Il nome dell’udinese Antonio R. (nacque in realtà a Venezia nel 1804, ma si formò e fece base a Udine, dove morì nel 1876) si iscrive nell’albo d’oro dei marionettisti italiani: un «artista puro» e, al suo tempo, «uno dei più bravi e più noti» (Nico Pepe) in un intrattenimento che oggi è relegato per lo più a divertimento per bambini e perciò, specie in Italia, è declassato a teatro inferiore rispetto a quello cosiddetto maggiore. Quel genere di spettacolo ha alle spalle, in realtà, un lunghissimo e favoloso albero genealogico, quanto meno dalla Grecia antica, e lungo i secoli vanta talora interessanti incontri non solo con la commedia dell’arte, ma anche con i contenuti e le forme della cultura alta: per i temi, innanzitutto, se lo stesso motivo metafisico di Faust discende a Goethe dal teatro con “teste di legno” della monaca Rosvita; e poi con il melodramma e con la musica in genere, specie in area tedesca, dove opere per marionette scrissero Haydn e Gluck, e perfino Mozart pensò inizialmente ai pupazzi animati per il suo Flauto magico. A questa gloriosa e nobile tradizione, decisamente distinta per varietà interne dalle “baracche” dei “cugini” burattini, popolari e comicamente monocordi, e ancora cara ai gusti del pubblico borghese dell’Ottocento, R. apportò le doti di un estro fantasioso e di uno spirito insofferente e libero, che, anche per calore patriottico, gli procurò qualche noia con la polizia austriaca e talora degli arresti. La fama di R. è legata soprattutto alla maschera di Facanapa, marionetta di sua invenzione che fece la prima comparsa a Udine nel 1828, per debuttare poi nel 1836 anche a Venezia sul piccolo palcoscenico del S. Moisè, prestigioso teatro settecentesco ormai ridotto in rovina, che R. aveva preso in gestione nel 1825, rifatto di sana pianta e infine riportato a nuovo splendore con il nome di Teatro Minerva. ... leggi In quello spazio, ma anche in giro per città e paesi del Friuli, agiva la Compagnia per spettacoli di marionette, che R. aveva fondato dopo alcune giovanili esperienze udinesi nel canto lirico da basso comico e come guida e attore in un gruppo filodrammatico. Fantasiosa e disponibile alle più bizzarre rivendicazioni di campanile è l’etimologia di Facanapa, marionetta creata per introdurre un elemento di originalità tra le maschere tradizionali dell’allegra brigata di Arlecchino e compagni. Che sia veneta (da un fra’ Canàpa, tondeggiante frate veronese dal grosso naso) o schiettamente friulana (così vorrebbe un gustoso aneddoto riportato da Nino Ferrando, con riferimento all’invito a “fraca” la “napa” rivolto a una sorta di Cyrano sandanielese), sta di fatto che la maschera spiccava nelle mani del suo inventore non solo per il naso pappagallesco e per il costume di foggia settecentesca, ma per la dinamicità delle piroette e delle battute ritmate da storpiature e scatti, segni di un “carattere” comicamente arguto, gioviale e senza peli sulla lingua. Di questa bella storia teatrale da teatro minimo restano oggi poche tracce concrete, a parte le raccolte fatte dall’appassionato udinese Enrico Sturolo e, in anni più vicini, da Giancarlo Pretini. Il materiale della compagnia, acquistato a suo tempo da Attilio Grossi, rimase «danneggiato durante l’invasione del 1918», così come «andò dispersa la cassa contenente i copioni manoscritti su cui erano apposti i permessi di recita, naturalmente con tanto di timbro dell’I. R. Governo Austro-Ungarico» (Giulio Del Zotto). Restano semmai i segni di contagi più impalpabili, ma fertili per passaggio di consegne. Il repertorio Reccardini fu ripreso infatti nel primo Novecento, tra gli altri, dalla compagnia veneta di Giovanni Stigliani e Luigia Salici, figlia del marionettista Ferdinando, oltre che a Udine da monsignor Remigio Bisiaco e, nel secondo dopoguerra, dal teatro di marionette della compagnia “Galmi” di Armando Miani e Guido Galanti. Ma soprattutto fu attraverso il figlio di R., Leone, erede per alcuni anni e con fortuna dell’impresa paterna, che Vittorio Podrecca fu iniziato al teatro di animazione, poi curvato dal suo genio alla gloria mondiale del Teatro dei Piccoli, con marionette ormai novecentesche e decisamente “musicali”.
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