Nacque il 2 dicembre 1942 e morì il 1° giugno 2002. Laureatasi a Padova nel 1972, passò dall’insegnamento nella scuola alla carriera universitaria, che si sviluppò fra Padova (1973-1985) e Udine (1985-2002). In quel trentennio, oltre al serio impegno didattico – coronato dal contributo dato alla nascita a Udine della Facoltà di scienze della formazione e della Scuola di specializzazione per insegnanti, ma svolto anche fuori dall’Ateneo –, S. si dedicò alla ricerca sulla storia del Friuli. Le sue indagini, dall’ampio respiro e dalle intuizioni profonde, spaziarono fra medioevo ed età contemporanea, ma privilegiando l’età moderna, e fra storia politicoamministrativa, socio-economica, culturale, ecclesiastica e religiosa. Nel 2006 fu riunita in volume l’intera sua produzione storiografica, trascurando alcune recensioni. S. descrisse la sua come una ricerca «[…] intenzionalmente dedicata allo studio del territorio, secondo alcune linee tematiche preferenziali: a) quella che attiene alla coesistenza, entro i confini del Friuli veneto, tra le entità di carattere feudale e quelle di tipo urbano e rurale, ed è linea che conduce inevitabilmente al problema di Udine e della sua contrastata assunzione del ruolo di centro politico-amministrativo rispetto al territorio segnato dalle giurisdizioni signorili; b) quella che, all’interno dello stesso tema, costituisce il risvolto culturale e l’apporto ideologico; c) la linea, infine, che conduce in modo più mirato all’interno degli insediamenti minori, a carattere prevalentemente rurale o di tipologia piuttosto cittadina – è il caso di centri come Spilimbergo o Maniago – e consente di cogliere nel vivo le articolazioni socio-economiche, le stratificazioni e la mobilità della società per ceti, con le incrinature che produce nella compagine feudale». S. sviluppò i temi dei punti (a) e (b) sia nelle loro configurazioni e contrapposizioni istituzionali, sia nelle loro espressioni culturali, da quelle più tecnicamente giuridiche a quelle più ampiamente letterarie e d’occasione. ... leggi Il primo saggio, Giureconsulti friulani tra giurisdizionalismo veneziano e tradizione feudale (1976), aprì la strada a ricerche successive, sue ed altrui, su numerosi temi: l’apporto dei giuristi friulani al giurisdizionalismo veneziano; l’ambiente cittadino dei saperi giuridici in cui essi si formarono; gli agganci con la realtà degli studi veneziana e padovana; le opportunità di carriera nell’amministrazione dello Stato; anche l’affermazione sociale di una nuova élite emersa grazie all’esercizio delle professioni legali e il suo stretto legame con le istituzioni municipali. Da qui si sviluppò la sua analisi dei rapporti mobili tra corpi rappresentativi della patria – parlamento, contadinanza, città di Udine – nella gestione amministrativa del territorio, ma pure l’indagine sui linguaggi culturali con cui essi si espressero, soprattutto le forme di costruzione di una ideologia nobiliare cittadina in contrapposizione a quella della feudalità, a opera specificamente di Romanello Manin e di Francesco Beretta. Del feudatario e umanista Iacopo da Porcia, figura ben diversa anche per epoca e cultura, sfruttò l’epistolario per tracciarne un profilo a tutto tondo. Quanto al punto (c), le sue indagini sulle comunità friulane – Maniago, Spilimbergo, Carpeneto e Orgnano, Chiavris, Remanzacco, le “ville” d’Asio, Ampezzo, Santa Maria la Longa – danno conto di un’ampia gamma di situazioni, stabilendo correlazioni tra fattori geografici, economici, sociali, demografici, politici e giurisdizionali, ecclesiastici e religiosi, culturali. Spicca l’interesse verso temi della storia sociale e demografica in senso lato, specialmente i fenomeni migratori e la mobilità sociale, come pure un approccio prosopografico che sfocia nella ricostruzione delle famiglie: l’impiego sempre più sistematico della fonte notarile evidenzia in tutta la loro complessità comportamenti e scelte, con un’attenzione particolare alle vicende successorie, e consente una penetrante visione “da dentro”, per nulla sentimentale, della società analizzata. Si svela la trama di diritti che determinavano il controllo e lo sfruttamento della terra, assieme alla sua centralità nelle relazioni fra creditori e debitori, evidenziando i vari canoni, censi, decime ecc. che ne condizionavano il possesso. Ciò consente l’analisi serrata dei passaggi a cui erano sottoposti i titoli di possesso e di rendita: passaggi generazionali, legati alla trasmissione delle eredità, ma anche meccanismi di ricambio sociale, sia all’interno delle comunità stesse, per il formarsi e rinnovarsi di élite locali, sia nei ceti emergenti che si muovevano in spazi più ampi. Si delinea in modo netto, inoltre, l’importanza delle terre di uso collettivo. Infine, si configurano quasi come un’appendice alle indagini sulle comunità due studi sugli ebrei in alcune giurisdizioni friulane.
Chiudi
Un commento
Rosanna pellis ist. Di storia 28 Luglio 2017
Ricordo con affetto e rimpianti