Discendente da una nobile famiglia osimana, il notaio N. di Chectolo compie studi di diritto presso l’Università di Bologna negli anni Venti del Trecento. Nella città felsinea conosce molto probabilmente Nicolò Capocci, futuro cardinale di S. Vitale, a cui rimarrà legato da un vincolo di amicizia per tutta la vita e forse si inserisce in quel circolo culturale che oltre al Capocci annoverava anche Francesco Petrarca, Pietro Alighieri, Guido di Baisio, Giovanni e Giacomo Colonna. Proprio al seguito di un maestro di quest’ultimo, Uberto da Cesena, famoso canonista, promosso alla cattedra di S. Stefano, N. giunge nella diocesi di Concordia: nel luglio del 1334, infatti, il notaio osimano redige l’atto d’elezione del nuovo decano del capitolo cattedrale, nella persona del trevigiano Fiorentino Costa. Alla morte del vescovo Uberto, avvenuta nell’agosto del 1334, N. rimane a Portogruaro, instaurando ben presto un proficuo rapporto di collaborazione con il nuovo presule, il reggiano Guido Guizzi. Nel 1336 N., in qualità di “scriba episcopatus Concordiensis”, è coinvolto, insieme ad altri due colleghi, nella compilazione di un “Liber iurium” per l’episcopato concordiese: tale compito lo impegna fino al settembre del 1343. In seguito collabora attivamente con l’episcopato anche in altre occasioni, redigendo atti per volontà del vescovo Guido o facendo da procuratore in cause che riguardano direttamente l’episcopato. I servizi prestati alla cattedra di S. Stefano vengono ricompensati prima con l’assegnazione del beneficio plebanale di Fossalta e in seguito con un canonicato presso il locale capitolo cattedrale. ... leggi Alla fine del 1346 il notaio osimano affianca il presule concordiese, incaricato di visitare la collegiata di Udine. La sua presenza è giustificata non solo dal rapporto di “familiaritas” instaurato con il Guizzi ma anche dalla sua qualifica professionale: il vescovo gli affida infatti il compito di notificare le dichiarazioni dei canonici e i provvedimenti correttivi da lui voluti. Nel giugno del 1347 N. è incaricato di redigere le ultime volontà del presule ed è nominato tra i suoi esecutori testamentari: riceve in eredità un volume contenente opere di Livio e di Seneca, ulteriore prova del legame affettivo e non solo professionale che si era instaurato tra i due. Alla morte del Guizzi, N., pur continuando a mantenere i rapporti con i più stretti collaboratori del defunto presule, lascia la Destra Tagliamento: i suoi interessi a Concordia, negli anni seguenti, vengono curati, infatti, da procuratori. Gli spostamenti successivi non sono sempre ricostruibili con precisione. Nel 1348 il notaio osimano si trova a Bologna, dove è impegnato in una questione relativa alla chiesa di S. Stefano. Due anni più tardi N. risulta risiedere ad Avignone e viene incaricato dal vescovo di Concordia Pietro di Cluzeau di pagare una rata della sua provvisione alla camera apostolica. A questo periodo si deve far risalire l’inizio della sua collaborazione con il cardinale Bertrando de Deux, del quale, nel 1355, risulta essere scriba. Pur lontano dal Friuli, N. continua a essere un punto di riferimento per i confratelli concordiesi, che spesso ricorrono a lui come procuratore per l’assegnazione di benefici o per altre incombenze presso la curia romana. La sua carriera ecclesiastica prosegue di pari passo a quella professionale: nel 1350 ottiene, infatti, la prepositura di S. Felice di Aquileia e pochi anni più tardi un canonicato presso la collegiata di Cividale. Con l’elezione al soglio pontificio di Innocenzo VI (1359-1362), N. diviene prima “scriptor” e in seguito “secretarius” del pontefice, che lo annovera tra i suoi familiari e gli assegna nuovi benefici canonicali a Ravenna, Treviso e Nicosia. La sua posizione all’interno della curia romana si rafforza ulteriormente durante il papato di Urbano V (1362-1370), che lo nomina suo segretario insieme a Francesco Bruni, nell’ufficio che prima era stato offerto al Petrarca, e lo inserisce all’interno della propria “familia”. Dopo tale nomina rinuncia ai benefici friulani che, ad esclusione della prepositura di S. Felice già lasciata in precedenza a Guido Accarisi, vengono assegnati al nipote Nicolò Federici. Nel dicembre del 1366, N. figura come protonotario apostolico. L’anno seguente accompagna Urbano V nel viaggio verso Roma: la decisione del pontefice di riportare il papato nell’Urbe è pienamente condivisa dal notaio, che, in questa circostanza, è incaricato, insieme al nipote, di organizzare il trasferimento degli archivi. Nel maggio del 1368 N. interviene a favore della comunità osimana affinché riottenga dal pontefice il titolo di città e la cattedra vescovile, di cui è stata privata a causa di una precedente ribellione alla cattedra di Pietro. Qualche mese più tardi N., che risiede a Montefiascone, assiste alla stesura del testamento del cardinale Capocci vescovo di Urgel che già in precedenza l’aveva beneficiato di un canonicato e dell’arcidiaconato della chiesa catalana: a riprova del legame esistente tra