Liruti ne colloca la nascita intorno al 1570, ritenendolo figlio di Gian Domenico Salomoni (1544-1600 circa), cancelliere della città di Udine, retore e letterato, e di una sorella di Fabio della Forza, giureconsulto e poeta udinese. Ottenuta la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova, S. esercitò l’attività forense per breve tempo, trascurandola e poi definitivamente abbandonandola allorché la cospicua eredità paterna gli consentì di dedicarsi unicamente alla poesia. Ben presto acquistò fama e strinse amicizie negli ambienti letterari: tra i corregionali furono suoi ammiratori Erasmo di Valvasone, Giovanni di Strassoldo, Liberale Mottense, Francesco di Cucagna, Vincenzo Giusti, Arrigo Palladio, Faustino Moisesso, Alfonso Antonini, Andrea Sasso e Ciro di Pers; quest’ultimo gli dedicò un sonetto elogiandone lo «spirto gentile e peregrino» e invocando il suo «plettro almo e divino» a rimedio alle proprie ambasce. In ambito nazionale, riscosse l’apprezzamento, tra gli altri, di Ercole Doglioni, Giorgio Contarini, Paolino Fiamma, Rodolfo Campeggi e Giambattista Marino. Figura eminente della società letteraria udinese, fu tra i fondatori dell’Accademia degli Sventati, sorta a Udine il 13 agosto 1606, in seno alla quale assunse il nome di “Vano”, l’impresa della “rete” e il motto petrarchesco «accolgo l’aura»; vi recitò numerose e acclamate orazioni. ... leggi Compose anche in lingua latina: un poemetto Ad serenissimum ac potentissimum Sigismundum Sarmatiae ac Suetiae Regem stampato in Udine nel 1602, e due esametri dedicati ai luogotenenti Nicolò e Alvise Foscarini, pubblicati in raccolte encomiastiche l’uno nel 1602, l’altro nel 1603. La sua prima opera in volgare, stampata in Udine presso il Lorio, fu il Proteo. Panegirico sopra il mirabil legno della serenissima Republica di Venezia detto Galeone; se ne conserva un esemplare all’Università di Yale. Nel 1615 vide la luce presso lo stesso editore l’edizione princeps Delle rime di Gioseppe Salomoni academico sventato detto il Vano che, ristampata in Venezia dal Ciotti nel 1620, costituì la prima parte dell’edizione completa del 1626; nel 1647 se ne ebbe una riproduzione bolognese. Non è certo che a quella data S. fosse ancora vivo; Liruti lo ritiene probabile. Presso il Lorio furono pubblicati anche i Sonetti in lode del sig. Lorenzo Giustiniani, provveditore in campo nel Friuli (1618), Astrea. Idillio primo nella venuta alla Patria del Friuli dell’illustrissimo signor Giovanni Basadonna (1618), Santo Alberto Carmelita. Idillio sacro (1620), In morte della illustrissima signora contessa Lucina Marchesi Torriana (1622), Al signor Ippolito Valvasone di Maniago, pel suo ritorno alla Patria, eletto capitano delli nobili signori castellani (1625). Anche la canzone Sopra la singolare amicizia degl’illustrissimi signori Nicolò Barbarigo e Marco Trivisano risulta essere stata stampata singolarmente; altri suoi componimenti comparvero in raccolte collettanee, quale Il sacro museo poetico di Celso Rosini (1621). Le Rime raccolgono liriche metricamente e contenutisticamente assai varie: sonetti amorosi e panegirici, idilli ed epitalami, palinodie e canzoni, ma la fortuna critica del S. fu condizionata dall’irrisione di un unico verso di un suo sonetto da parte di Salvator Rosa. Nella satira La poesia, Rosa lamenta che si giunga a «le alme nostre trattar bestie da selle», riferendosi al sonetto Stato umano in cui S. sviluppa una serie metaforica nella quale, paragonato l’uomo a un cavallo ammaestrato e condotto da Dio, auspica che alla fine della corsa gli siano premio «biada d’eternità, stalla di stelle». Va notato che dal contesto risulta evidente che il biasimo di Rosa è di natura moralistica assai più che estetica; nondimeno molte storie letterarie liquidano S. come campione del più cattivo gusto barocco per quell’unico verso, spesso appaiandolo a quello famigerato dell’Achillini «sudate o fochi a preparar metalli» stigmatizzato dal Manzoni. S. in realtà è un lirico pregevole, le cui qualità sono riconosciute dai critici più avvertiti, da Croce e Getto sino ad Asor Rosa e Barberi Squarotti. Di quest’ultimo è il giudizio più equilibrato sulla poetica di S.: introducendo l’edizione delle Rime curata da Catia Giovannini, egli riconosce al nostro poeta, tra altri meriti, un peculiare «acume metapoetico» che ne fa un «non minore punto di riferimento» nell’ambito della riconsiderazione e rivalutazione critica della poesia barocca.
ChiudiBibliografia
G. SALOMONI, Ad serenissimum […] Sigismundum Sarmatiae ac Suetiae Regem, Udine, Natolini, 1602; ID., Proteo. Panegirico sopra […] Galeone, Udine, Lorio, 1615; ID., Rime di Gioseppe Salomoni academico sventato detto il Vano, Venezia, Ciotti, 1620 (= Venezia, Ciotti, 16472; Bologna, Dozza, 1620); ID., Sonetti in lode del sig. Lorenzo Giustiniani […], Udine, Lorio, 1618; ID., Astrea. Idillio primo nella venuta alla Patria del Friuli dell’illustrissimo signor Giovanni Basadonna, Udine, Lorio, 1618; ID., Al signor Ippolito Valvasone […] delli nobili signori castellani, Udine, Lorio, 1625; ID., [altri componimenti in] Il sacro museo poetico, a cura di C. ROSINI, Venezia, Deuchino, 1621.
LIRUTI, Notizie delle vite, IV, 124-126; B. CROCE, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari, Laterza, 1924, 307; G. GETTO, Barocco in prosa e in poesia, Milano, Rizzoli, 1969, 299; A. ASOR ROSA, La lirica del Seicento, Bari, Laterza, 72; S. TAVANO, L’opera poetica di Giuseppe Salomoni, t.l., Università degli studi di Trieste, a.a. 1978-1979; G. BÁRBERI SQUAROTTI, Introduzione a G. SALOMONI, Rime, a cura di C. GIOVANNINI, Torino, Res, 1996, V-XXIV.
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