SELLI RAIMONDO

SELLI RAIMONDO (1916 - 1983)

geologo, docente universitario

Immagine del soggetto

Il geologo Raimondo Selli.

Nacque a Bologna il 30 settembre del 1916. L’anno successivo morì il padre e S. fu cresciuto dalla madre Rosa e dal nonno paterno, Agostino. Schivo di carattere e un po’ introverso, fin da giovane manifestò un grande interesse per le scienze. Dotato di una grande intelligenza e di uno spiccato spirito di osservazione, iniziò ad appassionarsi alle discipline naturalistiche e, ancora studente liceale, frequentava l’Istituto di geologia e paleontologia di Bologna e il Museo Capellini, dove conobbe Michele Gortani, che lo indirizzò verso gli studi geologici. Iscrittosi al corso di laurea in scienze naturali a Bologna, nel 1938, ancora studente, pubblicò il suo primo lavoro scientifico su alcuni fossili triassici dei dintorni di Trento. Laureatosi nel 1940, Gortani lo volle come assistente alla cattedra a Bologna; ottenuta la libera docenza, nel 1954 vinse il concorso per la cattedra di geologia all’Università di Napoli e nel 1956 venne chiamato a Bologna alla cattedra di geologia che era stata del suo maestro. Diresse dal 1955 al 1969 l’Istituto di geologia e paleontologia, del quale, agli inizi degli anni Sessanta, promosse e organizzò la realizzazione della nuova sede dotandola di tutti i laboratori necessari a soddisfare le esigenze didattiche e scientifiche di un moderno istituto di ricerca. S’impegnò anche nella riorganizzazione del Museo Capellini annesso all’Istituto e delle sue ricche collezioni geologiche, e nel rilancio dell’Istituto italiano di speleologia. Promosse a Bologna la creazione del primo Laboratorio di geologia marina del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), successivamente trasformato in Istituto di geologia marina, che diresse dal 1968 al 1976. Morì a Bologna il 3 ottobre del 1983. I suoi interessi scientifici spaziarono in diversi campi delle scienze geologiche, sia nella ricerca sia nell’applicazione. ... leggi In oltre quaranta anni di attività produsse circa centoquaranta pubblicazioni sulla stratigrafia e sulla struttura delle Alpi orientali e dell’Appennino, di cui studiò anche alcune faune fossili, sulla geologia del Quaternario, sulla geologia marina e sulla geologia applicata. Nel 1964 pubblicò anche un lavoro sulla frana del Vaiont. La sua opera come ricercatore e come docente portò l’Istituto di Bologna tra i primi in Europa, proseguendo nell’attività iniziata da Capellini e da Gortani. S. diede un contributo fondamentale alla conoscenza geologica del Friuli; già nelle estati del 1940 e 1941 intraprese una serie di campagne di rilevamento nel Tarvisiano e nell’alto Isonzo, che diedero importanti risultati specialmente per quanto riguarda l’evoluzione strutturale delle Alpi Giulie e i loro rapporti con le Dinaridi, che proprio in quest’area hanno il loro punto di cerniera; studi che vennero sintetizzati nella pubblicazione La geologia dell’alto bacino dell’Isonzo (1953). Dopo il suo insediamento alla cattedra di Bologna, coordinò e diresse numerose campagne di rilevamento nell’area alpina della regione, elaborando un’ingente quantità di dati che sintetizzò nell’articolo Schema geologico delle Alpi Carniche e Giulie occidentali (1963), che può essere considerato la prima sintesi geologica moderna di questo territorio. Oltre a fornirne un quadro stratigrafico aggiornato e moderno, ne analizzò la struttura geologica ricostruendone l’evoluzione. Vennero riconosciute quattro aree tettoniche principali: la Catena Carnica, le Alpi Carniche, le Alpi Giulie e le Prealpi, ognuna delle quali caratterizzata da un’evoluzione strutturale diversa. La parte più importante dell’opera è quella che riguarda la Catena Carnica, situata al confine con l’Austria, nella quale affiorano prevalentemente le serie paleozoiche. L’interpretazione dell’evoluzione tettonica dell’area portò a una corretta distinzione tra le deformazioni erciniche (legate alla formazione nel Carbonifero della Catena Paleocarnica) e quelle alpine. La ricostruzione della serie carbonifera, con l’istituzione di due nuove unità – la formazione dell’Hochwipfel e la formazione del Dimon, che vennero datate per la prima volta –, e la corretta interpretazione delle unità del ciclo sedimentario del Permo-Carbonifero Pontebbano gettarono le basi per i successivi studi, che avrebbero portato nel giro di un ventennio alla definizione di una delle serie carbonifere più importanti d’Europa. Già nello stesso anno, S. aveva pubblicato la Carta geologica del Permo-Carbonifero Pontebbano (1963), ma le relative note illustrative non videro mai la stampa; il suo lavoro venne ripreso e portato a termine dai suoi allievi.

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Bibliografia

R. SELLI, La geologia dell’alto bacino dell’Isonzo, «Giornale di Geologia», s. II, 19 (1953); ID., Carta geologica del Permo-Carbonifero Pontebbano, Firenze, Litografia artistica cartografica, 1963; ID., Schema geologico delle Alpi Carniche e Giulie occidentali, «Giornale di Geologia», s. II, 30 (1963).

EMFVG, Aggiornamenti, 1, 1984, 83-90; G.B. VAI, Raimondo Selli, «Memorie Soc. Geol. It.», 27 (1984), 5-15; E. CERETTI - M. CIABATTI, Raimondo Selli, «Giornale di Geologia», s. III/1-2, 47 (1986), 7-13.

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