RAZZI (DEI) OTTOBONO DA PIACENZA

RAZZI (DEI) OTTOBONO DA PIACENZA (? - 1315)

patriarca di Aquileia

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Sigillo del patriarca Ottobono (Cividale, Museo archeologico nazionale).

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Velo eucaristico del patriarca Ottobono (Castell'Arquato, Museo della collegiata).

Ecclesiastico curiale, “auditor litterarum contradictarum apostolicarum”, nel 1299 O. è nominato vescovo di Padova da papa Bonifacio VIII. Alla morte di Pietro da Ferentino, il pontefice lo trasferisce ad Aquileia, non accettando la postulazione del capitolo cattedrale a favore di Pagano della Torre. Tale decisione è presa sicuramente in considerazione delle garanzie di fedeltà dell’ecclesiastico piacentino, ma anche delle accuse presentate in curia contro il casato milanese. Il nuovo patriarca entra in Friuli il 14 agosto del 1302. Pochi giorni dopo convoca il parlamento, che gli concede di imporre una tassa straordinaria di venti soldi per manso e ruota di mulino. Tale delibera si rende necessaria per permettere a O. di pagare il proprio “servitium commune” e quello del predecessore, le procurazioni per i legati pontifici e i tributi dovuti alla camera apostolica: il breve patriarcato di Pietro e i ripetuti periodi di sedevacanza avevano reso, infatti, precarie le finanze aquileiesi, impedendo la normale amministrazione e l’appalto degli uffici pubblici. Nella stessa seduta del parlamento il patriarca informa i Friulani della sua intenzione di creare a Cividale uno «studium in decretalibus et aliis facultatibus». Gli abitanti della città ducale si rivelano disponibili a tale progetto, sebbene non sia possibile stabilire con certezza la loro volontà di partecipare economicamente alla sua realizzazione. La volontà di O. non è però sufficiente ad aprire l’Università: la difficile situazione interna al Friuli e le minacce d’aggressione provenienti dall’esterno modificano ben presto le priorità del patriarca. ... leggi Il 10 novembre il presule prende dei provvedimenti per frenare l’indebolimento delle finanze patriarcali: impone il corso solo delle monete da lui coniate e impedisce l’esportazione d’argento dal Friuli. Particolarmente delicate si rivelano le relazioni con Enrico II conte di Gorizia e Rizzardo da Camino, che non hanno rinunciato alle loro mire sul patriarcato. O. si avvicina quindi a Venezia, con la quale è ancora aperto un contenzioso per la questione istriana. Nel 1304 il patriarca, dopo aver fatto censire i propri diritti in Istria, si accorda con il doge Pietro Gradenigo per delegare al pontefice il giudizio di tale causa. L’anno successivo il presule è costretto ad affrontare militarmente una forte coalizione anti-patriarcale formata dai conti di Gorizia, di Ortenburg e di Collalto, da Azzo d’Este marchese di Ferrara, dai da Camino, dai signori di Porcia, Prata, Polcenigo e Villalta e dalle comunità di Sacile, Caneva e Portogruaro. Il patriarca, impegnato oltralpe nel recupero di alcuni beni aquileiesi, è colto impreparato dalla repentina avanzata delle truppe avversarie in Friuli: nella necessità di trovare alleati sicuri, il presule stringe un’alleanza con Enrico duca di Carinzia, desideroso di ottenere il sostegno papale sulle sue rivendicazioni al trono di Boemia. Tornato in Friuli, organizza la resistenza, rioccupando Portogruaro e privando il debole vescovo di Concordia della giurisdizione temporale sull’abitato e dei diritti di “muda” sul fiume Lemene. Gli scontri continuano nel biennio successivo, soprattutto nelle zona di Cividale e in quella tra Spilimbergo e Valvasone. Nel maggio del 1306 si firma una tregua tra le parti: in questo periodo O. si avvicina ulteriormente a Venezia in chiave anti-caminese, cedendole tutte le giurisdizioni e i diritti aquileiesi in Istria e nei territori occupati dai Veneziani, dietro corresponsione di un censo annuo di quattrocentocinquanta marche, con l’impegno di far avallare la decisione dal papa. Tale azione diplomatica induce Rizzardo da Camino a modificare la propria azione politica e a richiedere la pace, che viene siglata nel luglio del 1307. Il patriarca rivolge quindi le sue energie a cercare di normalizzare la situazione interna, riprendendo il dialogo con i feudatari ribelli, che però non recedono dalle