È figura notevole di magistrale, scrupoloso ed elegante traduttore dal tedesco ma anche di finissimo narratore, sempre sostenuto da un’alta tensione etica e civile, in cui si riflette la migliore stagione della cultura mitteleuropea vissuta e promossa tra Vienna e Gorizia, tra il mondo di lingua tedesca e il versante italiano, al quale egli aprì orizzonti illuminati da personalità grandemente significative, da Grillparzer a Kafka, da Thomas Mann a Hesse, da Heine a Hofmannsthal, da Kleist a Zweig, ma anche da Carl von Czoernig a Julius Kugy. Nacque a Pirano, in Istria (il padre era di Cormons) il 4 aprile 1892 e visse fino al 1923 a Gorizia, in un ambiente pieno di stimoli (1982), frequentando lo Staatsgymnasium, dove si segnalò ogni anno come “eminentista” (“Vorzugsschüler”) in una classe che comprese (sia pure non in tutti gli anni) anche Antonio Morassi, Biagio Marin e Umberto Cuzzi, traendo grande frutto dalla severità degli studi e degli insegnanti (tra cui, per esempio, R. Schubert-Soldern). Iscrittosi all’Università di Vienna nel 1911, dove seguì le lezioni di filologi e linguisti autorevoli, sostenne l’esame di pedagogia nel maggio 1914; con ciò ottenne l’abilitazione all’insegnamento (soltanto nel 1977, con la laurea honoris causa attribuitagli dall’Università di Trieste, avrebbe potuto fregiarsi del titolo ambito di “dottore”) e rientrò a Gorizia quale supplente nel suo I. R. Ginnasio. ... leggi Non tanto per il suo irredentismo, quanto perché un fratello era fuggito in Italia, dovette allontanarsi da Gorizia nel luglio 1915 per rifugiarsi a Graz, dove si costituì un Ginnasio di lingua italiana che ebbe lui come insegnante e Piero Bonne come direttore. Negli stessi anni si accese in lui l’amore, appassionato e razionale, per la traduzione dal tedesco all’italiano, incominciando dai Piccoli drammi di Hofmannsthal (che poi avrebbe edito a Lanciano nel 1922). Rientrò a Gorizia alla fine della guerra e insegnò latino, italiano e tedesco nel R. Ginnasio liceo, ma contemporaneamente collaborò con Carlo Battisti alla ripresa della Biblioteca statale. Erano gli anni in cui all’euforia della vittoria si accompagnò a Gorizia un grande fervore culturale, che coinvolse un manipolo di intellettuali tra cui B. Marin, M. Camisi, A. Morassi, Nino Paternolli, C.L. Bozzi, animatori di lezioni pubbliche tenute da personalità eminenti della cultura italiana, tra cui Salvemini, Varisco, Galletti, Augusto Monti, Provenzal, Jahier, Piovano, Vidari, Panzini. Guidati da Marin, gli intellettuali goriziani si ritrovavano, con le scolaresche, ogni 3 dicembre per ricordare Scipio Slataper – nel 1922 Piero Gobetti tenne un discorso che si può dire profetico per Gorizia (Tavano, Gorizia nel 1919). Il 3 dicembre 1919 P. scrisse un articolo per ricordare la lezione di Slataper, e un altro nell’anno seguente per proporre l’esempio di una vita e di un sacrificio esemplari specialmente per i giovani, in contrasto con un «dopoguerra triste, popolato di arraffoni senza coscienza, di insulse croci cavalleresche, di gente senza fede e senza Dio». A fianco dell’impegno anzitutto culturale e pedagogico espresso nell’insegnamento, egli incitò i giovani nell’alpinismo, come forma e metafora per un innalzarsi morale e civile, e nell’attività letteraria, che egli animò dal 1923 in poi, pur essendosi trasferito a Milano a dirigere «La Sorgente», rivista mensile del Touring Club Italiano per l’educazione della gioventù. Nel frattempo lo avevano colpito in modo sconvolgente due avvenimenti: la morte di Nino Paternolli sui fianchi del Poldanovec, avvenuta sotto i suoi occhi (19 agosto 1923), e la sua sospensione dall’insegnamento nel Liceo ginnasio goriziano, per favorire un