i due, N. viene nominato suo esecutore testamentario e commissiona al giovane Coluccio Salutati l’epitaffio da scolpire sulla tomba del cardinale. Nel luglio dell’anno successivo il pontefice acconsente alla sua richiesta di unire il monastero familiare di S. Fiorenzo di Osimo al monastero silvestrino di Montefano. Successivamente N., «accui e commissa omni cura di Munti Cassinu», è chiamato a controllare la riforma dell’abbazia benedettina, voluta da Urbano V. Nel settembre del 1370, il notaio osimano ritorna ad Avignone con il pontefice malato, costretto ad abbandonare l’Urbe per l’insorgere di continui tumulti. Alla sua morte compila la Oratio tempore vacationis Romanae Sedis habita, in cui sollecita i papi a ritornare definitivamente a Roma, lasciando Avignone. Con l’elezione al soglio pontificio di Gregorio XI (1370-1377) la posizione di N. all’interno della curia rimane invariata: i suoi servizi sono ricompensati con il conferimento di un nuovo canonicato a Liegi. Gli impegni avignonesi non gli fanno trascurare però la propria città d’origine: nel 1371, infatti, si occupa di una vertenza di confini tra Osimo, Recanati e Montefano e l’anno successivo favorisce la riduzione delle taglie dovute dagli Osimani al pontefice. Sempre nel 1372 N. è chiamato a farsi intermediatore nel conflitto tra i Carraresi e Venezia. Nel 1373 risulta impegnato, insieme ai cardinali Pierre Flandrin e Guillaume Noëllet e al “miles” Nicolò Spinelli, nell’organizzazione della campagna militare contro i Visconti. Alla fine dell’anno, tornato ad Avignone, ospite della casa del cardinal Noëllet, compila il suo testamento, disponendo lasciti per le chiese di cui era stato canonico, per quelle di Osimo, per i suoi congiunti e i “familiares”. Particolarmente significativi sono i nomi di alcuni suoi esecutori testamentari, come quello del cardinal Anglic de Grimoard, fratello del defunto papa Urbano V, che denotano l’importanza assunta da N. all’interno della curia e la considerazione di cui era oggetto non solo ad Avignone ma anche in molte zone d’Italia. Ripresosi dalla malattia, che l’ha spinto a disporre le sue ultime volontà, N. negli anni successivi è coinvolto nel progetto del definitivo ritorno pontificio a Roma svolgendo diversi incarichi diplomatici in Italia. A questo periodo risalgono le due lettere a lui scritte da Caterina Benincasa, che vede nel segretario del pontefice uno dei più convinti sostenitori della fine della cattività avignonese. Anche N. lascia Avignone al seguito di Gregorio XI e si trasferisce a Roma, probabilmente verso la fine del 1376. Nell’aprile dell’anno successivo concede l’indulgenza plenaria “in articulo mortis” ad alcuni suoi parenti. Muore il 21 luglio del 1377. Il testamento redatto ad Avignone nel novembre del 1373 presenta un elenco parziale dei libri posseduti da N. R. che il protonotario osimano decide di destinare a quegli enti ecclesiastici presso i quali ha detenuto dei benefici o a cui è stato particolarmente legato. Alla chiesa di S. Maria Maggiore di Roma, dove è stato sepolto il cardinal Capocci, lascia due volumi, contenenti gli scritti e le lettere di Girolamo, e un libro da lui composto sull’opera di questo santo, cui risulta particolarmente legato. Per la chiesa di Concordia dispone il lascito di un breviario grande, per quella di Treviso del breviario da lui utilizzato, di un salterio glossato, delle Lettere di Paolo glossate e di un glossario biblico, il Mamotrectus super Bibliam del frate minore Giovanni Marchesini da Reggio Emilia, conservati ad Avignone. Alla chiesa di Nicosia lascia una copia del Catholicon sive Prosodia del frate Predicatore Giovanni Balbi di Genova e un codice contenente quasi tutte le opere di Bernardo di Chiaravalle, e a quella di Urgel un messale. Un altro messale, che necessita però di un restauro, viene donato alla basilica di S. Pietro a Roma. Il lascito numericamente più cospicuo è disposto per il convento dei minori conventuali di Osimo, ai quali N. dona quindici volumi di glossatori della Bibbia (Genesi, Numeri, Deuteronomio, Re, Esdra, Giuditta, Giobbe, i libri di Salomone, Isaia, Daniele e altri dodici Profeti, Vangelo di Marco, Vangelo di Luca, Atti degli Apostoli, Lettere degli Apostoli) e i sermoni sulle Lettere di san Paolo.
ChiudiBibliografia
ADP, Curia Vescovile, pergamene sciolte; ADP, Capitolo della Cattedrale, Codice Bianco; ASTv, Archivio Notarile, Prima Serie, Pietro Brunelleschi, 11, II; ASU, NA, Pietro Dell’Oca, 5123bis/6; BNMV, Manoscritti Latini, cl. IV c. 52 (= Iura Episcopatus Concordiensis et Portusgruariensis).
G.B. CORGNALI, La tomba e il testamento di un vescovo, «Ce fastu?», 3-4 (1936), 229-235; P. PASCHINI, Spigolature concordiesi. Messa novella del sacerdote Pietro Garlato, Vittorio Veneto, Tipografia del Seminario, 1951; MORO, Visitatio, 102, 120; GIANNI, Vescovi e capitolo; SCALON, Produzione, n° 77, 176; M. MORRONI, “Nicolaus de Auximo”. Un Osimano alla corte Avignonese, Osimo, Fondazione “Don Carlo”, 2003.
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