giuseppe Dossetti e con Giorgio La Pira (si veda anche il volume, del 1998, La Pira Lazzati Dossetti. Nel silenzio la speranza). Si tratta di una trama di rapporti in qualche modo ricapitolati nell’impegnativo compito, svolto da P. negli ultimi anni della propria vita, di postulatore della causa di beatificazione dello stesso La Pira (in merito, postuma, è apparsa nel 2008 la seconda edizione ampliata della raccolta di saggi Giorgio La Pira. Spazi storici frontiere evangeliche). Menzione particolare, in questo rapido profilo di P., meritano gli studi da lui dedicati all’area tra Alpi e Adriatico, che, fecondata dalla linfa ecclesiale di Aquileia, è stata crocevia dell’antica ecumene romana, e lo è rimasta nell’Europa cristiana. Connotazione propria dello spazio aquileiese fu, attraverso i secoli, l’interscambio vitale tra genti appartenenti a ceppi etnici e linguistici diversi, intimamente unite dalla condivisa identificazione nell’istituzione patriarcale, che da giuliani e tedeschi, da friulani e sloveni poté essere riguardata quale comune patria. In tale prospettiva, assai lontana da qualsiasi particolarismo localistico, P. ha analizzato le vicende ecclesiastiche e culturali di questo spazio, cominciando proprio dal patriarcato che ne è all’origine. Al riguardo, oltre al contributo del 1976 all’interno del primo volume della Storia della cultura veneta, si possono ricordare lo studio del 1991 su Aquileia nella trasformazione storica del titolo patriarcale («Antichità Altoadriatiche», 38) e quello del 1999 su L’inclusione delle popolazioni slave nella Cristianità altomedievale europea (in Chiese di frontiera; ripreso con ulteriori sviluppi nel 2005 in La cristianizzazione degli Slavi nell’arco alpino orientale. Secoli VI-IX), i saggi del 2000 per il catalogo delle mostre su i Patriarchi e, nello stesso anno, i lavori su Aquileia Chiesa centrale tra Alpi, Adriatico e Danubio («Studi Goriziani», [1999] / «Ricerche di storia sociale e religiosa») e su Rufino e il Simbolo della Chiesa d’Aquileia («Antichità Altoadriatiche», 47). Ma l’attenzione di P. ha spaziato anche sull’evoluzione di questa realtà ecclesiale ed antropologica in età moderna e contemporanea: è del 2002 il saggio per i 250 anni della Diocesi di Gorizia («Iniziativa Isontina», 123); esso era stato preceduto da lavori come L’avvicendamento dei vescovi nella regione friulano-giuliana tra le due guerre («Memorie storiche forogiuliesi», 1988) e Un friulano cristiano ed europeo: Luigi Fogàr («Ce fastu?», 2000). Introdotto da don Guido Maghet alla scrittura in friulano, P. ebbe la componente friulana dello spazio aquileiese in particolare considerazione, come ben mostra nel 1987 l’ampio contributo Note sulla formazione dell’identità culturale friulana. Il ruolo del clero autoctono e della catechesi popolare («Studi Goriziani»; ried. in Cultura friulana nel Goriziano, 2003), cui seguì nel 1998 il saggio Esperienza friulana, sulla traduzione in friulano della Bibbia, con finalità anche cultuali (in Bibbia, Popoli, lingue). L’interesse di P. per Aquileia e la sua eredità era anzitutto un interesse di studio, espresso in ricerche metodologicamente rigorose, ma, come è facilmente percepibile, esso aveva al suo fondo anche un preciso valore ideale: ne sono espressione i numerosi articoli che a temi, in senso lato, aquileiesi dedicò su «L’Osservatore romano», nonché la sua adesione all’Istituto per gli Incontri culturali mitteleuropei di Gorizia, la cui ispirazione e le cui finalità furono da lui stesso presentate in un ampio articolo del 1992 su «Studium»: La dimensione plurietnica della comunità politica europea. I venticinque anni dell’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei di Gorizia. P. ci ha lasciato un monumento scientifico di straordinaria ricchezza (e al riguardo non si possono non ricordare pure i lavori sulla Pentarchia del 1988, 1991 e 2003, nonché gli studi sul Filioque raccolti, nel 2002, nel secondo tomo della miscellanea Da Oriente e da Occidente); resta tuttavia vero che la sua grandiosa opera scientifica non può essere colta in tutta la sua profondità, nelle intenzionalità che la muovono e nel suo autentico significato umano, se non ci si accosta ad essa tenendone presente la fonte interiore, inaccessibile, ma reale, che ha trasfigurato la ricerca dello “Scriptor Graecus” della Biblioteca Vaticana, rendendo le sue fatiche un momento di comunione e una testimonianza di amore fraterno. Morì a Roma il 1° gennaio 2006.
