Alla metà del Trecento lavorava a Udine P. “a manganis”. Che la sua attività fosse connessa con marchingegni di tipo bellico pare di evincere da alcune note del camerario di questa città, il quale nel febbraio 1349, registrando un compenso di 20 denari a suo nome, alludeva a un servizio da lui espletato con i balestrieri del comune e nello stesso mese gli pagava 63 denari per certe scale spedite dallo stesso P. a Cividale. Più esplicita circa la fornitura è un’ulteriore annotazione del maggio dello stesso anno, dove si precisa che l’importo di una marca di soldi, per lui ritirata da Raimondolo da Lissone, corrispondeva alla fornitura di un verricello di balestra. La relazione con una persona di origine lombarda solleva l’ipotesi che P., se non proveniente dalla stessa regione, avesse rapporti d’affari con la consorteria da quella originaria. Per questo motivo si può pensare che egli fosse padre di quel Ludovico sellaio, indicato come figlio di P. “a machinis”, presente il 3 marzo 1408 al testamento di Biagio da Lissone. Quello stesso P. “a machinis” morì a Udine il 13 agosto 1356, come segnala l’obituario di S. Francesco “de intus”. Pare che la sua opera fosse stata particolarmente apprezzata in città, dal momento che, secondo un’annotazione riportata nel 1350 all’inizio dell’annata, risulta che, insieme con i due maestri falegnami Giacomo e Dionisio, era pagato dodici denari al giorno, ossia quattro di più di ogni altro capomastro.
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