loro posizioni e lo denunciano per malversazioni al cardinale Napoleone Orsini. Gli scontri armati continuano quindi anche nel 1308, con il tentativo degli Zuccola di prendere Cividale: O., in questa circostanza, dimostra di non essere più in grado di garantire con continuità l’ordine interno. Delle difficoltà patriarcali decide di approfittare ancora una volta il Caminese, che d’accordo con il conte di Gorizia invade il Friuli sgominando in breve tempo le forze patriarcali. O. è costretto alla fuga prima a Grado e successivamente a Venezia, Padova, Piacenza e infine a Bologna, dove si unisce al seguito del cardinal legato Arnaldo Pellagrue, impegnato nell’assedio di Ferrara, occupata dai Veneziani. Egli non cessa però di cercare alleati che sostengano la sua causa: tra questi figura in prima linea Federico duca d’Austria che si impegna per cercare di riportare i feudatari friulani all’obbedienza al loro signore. Sono però le incomprensioni e le divisioni insorte tra i da Camino e i conti di Gorizia dopo la cacciata di O. a permettere il suo ritorno a Udine: Rizzardo si avvicina, infatti, al patriarca con la speranza di controllarne l’azione politica. Nell’ottobre del 1309 la popolazione di Udine insorge, però, contro le truppe trevigiane, uccidendo diversi alleati del da Camino e costringendolo alla fuga. I castellani friulani ancora una volta resistono al tentativo di normalizzazione del patriarca, tanto da indurlo a riavvicinarsi al conte di Gorizia, che, con l’aiuto degli Udinesi, occupa Tricesimo, Artegna, Tolmezzo, Chiusa, Monfalcone, Villalta e Caporiacco. Nel 1310 O., in procinto di partecipare al concilio ecumenico di Vienne (1311-1312), su espressa richiesta di papa Clemente V, convoca prima un sinodo diocesano e successivamente un concilio provinciale, per discutere tra le altre cose di un contributo economico dei suffraganei al viaggio del loro metropolita. Alberto abate di Summaga è nominato vicario generale del patriarca. Enrico di Gorizia è chiamato, invece, ad assumere l’ufficio di capitano generale del Friuli, con il compito di proseguire l’azione militare contro Treviso. Durante il concilio O. è chiamato a coordinare le attività di una commissione speciale ristretta, incaricata di esaminare la questione dei templari, cercando di mediare tra le posizioni del re di Francia e quelle della maggior parte dei vescovi, convenuti a Vienne. Ritornato in Friuli il patriarca si scontra ancora una volta con il conte, che si rifiuta di riconsegnare le piazzeforti occupate. Nelle sue rivendicazioni il presule è appoggiato da Padova, da Treviso e dal duca d’Austria. Enrico II è sostenuto invece da Venezia, di cui diventa cittadino, dai Della Scala, da Corrado di Auffenstein e dal signore di Walsee. Anche la comunità di Portogruaro si schiera nuovamente contro O. Lo scontro armato che ne consegue vede una netta sconfitta del fronte patriarcale: il conte di Gorizia assume il controllo reale del Friuli, imponendo al presule un accordo di pace, che prevede la sostanziale perdita di tutte le temporalità aquileiesi: Enrico è confermato capitano generale del Friuli per sei anni a decorrere dal 2 febbraio del 1314; O. si impegna a cedergli tutti i proventi e le giurisdizioni del patriarcato in cambio di una rendita di duemilaquattrocento marche per il 1314 e di quattromila per gli anni successivi. Nell’aprile del 1314, dopo la morte di papa Clemente V, il presule è convocato dal cardinale Luca Fieschi, che, aspirando al pontificato, desidera confrontarsi con lui, prima del conclave. Durante il viaggio di ritorno in Friuli, O. è colpito da malattia presso Castell’Arquato nel Piacentino, dove muore il 13 gennaio del 1315.

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Bibliografia

IULIANI CANONICI Civitatensis chronica, a cura di G. TAMBARA, Città di Castello, Editrice Lapi, 19055 (RIS, 24, 14), 32, 39, 41-42, 44, 50; SCALON, Libri, 34, 39; PASCHINI, Storia, 367, 370, 424, 429, 431-435, 446, 452, 480; BRUNETTIN, Evoluzione impossibile, 67-226, in particolare 121-151; C. SCALON, Tra Praga e il Friuli nel XIV secolo: le origini dell’Università friulana e il “Codex Foroiuliensis”, in Imperatori e condottieri. Sull’antica via del sale, a cura di G. GANZER, Bologna, Abacus, 2000, 93-112.

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