Nacque a Gorizia il 22 gennaio 1801, da Francesco Giuseppe e Orsola Cossutta. Frequentata la scuola primaria a Gorizia, si trasferì al Liceo di Lubiana per poi rientrare a Gorizia, dove pareva avviato alla carriera ecclesiastica. Nel liceo frequentò, nel primo trimestre dell’anno 1818-1819, le prelezioni di filosofia di don Antonio Peteani. Pareva una scelta definitiva: nell’autunno del 1820 si era trasferito a Vienna per seguire il corso di filosofia. Fu un periodo di sofferenza e di ricerca, cui si aggiunse il dolore per la morte della madre. Di fronte alla contrarietà del padre, il giovane S. si rimise al suo volere e si iscrisse, nel 1822, alla Facoltà di giurisprudenza a Padova. Da quel momento la sua vita prese un’altra strada; il 6 settembre 1827 conseguì la laurea in giurisprudenza – relatore fu il friulano Giovanni Giuseppe Cappellari, professore di diritto canonico, per due volte rettore dell’Università di Padova – e si avviò ad una carriera nella magistratura. Nella primavera del 1828 ottenne un posto di uditore al tribunale di Venezia. Nel 1833 superò gli esami per entrare definitivamente in magistratura come giudice. A Venezia rimase fino al 1837, quando venne assunto al tribunale di Gorizia come protocollista; dal 1842 ricoprì la carica di consigliere. A Venezia il 12 marzo 1838 aveva sposato Maria Burri. Gli anni di università a Padova (e il soggiorno veneziano) gli permisero di entrare in contatto con numerosi intellettuali italiani, mentre il soggiorno viennese gli aveva propiziato il contatto con Friedrich Schlegel e diversi poeti contemporanei, tra i quali apprezzò soprattutto Zacharias Werner. ... leggi Ancora ai tempi del liceo a Lubiana, S. aveva incontrato Matthias Čop, grande erudito, dal quale conobbe la letteratura slovena e le letterature dell’Europa orientale. S. lo considerò un grande mediatore tra Est e Ovest e su quella stessa linea operò pure lui per i rapporti Nord-Sud. Da romantico, sentì fortemente la necessità di conoscere e far conoscere le letterature nazionali e di ricercare un linguaggio adatto ad esprimere il senso di appartenenza ad una nazione. Il suo interesse per la poesia fu vasto. Iniziò con versi d’occasione e religiosi (anni 1815-1816), ma ben presto il tema delle sue composizioni poetiche fu la riflessione esistenziale. Negli anni del liceo tradusse in tedesco diversi sonetti di Petrarca e poesie di Pieraccio Tedaldi, Vanni Fucci, Guido Guinizzelli, Francesco d’Assisi, Buonaggiunta Orbicciani, Pier delle Vigne, Guido d’Arezzo. La sua produzione poetica quasi si esaurì negli anni del liceo e nei primi anni di università, anche se l’interesse rimase vivo e costante. Nella maturità riprese alcune poesie giovanili, modificandole o semplicemente per operare una riflessione letteraria più consapevole. In lui rimase costante un interesse verso la traduzione poetica. Da romantico, affrontò lo studio di Dante e riconobbe la necessità di tradurre i poeti stranieri, quelli che, in sintonia con i canoni della poesia romantica, avevano affrontato nelle loro opere aspetti naturali, tradizioni popolari, che parlano dei sentimenti, dell’ispirazione e dell’entusiasmo, recuperando le tradizioni peculiari dei singoli Paesi. In questo ruolo, assumono importanza straordinaria le traduzioni che permettono di conoscere le letterature straniere. Traduzioni, opere storiche, poesie, trattati che continuò a produrre rimasero patrimonio di pochi amici e non videro la pubblicazione. S. fu attento alle vicende letterarie italiane; ammirò Foscolo (lo sentì particolarmente affine per quel suo compito di far conoscere le altre letterature con le traduzioni e per il sentimento verso la patria, tema ripreso anche nel sonetto Valvasor, del 1818, come già aveva fatto nel 1817 con la ballata Arnold von Winkelried). Si interessò di storia, e in particolare di storia patria. Membro della Società agraria, che si era impegnata a divulgare la storia della contea, con un ristretto gruppo di amici come l’avvocato Paolo Prividali, Giuseppe Domenico Della Bona, Carlo Doliac, Francesco di Manzano, con i quali condivideva questo interesse, aveva formato una