«Il sig. ab. Bartolomeo Sabbionato è uno di quei rari uomini simili al Magliabechi ed al Peireschio [=Nicolas-Claude Fabri de Peiresc], i quali non sentendo la pericolosa ambizione della stampa, contribuiscono colla liberale comunicazione del propri lumj a nutrire l’altrui», cosí Pompilio Pozzetti, recensendo sul «Giornale pisano di letteratura, scienze ed arti» il primo tomo de Della letteratura veneziana del Moschini, tratteggiava efficacemente questa figura pochissimo nota di studioso e bibliofilo, la cui vita sembra improntata al motto epicureo “láthe biôsas” (vivi nascosto: rifiutò infatti sistematicamente ogni profferta di cariche rilevanti e il suo nome non comparve mai su alcun frontespizio). Nato nel 1721, figlio di Domenico, a Motta di Livenza, città dove trascorse gran parte della sua esistenza e dove, adolescente, apprese i fondamenti di retorica e logica rispettivamente dai maestri Francesco Melchiori e Giorgio Bottoglia. Nel 1740 venne chiamato a San Vito al Tagliamento, presso il collegio fondato nel 1726 da Anton Lazzaro Moro (S. gli dedicò un sonetto funebre connotandolo «Te Padre mio, Te mio maestro e Duce»), dove per tre anni insegnò grammatica ricoprendo anche l’ufficio di prefetto, oltre ad approfondire gli studi di teologia e filosofia. Al 1755, anno in cui perse entrambi i genitori, risale la prima di una serie di affiliazioni ad accademie illustri: quella dei Ravvivati di Zara, che lo annoverò col nome di Avvitichiato; seguì poi l’aggregazione ai Ricovrati, cooptato dall’allora presidente Girolamo de Renaldis, e alla nuova Accademia di Udine rifondata, con altri, da Girolamo Fistulario, oltre alla nomina a pastore arcade col nom de plume di Nireo Calabrio. ... leggi Tali riconoscimenti gli derivavano certamente dalla copiosa produzione poetica (al 1747 risalgono i primi versi editi), in gran parte circolata manoscritta e dispersa a stampa in decine di scritti occasionali (per nozze, elogi funebri, omaggi ad autorità), ma anche dalla collaborazione con vari eruditi e compilatori di storie letterarie ai quali generosamente mise a disposizione la propria ricca raccolta di fonti autografe o apografe, come, a titolo di esempio, Giovanni Maria Mazzuchelli per Gli scrittori d’Italia, Girolamo Tiraboschi per la Storia della letteratura italiana, Antonio Evangeli per la (purtroppo autocombusta) Letteraria storia di Cividale, Giovanni Battista Schioppalalba per la In perantiquam sacram tabulam graecam … dissertatio, Gian Giuseppe Liruti per le Notizie de’ letterati del Friuli. Di quest’opera S. risulta precocissimo patrocinatore, spronando l’autore a proseguirla e organizzando, con la collaborazione di Schioppalalba, le operazioni affinché trovasse uno stampatore a Venezia; col Liruti strinse e alimentò una sincera amicizia (nel solo secondo tomo delle Notizie il nome di S. ricorre almeno 24 volte, sovente appellato «stimatissimo amico mio»), lo frequentò a Villafredda e avrebbe dovuto scriverne l’elogio funebre, progetto che poi non ebbe corso. Le scarse note biografiche di S. si ricavano interamente dalla sua numerosa corrispondenza, quasi del tutto inedita (fanno eccezione, oltre ad alcuni stralci, solo una missiva inviata all’abate Giovanni Battista Del Giudice in Lettere inedite d’illustri friulani del secolo XVIII, Udine 1826 e un’altra ad A.L. Moro; ma ne è in corso la pubblicazione sistematica in piú volumi a cura di Angelo Brumana, che sta attendendo anche all’edizione dell’opera poetica) e, come suaccennato, si tratta soprattutto di bartlebiani «I would prefer not to»: nel 1769 rifiutò di succedere a Baldassarre Zamboni nell’incarico di bibliotecario di Tommaso Querini, procuratore di San Marco (anche perché nel frattempo aveva acquisito un redditizio beneficio arcipretale a Fossalta Maggiore, paesino poco distante da Motta), attorno a quegli anni rifiutò ancora un incarico da bibliotecario offertogli dell’arcivescovo di Udine Gian Girolamo Gradenigo, infine, nel 1772 e 1777, declinò l’invito a ricoprire la cattedra di retorica nei seminari di Ceneda e Treviso. Tra i molti corrispondenti noti, limitandoci a quelli di ambito friulano non già citati, segnaliamo Federico Altan, Giuseppe Bini, Giuseppe de Renaldis. Alla morte, sopraggiunta il 19 marzo 1798, parte dell’ingente raccolta di codici appartenuti a S. dovette passare nelle mani dell’amico opitergino Giulio Bernardino Tomitano (1761-1828), bibliofilo di vaglia, che nel 1799 alienò alcuni pezzi (gli attuali codici 187-193 della Biblioteca Arcivescovile di Udine, comprendenti due importanti autografi di Girolamo Aleandro il Vecchio) offrendoli all’arcivescovo udinese Pietro Antonio Zorzi.
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