Nato ad Asolo (Treviso) intorno al 1525 da Bartolomeo, membro di una famiglia di organisti e di organari che operarono principalmente nella marca trevigiana, Vittore (o Vittorio) Raimondi (o Raimondo, Arimundo, Rimondi) iniziò la sua carriera musicale come organista nella cattedrale del proprio paese una prima volta dal gennaio 1544 al gennaio 1547 e nuovamente dal maggio 1549 al 1558. In data imprecisata, ma comunque prima del 1547, si era fatto prete. Tra le due condotte asolane, a meno che non sia un caso di omonimia, fu coinvolto in un processo a Venezia per eresia insieme con altri asolani accusati di luteranesimo. Lasciato il paese natale passò a Feltre ove fu maestro di cappella del duomo e attese alla pubblicazione de Li madrigali a quatro voci (1560) da lui definiti «primi frutti colti dal terreno del suo basso ingegno» indirizzati al vescovo feltrino Filippo Maria Campeggi. Concluse questo incarico prima del 26 dicembre 1561 e in seguito probabilmente se ne tornò nella sua città natale ove nel 1564 risultava mansionario della cappella del Bocchiaro nella chiesa di S. Maria. Il primo gennaio del 1566 venne chiamato a dirigere la cappella del duomo di Vicenza in sostituzione del romano Ippolito Chamaterò; dopo un periodo di prova «attentis probitate scientia et moribus ac experientia», il 14 marzo seguente ottenne la nomina ufficiale con effetto retroattivo dal primo giorno di servizio. ... leggi Nell’ottobre di quell’anno gli fu anche conferita dal capitolo, e ciò fu causa di lunghe controversie giudiziarie col vescovo, la cappellania di S. Cristina; sin dall’inizio della sua condotta oltre al servizio in chiesa aggiunse la collaborazione con l’Accademia Olimpica vicentina. Il R. mantenne la direzione della cappella fino al 1577 quando partì alla volta di Udine per assumervi il medesimo ruolo in cattedrale. Nella città friulana il R., «inter canendi artifices praeclari nominis, et famae honestissimae», giunse accompagnato dalla raccomandazione del luogotenente della Patria Marco Corner, già capitano di Vicenza, e da ottime referenze, per rimpiazzare ancora una volta I. Chamaterò; dopo un periodo di prova, il 23 luglio 1577 ottenne la nomina e gli furono consegnati alcuni libri contenenti composizioni polifoniche di G. M. Asola, P. Isnardi, G. P. da Palestrina e V. Ruffo. Allo scadere della condotta, il 27 ottobre 1580, R. fu confermato per un secondo triennio dopo che aveva chiesto, invano, un aumento stante la «grandissima difficultà per la qualità de tempi, et per la tenuità del salario» (era di soli 24 ducati annui). Il miraggio di più lucrosi allogamenti lo spinse il 7 novembre di quell’anno a concorrere per il posto di maestro nella cattedrale di Padova (valeva 120 ducati annui), ma ne uscì piuttosto male: ultimo tra nove concorrenti, non ebbe neppure un voto in suo favore su 23 e il posto andò all’udinese G.B. Mosto. Rientrato a Udine, venne comunque sempre riconfermato nel suo incarico fino alla morte. Nel 1584 pubblicò il suo primo – e, per quanto si sa, unico – libro di messe, indirizzato, con lettera datata da Udine il 25 settembre, al friulano Michele della Torre, vescovo di Ceneda, eletto cardinale il 12 dicembre 1583: le tre messe ivi raccolte furono forse eseguite durante le solenni celebrazioni tenute in duomo a Udine in occasione della visita del cardinale nell’autunno del 1584. Un altro momento di grande impegno per il R. fu senza dubbio la visita del patriarca Giovanni Grimani nel novembre del 1585, tanto che dovette richiedere l’aiuto di Gabriele Celotti, maestro di cappella nella basilica di Aquileia. Stando al resoconto del cancelliere udinese M. A. Fiducio per quella circostanza egli compose delle musiche (perdute) che, una volta eseguite davanti al patriarca «post epulas […] cum nonnullis musicis, quos illuc secum adduxeret», donò personalmente al Grimani. In riconoscimento dei suoi meriti, il 2 luglio 1588 il capitolo gli conferì una mansionaria e la cappella di S. Odorico. Fu anche, perlomeno dal luglio 1590, curato della chiesa di S. Nicolò e S. Rocco in borgo Poscolle. Morì in Udine intorno alla metà del 1596.
ChiudiBibliografia
Questa la sua produzione musicale superstite: Di Vettor Raimondo maestro de ’l choro del domo di Feltre, Li madrigali a quatro voci, Libro primo, Venezia, Girolamo Scotto, 1560 (opera ricordata dal teorico P. Cerone nel suo Melopeo, Napoli, 1613); Victorii Raimundi in Utinensium maiori ecclesia musices moderatoris missarum trium liber primus, quinque vocibus, Venezia, G. Vincenti & R. Amadino, 1584. Inoltre due suoi madrigali a cinque voci, Solinga Tortorella, (II p.:) Ma io lasso che solo e Occhi miei dolci io son ferito a morte, (II p.:) Deh perch’oscura e trista si trovano nel Secondo libro delle fiamme, madrigali a cinque et a sei voci […] per Giulio Bonagiunta da San Genesi, Venezia, G. Scotto, 1567; un altro, sempre a cinque voci, S’aiut’in van dal ciel mai non si spera, (II p.:) Tu ’l sai mio CARO & tec’il san coloro è contenuto nell’antologia commemorativa della morte di A. Caro, Corona della morte […] per Giulio Bonagionta da S. Genesi, Venezia, G. Scotto, 1568 (l’intera antologia è ora disponibile in edizione critica moderna: Corona della morte di Annibal Caro, Veneza 1568, a cura di L. FAVA, Bologna, Ut Orpheus, 2008).
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