Nato a Gemona del Friuli nel 1863, si formò presso la locale Scuola d’arte e mestieri, della quale fu prima allievo e poi insegnante di arti plastiche e scultura in legno dal 1901, dopo una breve parentesi veneziana alla Scuola dei Carmini nel 1896. Si dedicò alla scultura di figurine in legno di gusto déco, ma realizzò anche statue in gesso, busti celebrativi e bassorilievi, come quello di squisito gusto Liberty per Umberto Caratti, in via Manin a Udine. Nel 1912 fu uno dei direttori della Società vincoli d’arte, presieduta da Francesco Barazzutti, che intendeva promuovere la cultura artistica gemonese. La sua prima opera pubblica fu il busto bronzeo di Carlo Caneva, collocato sotto la loggia di palazzo Boton, al quale seguì, nel 1921, il monumento a Dante e, in collaborazione con il figlio Luigi, un bozzetto per il monumento ai caduti (1921), che fu molto apprezzato dalla commissione giudicatrice. Fu disegnatore presso il mobilificio Fantoni e intagliò graziose statuine in legno, raffiguranti tipi e scene di vita popolare, di gusto déco, che ottennero grande successo alla Biennale d’arte di Venezia del 1926, tanto da essere acquistate dai Musei di Udine. Numerose furono le esposizioni cui partecipò: nel 1918 l’Esposizione di Napoli e nel 1931 l’Esposizione artistico agricola industriale di Gemona, dove collaborò all’allestimento della sezione di plastica della locale Scuola d’arte esponendo una statua in legno, Gioia materna. Nel 1932 vinse la cattedra d’insegnamento a Vibo Valentia; qui eseguì una campana dei caduti e una statua di Pio X. Nominato nel 1940 cavaliere della Corona d’Italia, ritornò a Gemona, dove aveva avviato all’arte due suoi figli: Luigi ed Elio. ... leggi Morì nel 1956.
Luigi (Venezia, 1896 – Udine, 1952) si educò anch’egli nell’ambito della Scuola d’arte e mestieri di Gemona e divenne scultore per caso, quando fu incaricato di rifare il braccio di una statua. Incoraggiato da Raimondo D’Aronco, si perfezionò nel laboratorio paterno nella lavorazione del legno. Sospese ogni attività quando fu richiamato in guerra, ma dopo il 1918 frequentò a Napoli la Scuola del nudo con Balestrieri, passando poi a Venezia e Roma, dove eseguì per il Vaticano parecchi lavori in marmo. Nel 1923 e nel 1925 espose alla II e III Mostra d’arte del Friuli occidentale, a Pordenone, numerose opere: il busto in marmo dell’Ispettorescolastico Luigi Amedeo Benedetti (1923), il gesso La Fede, la testa di Beethoven, rilievi. Com’è documentato dallo spoglio accuratamente fatto dall’arch. Silvano Crapiz, iniziò la carriera artistica sulle orme del padre; la prima opera risale al 1920: una lapide in pietra per la tomba Eugenio Tartare, cui seguirono un angelo in marmo di Carrara per la tomba Stroili Taglialegna nel cimitero di Gemona, le lapidi (1922) per il monumento ai caduti di Aurelio Mistruzzi e per ricordare i soci della Società operaia (1927). Nel 1921 eseguì teste in gesso di Beethoven e di Dante, cui seguirono alcuni busti celebrativi: il busto di Vittorio Emanuele III per la sala consiliare del municipio (1926), quelli in marmo del re e di Mussolini (1931), esposti a Gemona nel 1931, una grande statua di Primo Carnera (1931), un busto in marmo di Garibaldi (1932), il busto di Mario Rossini (1932). Nel 1923 fu eletto tra i consiglieri della Società operaia, e nel 1927 partecipò con il busto di don Marco alla III Mostra delle arti decorative di Monza, nella sala del mobilificio Fantoni. Tra il 1928 e il 1930 emigrò negli Stati Uniti a Philadelphia e New York, dove partecipò ad alcune mostre. Nel 1931 era già tornato a Gemona, come testimonia la sua partecipazione alle manifestazioni del dopolavoro (mascherate e pesche di beneficenza). Presente insieme al padre e al fratello Elio alla Mostra artistico agricola industriale del 1931, espose sculture e bassorilievi in legno nonché preziosi pannelli in stucco di gusto déco, eseguendo anche i plinti reggibandiera su progetto di Giuseppe Barazzutti. La famiglia Pischiutti fu inoltre presente alla Mostra gemonese dell’artigianato del 1935 con le consuete opere di plastica ed intaglio; Luigi in particolare presentò una Madonna in gesso. Nel 1933 eseguì il cippo per i caduti nel viale della Rimembranza, lapidi per Alesso e in memoria di padre Pio Gabos nell’Istituto degli stimmatini (1944) e una statua offerta da Antonio Morgante alla chiesa di S. Lucia di Piovega (1934). Nel 1936 realizzò i simboli degli evangelisti sulla facciata del santuario di S. Antonio, e nel 1938 l’altare maggiore e il leone nella chiesa di S. Marco a Gemona. Trasferitosi a Udine nel 1940 con la famiglia, ebbe laboratorio in piazzale Cella. Secondo Mariolina Patat eseguì nel 1941 i bassorilievi per il portale d’ingresso della Mostra delle arti popolari, che invece nel catalogo sono attribuiti al padre Giuseppe. Espose dall’aprile al maggio 1943 presso l’Unione degli artisti di via Poscolle in Udine. Nel dopoguerra fu impegnato, fino alla morte, nella traduzione in pietra dei bozzetti di Silvio Olivo raffiguranti il Marinaio, l’Alpino, il Fante e l’Aviatore per la facciata del Tempio Ossario di Udine.
Elio (Gemona, 1902–1976) era il terzogenito di Giuseppe. Si formò anch’egli nella Scuola d’arte di Gemona, dedicandosi all’arte del ferro dopo essersi specializzato presso la fonderia Broili di Udine e in Francia alla fine degli anni Venti. Dal 1932 al 1936 operò presso la Scuola tecnica industriale di Pieve di Cadore, dove ebbe modo di approfondire la sua passione per la montagna. Tornato a Gemona, si dedicò all’insegnamento nella sezione di forgiatura e ferro battuto, diventando poi capo della sezione meccanica. A tale attività abbinò quella artigiana: si deve ricordare la sua partecipazione alla mostra di Gemona del 1931, dove eseguì una lampada nella cappella francescana.
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