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L’elenco delle pubblicazioni di V. Peri è stato redatto da sua moglie, F. Minuto Peri, e pubblicato a cura del criptoferratense ieromonaco Matteo nel «Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata», s. III, 3 (2006), 299-330; partendo da tale lavoro, P. Vian ha elaborato una bibliografia ricca di preziose annotazioni e corredata da Indice tematico, Indice dei nomi, Indice dei manoscritti e delle fonti archivistiche, Indice degli stampati antichi: in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIII, Città del Vaticano, BAV, 2006 (Studi e Testi, 433), 637-696. Per la ricostruzione della vicenda intellettuale e umana di P. particolare rilievo assumono i suoi contributi di carattere autobiografico: Onesti cittadini perché buoni cristiani, in 1895-1995. Un secolo segnato dalla presenza dei Salesiani a Gorizia, a cura di G. FORNASIR, Gorizia, s.n., 1995, 113-142; Al lettore virtuale, in Da Oriente e da Occidente. Le Chiese cristiane dall’Impero romano all’Europa moderna, a cura di M. FERRARI, Roma-Padova, Antenore, 2002 (Medioevo e Umanesimo, 107), XIII-XXXIV; Vittoria Fiegl Peri: mamma e insegnante. Un’ondata di ricordi, in Borgnano […] la scuola racconta, a cura di R. BATTISTUTTA et al., Cormons, Associazione Chèj dal Poz, 2003, 46-49; Da Gorizia con i ragazzi che uscivano dalla guerra. Intervista a Vittorio Peri (Roma, 24 Luglio 2002), in Largo Gemelli, 1. Studenti, docenti, amici raccontano l’Università Cattolica, a cura di E. PREZIOSI, Milano, Vita e pensiero, 2003, 189-222. Per un profilo della ricca personalità di P. e per una presentazione della sua vasta produzione scientifica, si rinvia a: P. VIAN, Da Oriente e da Occidente. In memoria di Vittorio Peri (1932-2006), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, cit., 621-688; P. SINISCALCO, Vittorio Peri (1932-2006), «Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia», 78 (2005-2006), 545-515; G. ALBERIGO, In memoria di Vittorio Peri, «Cristianesimo nella storia», 27 (2006), 1-7; P.A. CARNEMOLLA, Vittorio Peri: ministero apostolico e servizio nella Chiesa, «Quaderni. ... leggi Biblioteca Balestrieri», 5/6 (2006), 103-132; D. RAMOS LISSÓN, Vittorio Peri (1932-2006). In memoriam, «Anuario de Historia de la Iglesia», 15 (2006), 429-431; si vedano inoltre, nel volume L’eredità di Cirillo e Metodio. Omaggio a Vittorio Peri. Atti del 41° Convegno. Gorizia, 22-24 Novembre 2007, a cura di C. ALZATI - M. GRUSOVIN - S. TAVANO, Gorizia, Istituto per gli Incontri culturali mitteleuropei, 2009, gli scritti di C. ALZATI, Omaggio a Vittorio Peri. Prolusione, 9-26; P. VIAN, Linee per una biografia, 27-37; S. GRACIOTTI, Il mondo slavo nel pensiero e l’opera di Vittorio Peri, 39-58; G. FEDALTO, Vittorio Peri e i suoi contributi sui concili della Chiesa, 59-70; S. TAVANO, Interessi di Vittorio Peri tra l’Adriatico e il Danubio, 71-84 [contributo, quest’ultimo, espressamente dedicato agli studi di P. sulla tradizione aquileiese e sulla storia ecclesiastica e culturale dell’area giuliana e del Friuli, tema su cui lo stesso Tavano era intervenuto anche in precedenza: Un goriziano cristiano ed europeo, «Borc San Roc», 18 (2006), 35-44; Vittorio Peri, «MSF», 86 (2006), 231-243 (con relativa appendice bibliografica)].
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