R., della casa di Spilimbergo e Zuccola del ramo di sotto o d’Enrico detto dei Lepidi o di Solimbergo, nacque a Spilimbergo attorno al 1480 da Ercole e da Susanna di Valvasone ed era fratello dell’erudito Adriano. Il 22 o 23 dicembre 1511 i due fratelli ottennero dal luogotenente veneto di Udine l’investitura feudale dei castelli di Spilimbergo, Sequals, Solimbergo e Trusso con i villaggi ad essi soggetti, succedendo al padre appena defunto. R. nel 1528 sposò la cugina Giulia figlia di Niccolò di Spilimbergo, dalla quale ebbe quattro figli: Ercole, Decio, Bartolomeo detto Tolomeo e Anna Carolina. Il conte fece costruire una chiesa dedicata a S. Girolamo «in ghiaia del Tagliamento», cioè la fece edificare con i ciottoli raccolti nel letto del fiume. È ricordato soprattutto per aver scritto un testo molto interessante e curioso: Cronaca de’ suoi tempi dal 1499 al 1540, del quale Vincenzo Joppi curò la pubblicazione nel 1884. Si tratta di un manoscritto cartaceo di diciannove carte, in sei fascicoli e con numerazione originale da ottantuno a duecento, in gran parte autografo del conte R. e con altre mani coeve o di poco posteriori. Il manoscritto è conservato nell’archivio privato della famiglia, già del conte Walframo di Spilimbergo. In realtà nonostante il titolo, la Cronaca comprende fatti per un arco temporale che va dal primo gennaio 1495 al 5 ottobre 1540 e, almeno dal 1520, il cronista descrisse accadimenti da lui personalmente conosciuti. Nell’opera sono annotati fatti di diversa entità e suggestione: momenti importanti della storia europea e italiana, ma anche vicende della vita quotidiana che si svolgeva a Spilimbergo e nei comuni limitrofi; eventi prodigiosi della natura, epidemie di peste e carestie, ma venivano segnalati anche i prezzi di generi di consumo e aggiunte alcune riflessioni personali. ... leggi Così R. racconta che il 3 marzo del 1511 «il castello di Spilimbergo fu brusato per il favor de Antonio Savorgnan e da una parte de quelli del popolo di Spilimbergo con tutti quasi li villani. E in quest’anno de Septembre Messer Zuan Indrigo, entrò cum Francesi in Spilimbergo». Il 14 agosto 1531 «apparse una cometa […] la qual era fissa sopra Medun, cum gran splendor, grossa in lo capo, nel qual era più luce che in lo resto. La coda guardava verso oriente e durò ore tre e andò a monte la stessa e si disfece il splendor […]». Molto dettagliato il racconto sul soggiorno di Carlo V a Spilimbergo nell’ottobre del 1532: «L’imperador vedendo la fuga del Turco, si deliberò ritornar in Italia, viense con 40 mille bocche che mangiava pane e richiese il passo alla Signoria di Venetia […] zonse il venere adì 25 octobre a hore 23 e alozò de cavalli 1000 in più in Spilimbergo […] In domenica l’imperador fece all’altare grande subito al dito Messa […] fece cavalieri tre putti di questa casa […] Bartolomeo (figlio di Roberto) aveva mesi sei e zorni 27: fu vestito di un saione fatto aposta di raso carmisino […] Adrian suo barba [zio], lo appresentò all’imperator quando fu fatto cavalliero il putto piagnea […] Lo imperador era di persona non grande né piccolo, non scarno né magro, bello de lo labbro di sopra in suso perché il labbro de sotto cum le mascelle de sotto sporgea in suso e sempre tenea la bocca aperta […]». Nel 1533 R. scrisse che: «la peste comenzò in Spilimbergo, la settimana dell’ulivo in casa de messer Massimo de’ signori consorti de Spilimbergo, che si ammalò il suo putto cavaliero […]». Alcune notizie gli arrivavano direttamente dal fratello Adriano che abitava a Venezia, R. infatti nel 1534 annotò: «il re Enrico d’Inghilterra se scoperse contra la Ecclesia romana per lettere oggi 12 marzo ricevute da Adrian mio fratello, qual habita in Venetia così dice: Tu debbi saper che il re d’Inghilterra ha levata tutta l’obedentia al papa e lo ha predicato per eretico per tutto el regno e lui si ha facto Patriarca dell’isola al modo antico de Hebrei, idem rex sacerdos. Se dice che il re di Francia vacilla anchora contra il papa». Il 22 agosto 1535 R. scriveva che: «La Signoria di Venetia dà repulsa alli ambassiatori della Comunità de Udene che pretendevano che li Castellani non possi iudicar in li suoi castelli e territori alcun delicto né civil né criminal se non mostrassino i suoi privilegi quo iure […] e la Signoria rispose che volea mantener le sue iurisdictioni ai ditti Castellani». L’ultima notizia riportata nella Cronaca è questa: «1540 adì de 5 octobre le cicale cantavano per il caldo, che non piovette dal 1539 fin al presente zorni 15 e li sorghi si raccoglievano in due tempi perché una gamba buttava 4 e 5 pannocchie, cosa nova a noi». R. terminò la sua opera con alcune massime e alcuni precetti sulla vita quotidiana. Con la sua scrittura partecipe e minuziosa e con il suo intelletto brillante e vivace, ha consegnato un testo molto interessante e curioso sulla vita in Friuli nel Cinquecento e non solo, una miniera di notizie cui attingere per comprendere meglio quel tempo. R. di S. morì nell’ottobre del 1541 e verosimilmente le sue spoglie riposano nella tomba di famiglia nel duomo della cittadina pedemontana.
ChiudiBibliografia
ASU, Fondo famiglia Spilimbergo di sopra, 91, Nobiles de Spilimbergo ministeriales ecclesiae Aquileiensis, qui dicuntur pincerne, canipari et habent custodie canipam cum pertinentiis et cetera; Archivio parrocchiale di Spilimbergo, Cartolare II/B, 29, 38, 40; ASU, NA, 5578; ASV, Archivio Spilimbergo-Spanio, Gian Paolo Da Ponte, Memorial C; ms BCU, Joppi, 452 (6).
F.C. CARRERI, Spilimbergica. Illustrazioni dei Signori e dei Domini della casa di Spilimbergo, Udine, Del Bianco, 1900, 20-22; T. LINZI, Un curioso documento della vita in Friuli nel Cinquecento, «La Panarie», 16 (1940), 122-123; C. SCALON, La biblioteca di Adriano di Spilimbergo, Spilimbergo, Comune di Spilimbergo, 1988, 17; U. ROZZO, Biblioteche italiane del Cinquecento tra Riforma e Controriforma, Udine, AGF, 1994, 71; Roberto di Spilimbergo, in Gentilhomeni, 184-187.
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