Nato a Canelli (Asti) il 28 aprile 1878 da Luigi e da Teresa Imerito, si laureò in scienze agrarie all’Università di Perugia. Entrato nelle file socialiste sul finire dell’Ottocento, si distinse come attivo e competente cooperatore, promovendo nel Pavese, con Emilio Canevari di cui poi sposò la sorella, cooperative di produzione e affittanze agricole. Nel 1903, inviato dalla Società umanitaria di Milano, giunse in Friuli per lavorare nella direzione del Segretariato dell’emigrazione di Udine, affiancando Giovanni Cosattini, entrambi figure di primo piano del socialismo friulano delle origini. Divenne «l’anima – come si legge in un rapporto prefettizio – del giornale sovversivo, antimilitarista, antidinastico ‘Il Lavoratore friulano’»; collaborò nel contempo al settimanale «L’Emigrante», bollettino del Segretariato dell’emigrazione, pubblicato dal 1903. Nel 1908 ebbe l’incarico di tenere conferenze in varie località carniche per propagare il verbo cooperativo; nel periodo prebellico proprio in Carnia e nello Spilimberghese P. operò per fondare cooperative agricole. Fu tra i fondatori della Cooperativa friulana di consumo, sorta a Udine nell’aprile 1910 ad opera della sezione friulana dell’Umanitaria. Primo segretario di tale sodalizio, P. ne costituì il nucleo iniziale con i soci della cittadina Società operaia di mutuo soccorso. Ormai friulano d’adozione, nel 1914 fu eletto consigliere provinciale per il mandamento di Ampezzo. Allo scoppio della grande guerra venne d’autorità allontanato da Udine per le sue convinzioni pacifiste e tornò a operare nel movimento cooperativo pavese. Nel luglio 1918, dopo il congresso di Milano, entrò nel consiglio generale della Lega nazionale delle cooperative. ... leggi Le sue notevoli capacità organizzative e l’ormai consolidata esperienza lo segnalarono all’attenzione della direzione del Partito socialista (PSI), che lo incaricò di relazionare sulla questione agraria ai congressi nazionali del 1921, svoltisi a Livorno (15-20 gennaio) e a Milano (10-15 ottobre). A sua volta, la dirigenza della Federterra affidò a P. lo studio di un progetto per l’«avviamento alla socializzazione della terra», approvato al V congresso della Confederazione generale del lavoro, tenutosi a Livorno dal 26 febbraio al 3 marzo 1921, e presentato, con qualche variante, in parlamento l’8 dicembre dello stesso anno. Tale progetto era imperniato sul passaggio della proprietà terriera a «comunità agrarie» create in ogni provincia e costituite dai terreni già appartenenti alle cooperative e da quelli progressivamente espropriati. Nella seduta del 17 dicembre la Camera approvò la «presa in considerazione» della proposta di legge con 228 voti a favore e 40 contrari (da parte dei fascisti, dei nazionalisti e di Salandra), ma, a parte il gruppo repubblicano sostanzialmente favorevole, altri gruppi si riservarono di opporsi strenuamente in sede di commissione al principio della socializzazione della terra. Non si tornò più, tuttavia, a occuparsi in sede parlamentare di tale proposta di legge. Impegnatosi nel dopoguerra a riorganizzare il Partito socialista friulano, P. fu eletto deputato di Udine alle elezioni politiche del 1919 e del 1921. Membro della Commissione lavoro e previdenza sociale, e commissario di vigilanza sul fondo per l’emigrazione, fu relatore alla Camera di diversi disegni di legge, intervenendo nella discussione di articoli relativi alla trasformazione del latifondo, alla disoccupazione, al movimento cooperativo, all’emigrazione. Sotto il profilo ideologico P. si collocò nell’alveo riformista del socialismo italiano, tant’è che dopo il congresso di Roma (1-4 ottobre 1922) lasciò il gruppo massimalista per aderire al Partito socialista unitario (PSU) di Turati, Matteotti e Treves. Sotto la sua guida, anche la maggioranza dei socialisti friulani, al congresso