Nacque a Stretti di Raccolana (Chiusaforte) nel 1863, da Pietro Antonio e Agnese Martina. Era il nipote di Giuseppe, capostipite della “fosca” schiatta dei Pesamosca, soprannominati “lòuf” (lupi), il quale, chiamato alle armi nell’esercito imperiale asburgico nel 1859, disertò e si fece contrabbandiere sulle montagne di Dogna e Raccolana. Visse alla macchia per quasi quindici anni, fino all’ingresso del Friuli nel Regno d’Italia (1866). Nelle memorie dedicate alle esplorazioni delle Alpi Giulie, Julius Kugy menziona i Pesamosca, cacciatori di Val Raccolana e perfetti conoscitori delle alte vie sui massicci dello Jôf Fuàrt e dello Jôf di Montasio. Nella prima gioventù P. seguì l’esempio di molti altri abitanti delle valli del Fella e della Carnia, emigrando in cerca di lavoro nei Paesi di lingua tedesca. Robusto, ardito, abilissimo ed agile arrampicatore, temprato e taciturno, fu una delle guide alpine più tecnicamente preparate del tempo, iscrivendo il suo nome fra quelli dei protagonisti della stagione “eroica” dell’alpinismo sulle Giulie occidentali. In particolare ispirò a Julius Kugy la scoperta di due vie di salita al Montasio. P. conobbe Kugy nel 1895, al ritorno dai due anni trascorsi nel Regat in Romania, dove aveva lavorato come taglialegna. Dopo la prematura scomparsa della guida slovena Andrea Komac, il friulano divenne a sua volta guida e compagno di ascensione del Kugy, legandosi in profonda amicizia con il solare carinziano Anton Oitzinger. La prima impresa di rilievo assieme al Kugy fu la discesa della “via dei cacciatori italiani” sul Montasio (1896), da lui aperta con Giuseppe Piussi (1862-1933), a sua volta capostipite di una famiglia di alpinisti, sempre della Val Raccolana. ... leggi Nel primo decennio del XX secolo, ancora insieme con Kugy, effettuò la prima salita invernale al Montasio per la via Findenegg; completò il percorso della “cengia degli dei” sul versante nord del gruppo dello Jôf Fuàrt, aprendo la via sulla parete nord dello stesso (1905); vinse la torre nord del Montasio (1910). Dal maggio 1915 all’ottobre 1917 prestò la sua opera di guida alpina al servizio dell’esercito italiano in guerra contro l’Austria-Ungheria. Dopo la ritirata di Caporetto rimase nella zona, nascondendosi alle truppe occupanti austroungariche. Del periodo è l’episodio della salita al Montasio, compiuta intagliando letteralmente una scala nella neve e nel ghiaccio, per raggiungere i baracchini abbandonati dalle truppe alpine in quota e recuperare i viveri necessari a sfamare i nipoti. Dopo la fine della guerra visse prevalentemente nella sua modesta proprietà di Piani di Raccolana, dove si spense negli ultimi giorni del marzo 1929, divenuto ormai il simbolo stesso della valle e dei suoi abitanti. Il figlio Davide fu l’ultima guida alpina della Val Raccolana.
ChiudiBibliografia
ASU, Stato civile, Tribunale di Tolmezzo, serie Raccolana: Leva, anno 1883; Atti di matrimonio, anno 1887.
R. IVE, Storia dell’Alpinismo, in EMFVG, 4, 439-462: 440; O. SAMENGO, La Val Raccolana e il suo “vecio” Osvaldo, «La Panarie», 9/54 (1932), 373-377; G.B. SPEZZOTTI, L’alpinismo in Friuli e la Società Alpina Friulana, I, Udine, Società alpina friulana/Sezione di Udine del CAI, 1963, 145-146; G. BUSCAINI, Alpi Giulie, Milano, Club alpino italiano, 1974, 160; D. MARINI - M. GALLI, Alpi Giulie occidentali, Trieste, Società alpina delle Giulie/Sezione di Trieste del CAI/Tipolitografia M. Cozzi, 1983, 89, 94-95; J. KUGY, Dalla vita di un alpinista, Trieste, Lint, 2000, 109, 123-124, 128, 130.
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