commissione per la promozione degli studi di storia locale. Fin da giovanissimo era sofferente di una forma di epatite che, insieme con febbri reumatiche, avrebbe segnato la sua intera esistenza. S. si spense a Gorizia il 17 settembre 1847, lasciando un patrimonio enorme di conoscenza da divulgare e il ricordo di una ricca, toccante spiritualità. Le sue opere, manoscritte, sono conservate all’Archivio storico provinciale di Gorizia. La più poderosa è senz’altro il diario (otto volumi che coprono gli anni 1833-1847 per più di quattromila pagine, che permettono di ripercorrere gran parte della sua vita, ma soprattutto danno il tenore dei suoi interessi filologici, letterari, storici, filosofici, etnologici). La Gorizia della prima metà dell’Ottocento emerge abbastanza chiaramente: la presenza dei Borboni in esilio, la nobiltà locale, gli affari, gli interessi, le vicende giudiziarie, le presenze importanti. Riporta notizie e commenta il dibattito letterario italiano e internazionale, il crescente interesse per le letterature nazionali e le resistenze di una parte della cultura legata all’illuminismo settecentesco. Si legge anche l’affermazione di una nuova classe borghese in Austria, a scapito, almeno nel Goriziano, di una nobiltà non più all’altezza dei secoli passati. La vastità degli interessi culturali è chiaramente individuabile dai titoli delle altre opere che di lui si conservano: Elementa linguae Arabicae (1819); Hermeneutica biblica generalis, Chiese episcopali, Introductio in libros sacros veteris foederis. Praeliminaria; Parallelismus sancti Jesu Christi evangelii tetrabiblici (1821); Historia Domus Habsburgo tradita a Petro lib. bar. a Codelli; Versione italiana della storia dell’impero austriaco di Wikosch; Cronaca Goriziana fino all’anno 1840 e uno scritto sul castello e sul suo borgo (1844). Nell’Archivio storico provinciale è pure conservata la vasta corrispondenza epistolare sia di Francesco Leopoldo S. che del padre Francesco Giuseppe.
ChiudiBibliografia
Mss ASPG, Miscellanea, 224/1832-1847, F. L. Savio, Tagebuch, I-VIII; ibid., 232, F. L. Savio, Poesie; ibid., 233, F. X. Zimmermann, Preparazione per la pubblicazione delle poesie e degli scritti del Savio che contiene anche diverse traduzioni poetiche. Zimmermann aveva operato, in vista di una pubblicazione, una scelta di ottantasette tra poesie e traduzioni, che comprendono un arco di tempo che va dal 1814 al 1824; ibid., 231, Corrispondenza di Francesco Giuseppe Savio e Francesco Leopoldo Savio.
E. TURUS, La scoperta di un grande ingegno goriziano, «Forum Iulii», 2 (1912), 75-78; F. X. ZIMMERMANN, Über die Görzer Landräte: Dr. Franz Savio und Dr. Franz Leopold Savio, aus Alessandro de Claricini’s und Savio’s Nachlass bearbeitet und mit Beiträgen zur Geschichte des Görzer Gymnasiums versehen von F. X. Z., Separatdruck der im 62. Jahresberichte des Staatsgymnasiums in Görz erschienenen Abhandlung, 1912; ID., Görz, Klagenfurt, Druck und Verlag Johann Leon sen., 1918; E. KOŠUTA, L’epistolario e il diario di Francesco Leopoldo Savio (1801-1847). Giudizi di un intellettuale Goriziano del primo Ottocento sulla tradizione classica e sul movimento romantico nella letteratura italiana, t.l., Università degli studi di Trieste, a.a. 1979-1980; M. PIRJAVEC, Echi del romanticismo italiano nel carteggio Savio-Čop, in Trubar Kosovel e altri saggi sulla letteratura slovena, Trieste, Editoriale Stampa Triestina, 1989, 41-50; H. KITZMÜLLER, Osservazioni sulla produzione letteraria in lingua tedesca a Gorizia, «Studi Goriziani», 68 (1988), 35-50; F. GATTI, Franz Xaver Zimmermann (1876-1959). Ricerche e studi sulla letteratura in lingua tedesca nel Litorale, t.l., Università degli studi di Udine, a.a. 1990-1991; Görz 1500-1915. Ein vergessenes Kapitel altösterreichischer Dichtung. Catalogo della mostra (Vienna, 3 maggio-10 giugno 1995), a cura di H. KITZMÜLLER, Klagenfurt, Verlag Carinthia, 1995; M. IANEZIC, Francesco Leopoldo Savio: pensieri di un intellettuale di confine sulla questione della lingua in Italia nel primo ottocento, «Studi Goriziani», 83 (1996), 61-78.
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