provinciale del 3 dicembre 1922, confluì nel PSU. Pochi giorni dopo, il 17 dicembre, P. organizzò in Friuli, insieme con Cosattini e Canevari, un convegno sui problemi dell’emigrazione, tentando di ridar vita al Commissariato per l’emigrazione sciolto dal fascismo. All’inizio del 1923, perseguitato dai fascisti friulani, espatriò stabilendosi a Parigi, dove visse fino al 1945, mentre in Friuli il leader del fascismo locale, Piero Pisenti, lo accusava di «tenebrose manovre antinazionali». Nella capitale francese egli si tenne in contatto con gli esponenti del movimento operaio e dell’antifascismo; dal 1930 curò, con altri fuorusciti, la pubblicazione di opuscoli contro il regime di Mussolini. Segretario della sezione del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI) di Nogent sur Marne e membro della Lega italiana dei diritti dell’uomo, partecipò nel luglio 1930 al congresso della riunificazione socialista in veste di delegato della Federazione parigina, e ai successivi congressi del PSI in esilio, ricoprendo per qualche anno la carica di tesoriere. Nel 1936 fu iscritto dalla polizia fascista di frontiera come elemento «pericoloso» e «da fermare». Fondò con altri “L’Emancipazione friulana”, associazione che si proponeva di aggregare gli emigranti friulani «per coadiuvarli nella loro dura esistenza», in seno alla quale fu creata una corale intitolata a Giuseppe Verdi, destinata a esibirsi con canti friulani e italiani; essa ebbe il proprio organo nel periodico «L’alba friulana». A Parigi P. si procurò da vivere lavorando in un’azienda tipografica diretta da Pietro Nenni, ma, dopo l’occupazione nazista, fu costretto, per “sbarcare il lunario”, ad accettare i mestieri più umili e faticosi, come quello di facchino ai mercati generali. Rientrato in Italia nel dicembre 1945 a seguito del voto unanime dei socialisti friulani, fu nominato a Udine per acclamazione segretario provinciale del Partito socialista italiano di unità proletaria. Venne eletto deputato all’Assemblea costituente, dove fu membro della terza Commissione per l’esame dei disegni di legge. Fu successivamente senatore di diritto nella prima legislatura repubblicana e membro dell’ottava Commissione (agricoltura e alimentazione). Nell’attività politica del secondo dopoguerra si occupò prevalentemente dei problemi della montagna e dell’emigrazione, nonché dell’assistenza di lavoratori, reduci, vedove e orfani di guerra. Dopo la scissione di palazzo Barberini (gennaio 1947), aderì al PSDI guidato da Giuseppe Saragat, entrando nel comitato direttivo dei due fogli socialdemocratici «L’Eco dei socialisti» e «Rinascita socialista». Eletto più volte consigliere comunale e provinciale di Udine, rinunciò all’incarico, dopo le elezioni comunali del 1956, a causa dell’età ormai avanzata. Si spense nel capoluogo friulano il 17 febbraio 1960.
ChiudiBibliografia
G. CECCHERINI, Commemorazione dell’ex senatore Giuseppe Ernesto Piemonte, in Atti parlamentari, Camera dei deputati, III legislatura, Discussioni, seduta del 17 febbraio 1960, 13215-13217; M. FABBRO, Fascismo e lotta politica in Friuli (1920-1926), Venezia-Padova, Marsilio, 1974, ad indicem; S. CARETTI, Piemonte Giuseppe Ernesto, in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, a cura di F. ANDREUCCI - T. DETTI, IV, Roma, Editori Riuniti, 1978, 136-139 (con ampia bibliografia); C. RINALDI, Piemonte Giuseppe Ernesto, in RINALDI, Deputati 2, II, 535-544 (con relativa bibliografia, nonché l’attività parlamentare svolta nella XXV e XXVI legislatura oltre che all’Assemblea costituente); N. CANTARUTTI, L’emigrante Ernesto Piemonte e il suo periodico «L’alba friulana». Testimonianza, in L’altra Tavagnacco. L’emigrazione friulana in Francia tra le due guerre, a cura di J. GROSSUTTI - F. MICELLI, Tavagnacco, Comune di Tavagnacco, 2003, 233-238.
Nessun commento