altro docente, ma molto probabilmente anche per punirlo dell’appoggio che aveva dato al Marin, che era stato a sua volta sospeso dall’insegnamento un anno prima. P. non aveva voluto far suo l’atteggiamento sprezzantemente nazionalistico di troppi giuliani fautori di un’italianizzazione fuori della storia: egli non mutò il suo cognome in quello di Pocarini come altri familiari. Da quell’anno il cenacolo goriziano si disperse del tutto. P. si trasferì a Milano quale funzionario del Touring Club Italiano e poi direttore del convitto di Vigo di Fassa, a cui seguì l’incarico di redattore della De Agostini di Novara (1929-1930). Rimase in lui, però, costante e vivo l’impegno nell’attività letteraria e soprattutto nella missione di traduttore; fu traduttore ufficiale della casa editrice Mondadori appena nel 1934, da dove si allontanò nel 1961. Si sono ricordati all’inizio alcuni dei più significativi autori a cui P. diede voce italiana (sono più di trecento opere e di novantamila pagine). Con molti di essi egli intrattenne una corrispondenza epistolare di grande valore: specialmente con Thomas Mann, quando il traduttore volle affrontare la traduzione del Doctor Faustus, un’opera definita «intraducibile» con la quale P. si misurò arditamente, ma anche felicemente, piegando l’italiano a una struttura nuova che gli guadagnò l’ammirazione dell’autore stesso. Non meno ardua fu l’opera intrapresa nella traduzione di Kafka, con verifiche scrupolose sugli originali, o quella che riguardò Grillparzer. La grandissima varietà di testi e di autori da lui affrontati nelle traduzioni, in cui traspaiono la bontà intelligente del suo metodo (diceva «non travisa ma travasa») e la versatilità negli interessi, lo affascinò, sicché si fece travolgere da visioni, da luoghi e da temi sempre cari, cimentandosi anche in composizioni in versi (B. Chiurlo, 1932). Tra i temi che amò in modo costante vi è la cultura alpina, che egli visse e fece rivivere soprattutto attraverso le edizioni italiane delle opere di Julius Kugy, fin dal 1932: nel 1969 ne fece dono a Gorizia, così come più tardi avvenne per altre traduzioni sia dello stesso Kugy, sia dell’opera di Carl von Czoernig (Gorizia, la Nizza austriaca, Milano, 1969). Alla sua città e alla sua civiltà rimase sempre fedelmente attento con amicizie aperte e ricambiate: collaborò con le manifestazioni degli Incontri culturali mitteleuropei e con le relative edizioni, e si rivolse al suo passato delineando la personalità del fratello più giovane, Sofronio (Mio fratello Sofronio, 1976). Il 2 ottobre 1976 gli fu conferita la cittadinanza onoraria dal comune di Gorizia, insieme con Morassi e Marin, e dal 1988 al 2004 il nome dei tre compagni di classe fu legato a un premio triennale di iniziativa della provincia di Gorizia. Negli ultimi anni della sua vita P. lavorò sempre più intensamente: riuscì a pubblicare, tra l’altro, L’epoca d’oro della poesia austriaca (Milano, 1978), con l’introduzione di C. Magris. L’opera, che doveva comprendere tre volumi, rimase incompiuta, con pungente dispiacere non soltanto da parte sua. Uscì postuma un’altra antologia, Poeti austriaci tradotti da E. P., a cura di N. Dacrema (Milano, 1992). Il 17 agosto 1981, come ha scritto C. Macor, suo biografo, «chiuse gli occhi e cominciò il grande silenzio […] Quel tormento degli ultimi anni, quel suo accanirsi per vincere, l’angosciosa corsa per arrivare in fondo, forse lo avevano stroncato». R. Lunzer (2009), citando la raccomandazione che nel 1977 P. fece ai colleghi traduttori di «essere anelli di congiunzione tra una nazione e l’altra, anche a costo di rinunciare a noi stessi», aggiunge: «davvero un concetto eroico-universalistico della traduzione».
