Nacque a Udine nel 1789, in una famiglia di antica nobiltà. Poeta in lingua friulana, compose alcune poesie di circostanza rimaste inedite e si dedicò anche alla revisione dell’Eneide di Virgilio tradotta fra Seicento e Settecento dal goriziano Giovan Giuseppe Bosizio; dopo l’edizione goriziana del Tommasini del 1775, il poema venne dunque ripubblicato a Udine da Vendrame negli anni 1830-1831 con il titolo L’Eneide di Virgilio travistude da Zuan Sef Busiz ridote a lezion pure friulane da Zuan Batiste nob. da la Puarte cun prefazion in cui si trate de la lenghe usade in Friul prime, e dopo l’epoche Romane [L’Eneide di Virgilio travestita da Giovan Giuseppe Bosizio ridotta a lezione friulana pura da Giovanni Battista nob. della Porta con prefazione in cui si tratta della lingua usata in Friuli prima e dopo l’epoca romana]. L’emendamento operato dal revisore d.P. dovrebbe riguardare «quelle forme di dire, che ai colti modi del giorno non sono più adatte», ma la collazione rivela un completo riassetto linguistico e scopre anche interventi ben più corposi: per esempio sparisce, nel primo canto, l’ottava di apertura, nella quale il Bosizio dichiarava programmaticamente: «Jó ch’al son rustican de’ totorossa / ai chiantat, fin cumò, sol di pastors / […] cu la trombetta in man d’armis mi vanti / e in stil guerrir l’Eroe troian io chianti» [Io che al suono rusticano della cornamusa ho cantato, finora, soltanto di pastori con la trombetta in mano mi vanto di armi e in stile guerriero canto l’eroe troiano]; e spariscono soprattutto gli abbassamenti che caratterizzavano in senso burlesco la versione del goriziano: Cartagine, per esempio, non è più «a l’urinal del Tever collocada» [collocata all’orinale del Tevere], ma «a la bochie del Tever colocade» [collocata alla bocca del Tevere]. La prefazione, in merito alla quale una nota precisa che è parte di un’opera inedita «intitolata Storia del Friuli, saggio di Giuseppe Girardi», costituisce un compendio di alcune delle teorie prescientifiche riguardanti i dialetti italiani e il friulano, e si sofferma in particolare sulla sua presunta origine etrusca e sulle affinità con il provenzale, con l’antico francese e con «il volgar Romano, lingua Romanza poi detta, fondamento questa non pure dell’Italica, ma di tutte le moderne favelle della latina Europa». All’originale versione burlesca dell’Eneide si ispira il più ampio dei componimenti friulani del d. ... leggiP., trasmesso da un manoscritto autografo della Biblioteca civica di Udine (il titolo annotato è La Peteide. Caso nato sotto il Governo Italico 1810) e pubblicato sull’«Archivi de leteradure furlane antighe e moderne» nel 1929-1930: Il pêt a Guriçe. Poemèt in cinch ciánç dal Cont Tite Puarte udinês, sore un câs sucedût a Guriçe dal 1810 sot il guviâr italich [Il peto a Gorizia. Poemetto in cinque canti del conte Giovanni Battista della Porta udinese, su un caso successo a Gorizia nel 1810 sotto il governo italico]. La suggestione esercitata dal modello goriziano lascia segni corposi non soltanto sul piano delle scelte metriche (310 ottave), ma soprattutto su quello delle strategie stilistiche: il divertimento sgangherato promesso fin dal titolo viene garantito dagli inesauribili e variegati cataloghi, dalle continue sfide al verosimile, dalla frizione fra la ricercatezza di alcuni consapevoli italianismi o latinismi (per esempio di ambito giuridico: esibît “atto presentato all’autorità giudiziaria”, togâç “togati”, casus nefandum) e la grossolanità del materiale più plebeo; fa da sfondo, naturalmente, la sostanziale volgarità dell’argomento, che di volta in volta viene trattato con accigliata gravità o con sguaiata leggerezza, con delicatezza assennata o con sorridente disinvoltura. La trama è elementare: il primo canto delinea la cornice dei fatti, la festa di S. Andrea a Gorizia con il suo contorno di ciarlatani, curiosità e soprattutto con i banchetti provvisti di ogni delizia; il secondo si dilunga sulla serata di gala all’Opera, durante la quale lo scandaloso evento anticipato nel titolo provoca il deliquio nella cantante e negli spettatori; il povero Marín, responsabile dell’accaduto, viene arrestato e condotto nelle carceri del castello, dove la folla adirata lo raggiunge e si prepara l’assalto sotto la guida del generale Struch, coadiuvato da Zef, Martín e Valantín; la difesa è affidata al comandante Orlòf, che prepara la sua milizia dandole in pasto un calderone di fagioli; il terzo canto si apre con una prima disfatta degli assalitori; i superstiti, arringati da Martín, tentano di preparare per l’indomani un nuovo assalto, ma l’arrivo di tre deputati inviati dal magistrato promette agli insorti un regolare e severo processo per l’imputato; di esso dà conto il canto successivo, nel quale si susseguono i preparativi, il discorso del procuratore generale e quello, interminabile, della difesa; questo continua nel quinto canto, che conclude il poema con la prevedibile assoluzione di Marín. Rispetto alla tecnica di Bosizio vengono rovesciati gli anacronismi, qui ottenuti mediante numerosi e circostanziati riferimenti mitologici che appaiono estranei all’ambientazione goriziana o che ostentano una erudizione affatto stridente con i temi trattati. Notevole il lessico, che propone arcaismi e termini gergali (balsim “balsamo”, braghîr “brachiere, cinto”, cuful “crocchia di capelli”, fragiòss “buontemponi”, gratose “rogna”, rughe “combriccola”, scrosòp “ragazza volgare e ordinaria”), germanismi (coglúf “Kugelhupf”, sunchenflechel “pezzetti di lingua”) e un discreto numero di voci assenti dai dizionari. Il nobile d.P. morì nella città natale il 16 giugno del 1864.
ChiudiBibliografia
Il manoscritto del poema friulano del d.P. è conservato in BCU, Principale, 383, G.B. della Porta, La Peteide. Caso nato sotto il Governo Italico 1810.
DBF, 671; G.B. DELLA PORTA, Il pêt a Guriçe. Poemèt in cinch ciánç dal Cont Tite Puarte udinês, sore un câs sucedût a Guriçe dal 1810 sot il guviâr italich, «Archivi de leteradure furlane antighe e moderne», 6 (5 ottobre 1929), 94-96; 7 (30 gennaio 1930), 99-114; 8 (28 aprile 1930), 117-132.
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