Nacque a Prato Carnico il 22 settembre 1900 da Antonio, artigiano orologiaio nella storica ditta di famiglia operante a Pesariis fin dal Settecento, e da Regina Cappellari. Nonostante fosse l’ultimo di cinque fratelli e tre sorelle, rimasti orfani di padre nel 1912, S. poté proseguire gli studi. Si diplomò geometra nel 1919 anche grazie all’aiuto del fratello maggiore Remigio, tecnico specializzato presso il Pirotecnico militare di Bologna, che alla fine della guerra aveva, insieme con fratelli e cugini, rilanciato la produzione di orologi. Dopo aver prestato servizio militare come sottotenente degli Alpini, fu prima impiegato di banca a Moggio Udinese e poi, dal 1924 al 1929, fu a Roma come capo di un cantiere con oltre duecento dipendenti, attività per la quale si dimostrò particolarmente portato; ciò lo convinse a proseguire gli studi e a conseguire nel 1926 il diploma di ingegnere edile presso l’Istituto tecnico superiore di Friburgo. Nel 1929 decise di fondare una propria impresa che, ottenuti i primi appalti dal genio militare di Udine e raggiunto un buon livello sia sul piano tecnico che organizzativo, fu in grado di eseguire importanti lavori anche all’estero, in particolare in Somalia, dove S. si trasferì personalmente dal 1935 al 1937, provvedendo tra l’altro all’ampliamento dell’ospedale di Mogadiscio. Nel volgere di pochi anni, dunque, S. seppe costruirsi una discreta fortuna economica, parte della quale fu investita nel 1937 in un’azienda agricola in Clauiano, cui diede subito un impianto moderno. Rientrato in Italia, prese progressivamente le distanze dal regime fascista, al punto che, dopo l’entrata in guerra, decise non solo di non accettare più le ricche commesse per la costruzione di opere militari, ma di agire prendendo parte attiva alla lotta clandestina. ... leggi Insieme con Ferruccio Parri, Ugo La Malfa, Ivanoe Bonomi e altri, fu tra i fondatori del Partito d’azione, partecipando anche al dibattito teorico e politico del tempo, con un saggio dal titolo Per una democrazia socializzata, frutto, tra l’altro, dei suoi studi sulla distribuzione della ricchezza, con i quali aveva conseguito la laurea in economia e commercio all’Università di Roma nel 1943. Quello stesso anno lasciò il Friuli, dove, dopo aver sposato Bianca Marini, aveva fondato la prima formazione partigiana di Giustizia e libertà sulle Prealpi Giulie. Fu prima a Venezia e poi a Milano presso il comando del corpo Volontari della libertà, organo di cui fu vicecomandante dall’arresto di Ferruccio Parri fino alla Liberazione. Alla fine della guerra entrò a far parte della Consulta nazionale e, sciolto il Partito d’azione, aderì al Partito socialista, di cui fu membro del Comitato centrale. Pur dando seguito al suo impegno politico, anche come consigliere provinciale a Udine (1951-1956), a partire dal 1947 decise di dedicarsi all’attività industriale, puntando sulle grandi e riconosciute capacità tecniche del fratello Remigio, inventore dei celebri orologi a paletta, nella progettazione e realizzazione di prodotti innovativi. La vecchia ditta Solari si era sciolta alla fine degli anni Trenta per incomprensioni tra i soci, e S., abbandonato per sempre il settore edile, divenne il maggiore azionista della Solari R. & C. di Udine. Nella nuova società, oltre a S., che prese a occuparsi della gestione (produzione e marketing), la figura cardine fu, appunto, il fratello Remigio. All’inventiva di quest’ultimo, infatti, si devono i diversi modelli di orologi di controllo (a trinciatura, a timbratura manuale, automatica ed elettrica) con i quali si arrivò a coprire oltre il 60 per cento del mercato italiano, come pure i famosi orologi (con le due mezze palette verticali) a “scatto di cifre” e a “calendario”, che, perfezionati nell’estetica e nella grafica, fecero il giro del mondo (il modello Cifra 3 è esposto al Museum of Modern Art di New York), cui seguirono i teleindicatori per le stazioni ferroviarie e gli aeroporti. Con la morte di Remigio, avvenuta nel 1957, venne a mancare chi «potesse risolvere i problemi innovativi». Ciò nonostante l’azienda, trasformata in società per azioni, continuò a prosperare sotto la guida di S., che nel 1960 istituì a sue spese un azionariato popolare, distribuendo azioni privilegiate tra gli operai in proporzione all’attività di servizio. Nel 1958 fu pure eletto senatore della Repubblica e, nei cinque anni trascorsi a palazzo Madama, svolse un’intensa attività parlamentare con numerosi interventi e discorsi in materia di lavori pubblici, trasporti, telecomunicazioni e soprattutto sulla questione relativa all’istituzione della regione Friuli Venezia Giulia, proponendo i temi del «decentramento economico e dell’autonomia territoriale». Nel 1963 gli venne conferito il titolo di cavaliere di gran croce «per eccezionali benemerenze patriottiche, sociali, politiche ed industriali». Lasciata la vita politica istituzionale, nel 1964 decise anche di cedere la Solari, che ormai contava circa trecentocinquanta dipendenti, una cinquantina di agenti per l’Italia e una trentina di concessionari per l’estero, al gruppo Pirelli. Ne mantenne tuttavia la presidenza fino al 1974, anno in cui si dimise «per dissenso sostanziale con la conduzione aziendale». Negli ultimi anni di vita continuò a occuparsi di politica, prendendo parte, anche attraverso la stampa, a numerosi dibattiti e pubblicando nel 1979 L’armonia discutibile della Resistenza, un libro in cui non solo traccia un bilancio di quell’esperienza, ma chiarisce la sua idea di democrazia. Morì a Udine il 25 giugno 1988.
ChiudiBibliografia
Fermo Solari. Dirigente della resistenza, uomo politico, industriale friulano, a cura di M. TOSONI, Udine, Edizioni di In Uaite, 1988, al cui interno sono pubblicati alcuni saggi autobiografici di Solari; N. DEL BIANCO, Fermo Solari, Pordenone, Studio Tesi, 1991 (va puntualizzato che, come emerge da una lettera di precisazioni pubblicata dalla moglie Bianca Marini ne «Il Gazzettino» del 28 aprile 1992, il libro presenta non poche inesattezze).
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