ChiudiBibliografia
Scritti di E. Pocar: Le scuole dei nostri profughi a Graz, «Il lavoratore», 13, 16, 20 e 23 luglio 1916; Scipio Slataper, «La voce dell’Isonzo», 3 dicembre 1919, 1; Scritti di Scipio Sataper, «La libertà», 30 ottobre 1920; Carletto nel paese del Tokay, ibid., 21 aprile 1921; [Gaetano Salvemini], «La voce dell’Isonzo», 27 giugno 1922; Elogio dell’olio di ricino, «El refolo gorizian», 2 dicembre 1922; Impressioni, «Bollettino bimestrale CAI Gorizia», 1 (1922) (ora in Echi dalle Alpi Orientali. 125 anni di cultura alpina a Gorizia, Gorizia, Alpinismo Goriziano, 2008, 28-29); Settimana alpinistica 1923, «Comunicato mensile CAI Gorizia», 2 settembre 1923, 6-13; Dante e gli Slavi, «La voce di Gorizia», 27 gennaio 1924, 4; Salire alla gioia, «La Sorgente», 8 (1924), 193-195; Ripresa, «Comunicato mensile CAI Gorizia», 1° marzo 1925 (ora in Echi dalle Alpi Orientali, cit., 30-31); In memoria di Nino Paternolli, «L’eco dell’Isonzo», 19 agosto 1933; Due grandi passioni nella vita di Kugy: la montagna e la musica, «Iniziativa Isontina», 38 (1968), 29-34; La Biblioteca tra guerra e pace (1915-1919), in 1919-1969: Gorizia e la Biblioteca Statale Isontina, «Studi Goriziani», (1969, supplemento), 39-44; Memoria di Nino Paernolli, «Iniziativa Isontina», 59 (1973), 72-73; Richard von Shubert-Soldern, insegnante di filosofia a Gorizia, ibid., 51 (1971), 3-11; Traduzioni dal tedesco (1920-1975), «Studi Goriziani», 43/1 (1976), 107-125; Mio fratello Sofronio, Gorizia, Il Comune, 1976; Quasi una fiaba, «Studi Goriziani», 55-56 (1982), 11-14; La morte di Nino Paternolli nel «Diario» di E. P., in Un secolo di alpinismo goriziano: 1883-1983, Gorizia, CAI, 1984, 73-92.
B. CHIURLO, Scrittori nuovi a Gorizia: Pocar, «La Panarie», 9 (1932), 198-201; C. MAGRIS, Ervino Pocar, «Studi Goriziani», 55-56 (1982), 7-9; L. REGA, Ervino Pocar e il linguaggio della parodia: un esempio dal Doktor Faustus, «Iniziativa Isontina», 89 (1987), 93-98; N. DACREMA, Ervino Pocar, ritratto di un germanista, Gorizia, «Studi Goriziani» (1989), XI supplemento; TAVANO, Gorizia; C. MACOR, Il tormento dell’opera incompiuta nelle ultime lettere di Ervino Pocar, «Studi Goriziani», 75/1 (1992), 19-27; S. TAVANO, Intorno a Paternolli e Pocar nel 1923, ibid. ... leggi, 77/1 (1993), 55-76; C. MACOR, Ervino Pocar, Pordenone, Studio Tesi, 1996; S. TAVANO, Michelstaedter e Pocar, «Studi Goriziani», 84/2 (1996), 97-105; TAVANO, Gorizia nel 1919, 177-204; Echi dalle Alpi Orientali, cit.; R. LUNZER, “La virtù porta onore”: Ervino Pocar, gran maestro della traduzione letteraria, in Irredenti redenti. Intellettuali giuliani del ’900, Trieste, Lint/Deputazione di storia patria per la Venezia Giulia, 2009, 113-134 e passim (ed. italiana di R. LUNZER, Triest. Eine italienisch-österreichische Dialektik, Klagenfurt, Wieser, 2002, 119-130); EAD., “Melificare per gli altri”. I germanisti Ervino Pocar ed Enrico Rocca, in Cultura tedesca, 196-204, 215.
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