Di padre gradese e madre slovena, nacque a Lubiana il 19 dicembre 1925 e frequentò le scuole tra la città di nascita e l’isola di Dol, acquistando piena padronanza delle lingue slovena e tedesca. Nel dopoguerra risiedette a Grado e quindi si iscrisse all’Istituto universitario veneziano di architettura, laureandosi poi a Torino. Nel Politecnico di questa città iniziò a insegnare storia dell’architettura (accanto a Paolo Verzone), continuando con lo stesso insegnamento nella Facoltà di ingegneria dell’Università di Trieste. Ebbe stretti e fecondi contatti con Vienna e altre città europee in una visione sempre più ampia dei fenomeni d’architettura e d’arte lungo la storia. Lubiana gli conferì nel 1975 la medaglia Plečnik, mentre a Vienna ricevette nel 1985 la laurea honoris causa e il premio Prechtl. Il primo maestro a cui P. legò il proprio nome fu Max Fabiani: sull’opera di questo architetto, che era un po’ trascurata, si confrontarono negli anni Cinquanta, prendendo spunto da «SeleArte», tre studiosi quali Carlo L. Ragghianti, P. e Fulvio Monai. Un’apertura intelligente del comune di Gorizia, e in particolare del sindaco Michele Martina, portò all’edizione di una monografia (Max Fabiani architetto, Gorizia, 1966), frutto di lunghe e minuziose ricerche d’archivio e bibliografiche, ma anzitutto storiografiche. L’opera di Fabiani rimase al centro dell’attività di ricerca e dell’insegnamento di P. I nodi e i problemi che in lui si andavano individuando e sciogliendo permettevano un accesso utile a comprendere tutto il panorama dell’architettura centroeuropea tra Ottocento e Novecento. ... leggi Egli affrontò e più volte indagò la scuola di Otto Wagner (1979), la produzione di Adolf Loos e di Jože Plečnik (1968), ma anche quella di Ottorino Aloisio (1978), e tanti altri aspetti essenziali per intendere il senso e gli indirizzi dell’architettura contemporanea. Con pari coscienza e personalità P. affrontò anche molti problemi e tematiche di secoli lontani, ma pur sempre della storia artistica sviluppatasi tra l’Adriatico e il Danubio, come avvenne a proposito dei suoi acuti e innovativi ragionamenti sull’architettura paleocristiana della “sua” Grado. In questi studi egli superò schemi ormai irrigiditi a proposito di valori architettonici in cui egli vide sommati e intrecciati in una sintesi originale i frutti della complessa esperienza architettonica romana, tardo-antica e proto-bizantina, ma che individuavano anche soluzioni anticipatrici delle scelte altomedievali. Tra le collaborazioni che egli generosamente offerse, lo appassionò a fondo l’Istituto per gli Incontri culturali mitteleuropei di Gorizia: sapeva di poter lanciare sfide ardite e insieme ripensare a temi e a valori di un passato, vissuto con responsabilità partecipe, che può concorrere ad attualizzazioni di vario genere. Partecipò a diversi Incontri goriziani e intervenne con vivacità nelle discussioni, anzitutto recando contributi scientifici. Il convegno che egli organizzò personalmente e portò ad alti livelli è stato quello del 1986 sulla “Scuola viennese di storia dell’arte”. Il lungo lavoro di edizione degli Atti relativi rese possibile la raccolta dei dati dei trecentocinquantasei allievi di quella grande Scuola. Il volume, che uscì nel 1996, rimane oggi un documento e uno strumento preziosissimo per lo studio di quell’istituzione e dei tanti che parteciparono a un movimento che ha rinnovato su basi certe e obiettive un po’ tutta la storiografia artistica. All’architetto più importante nei suoi interessi, a Max Fabiani, P. ha dedicato infine un poderoso volume che uscì in tedesco, in sloveno e in italiano (Max Fabiani, Ronchi dei Legionari, 1998). P. fu lieto di collaborare anche all’Incontro del 1996 sul “Destino dell’Europa”, quando si voleva riflettere su una specie di equazione che forse oggi appare ancora più credibile: la Mitteleuropa sta all’Europa come oggi l’Europa sta al mondo intero. Il suo rammarico riguardava la scarsa comprensione dei valori storici, culturali e civili della cultura mitteleuropea; nel 1991 scrisse con passione Max Fabiani e altri europei non capiti. È scomparso a Trieste il 19 dicembre 2006.
ChiudiBibliografia
La bibliografia di M. Pozzetto, che supera di molto le duecento unità, è raccolta in «Archeografo triestino», s. IV, 67 (2007), 677-688.
G. PAVAN, Ricordo di M. P., «Archeografo triestino», s. IV, 77 (2007), 673-675. La sua attività multiforme è elencata nel volume: M. P. Storico dell’architettura mitteleuropea, a cura di D. KUZMIN, Gorizia, ICM, 2008.
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