STRASSOLDO (DI) LUDOVICO

STRASSOLDO (DI) LUDOVICO (1350 - 1441)

frate minore, umanista

La figura del teologo francescano va distinta da quella del confratello e pressoché coetaneo Ludovico da Pirano, con la quale ancora capita di vederlo sovrapposto. Nacque probabilmente negli ultimi anni del secolo XIV e morì intorno al 1451. Operò tra studi e attività nell’ordine (predicazione, vicariati, inquisizione), muovendosi soprattutto nell’Italia settentrionale, nella Dalmazia e nei Balcani. Le notizie che riguardano la sua vita sono ancora frammentarie, tuttavia sembrano indicare una personalità che seppe muoversi con una certa indipendenza e con un interesse specifico per i libri: tra i primi dati certi su di lui c’è infatti nel 1422 la cessione all’umanista Francesco Barbaro di un codice con le opere di Enrico di Gand, e nel 1423 l’autorizzazione a suo favore da parte del comune di Udine ad avere a prestito due volumi dalla biblioteca dei francescani. Nulla di più per ora sappiamo riguardo agli anni di formazione, che si conclusero con il magistero in teologia. Sulle prime attività siamo informati dallo stesso L. nel Dialogus de papali potestate dedicato nel 1431 ad Eugenio IV Condulmer, il nuovo pontefice di origine veneziana. L’opera, di contenuto teologico-canonistico, s’inserisce nel dibattito attraverso il quale la Chiesa, dopo il concilio di Costanza, andava riflettendo su se stessa in chiave sia teologica sia canonistica e pastorale, dopo i disastri del grande scisma e in vista di una riforma. E proprio nel decennio fra il 1430 e il 1440, queste riflessioni saranno alla base di una serie importante di avvenimenti: dallo scisma di Basilea al concilio per l’unione con i Greci. Lo S. si pone dunque nel pieno del dibattito teologico del tempo: nel Dialogus presenta le sue credenziali di fedele seguace della dottrina romana e nello stesso tempo colto sostenitore del dialogo con l’Oriente greco. ... leggi L’esemplare di dedica fu direttamente inviato al papa ed è tuttora presente nel fondo antico della Biblioteca Apostolica (Vat. lat. 4143) insieme con altri libri della raccolta di Eugenio IV, inseriti da Niccolò V nella prima collezione vaticana. Dall’auto presentazione veniamo a sapere che egli, attorno al 1421, intendeva andare in Oriente a perfezionare l’uso della lingua greca, ma che si fermò ad Ancona proprio presso il futuro papa, allora cardinale, e proprio per insegnargli i primi rudimenti di greco; egli avrebbe poi rivisto – è sempre lui a ricordarlo – il Condulmer a Roma nel 1431, prima di raggiungere Zara per una predicazione quaresimale. Da qui la sua decisione, subito dopo l’elezione del cardinale Condulmer al soglio di Pietro, di presentargli il suo libro di ecclesiologia, fortemente incentrato su tre cardini: rivitalizzazione della potestà papale, riforma della Chiesa, unione con l’Oriente. In questa prospettiva lo S. si propone come “ponte” tra Oriente e Occidente, all’opera tra le due sponde dell’Adriatico. Carattere proprio, questo, anche della sua terra di origine: dalla quale evidentemente aveva appreso il forte legame con la Chiesa latina, ma anche la prospezione verso il mondo balcanico e greco. E in effetti altri episodi noti di lui rimandano a questa doppia prospettiva. Nel 1431 Eugenio IV intendeva farlo inviare in Romania, ma la proposta del papa non fu subito accolta: così nel 1432 lo ritroviamo a Ragusa come vicario dell’ordine, nel 1433 a Venezia dove incontrò il Barbaro, con il quale era pure legato da amicizia e da scambi di libri e di studi. Sui suoi interessi ecclesiologici e canonistici egli tornò proprio in quell’anno con il De regia et papali potestate, un’opera più debole, frutto di un plagio, dedicata all’imperatore d’Occidente Sigismondo di Lussemburgo, allora in viaggio in Italia. Ne vennero ulteriori contatti se non direttamente con i Greci, con il mondo slavo: tra i quali quello con l’allora inquisitore di Bosnia, il riformatore francescano Giacomo della Marca. Finalmente nel 1434 egli fu nominato provinciale di Romania. Il legame con la terra di origine si rinsaldò negli ultimi anni di vita e attraverso due significativi episodi. Nel 1434 lo S. fu nominato inquisitore della diocesi di Concordia e del patriarcato di Aquileia, allora in crisi di rapporti con la Santa Sede. Il patriarca di quel tempo si sarebbe schierato sempre più apertamente con Basilea. Alla sua morte fu nominato patriarca Ludovico Trevisan, il cardinale camerlengo, che dovette intraprendere dal principio degli anni Quaranta una lunga e faticosa trattativa volta al recupero e al riordino delle prerogative patriarcali. In questo non facile clima deve essersi svolta l’attività del nostro ed è ancora del Barbaro la notizia del 1451 secondo la quale lo S. sarebbe oramai in gravi condizioni di salute. E infatti di lì a poco sarebbe subentrata la morte. Il secondo elemento che ricollega L. al Friuli è il desiderio di lasciare i propri libri al convento di S. Francesco a Udine, dove probabilmente egli aveva compiuto la professione religiosa e i primi studi. Si trattava di una biblioteca di valore notevole: composta da materiali importanti, tra i quali, il codice biblico Rehdigeranus, di sicura origine aquileiese, ora a Tubinga, dopo essere passato per la Stadtbibliothek di Breslau con segnatura R 169. La collezione era anche costituta da una sezione di libri greci, segno di un interesse continuativo e diretto per il mondo orientale. Tuttavia alla sua morte i confratelli friulani, decisero, come non infrequentemente accadeva presso i frati minori, di vendere i libri dello S. Fortunatamente la parte migliore della raccolta – quella greca appunto – fu acquistata a nome di papa Niccolò V e trasferita a Roma nella nuova Biblioteca papale allora in allestimento. L’atto di acquisto vede protagonisti, oltre ai frati eredi del loro dotto confratello, anche il primo bibliotecario della Vaticana, Giovanni Tortelli, che vi aveva inviato come agente il vescovo Antonio da Fabriano, vicario del patriarca Ludovico Trevisan. Gli studi di Giovanni Mercati hanno evidenziato la presenza nel fondo antico greco della Biblioteca Apostolica di almeno due manoscritti posseduti dallo S., i Vat. gr. 365 e 492; quelli di Cesare Scalon hanno ricondotto la notizia nella storia della biblioteca francescana di Udine. Lo spoglio sistematico, tuttora in corso, del fondo greco della Vaticana in vista della ricostruzione della sezione greca originaria sotto Niccolò V, ha fatto riemergere altri codici dalla stessa provenienza, a testimonianza del contributo importante – ancorché involontario – dello S. all’importante impresa del papa umanista. Così la sua figura si affianca a quella di un altro ecclesiastico veneto proiettato verso l’Oriente e detentore di una importante biblioteca greca: il trevigiano Cristoforo Garaton(e), la cui raccolta fu pure acquisita da Niccolò V pressappoco negli stessi anni. L’acquisto da Udine suppone anche legami tra il mondo ecclesiastico friulano e la curia romana: difficile non pensare a personalità quali il patriarca Trevisan, con il quale il Tortelli era in relazione, e a Guarnerio d’Artegna, pure in quegli anni in contatto con il bibliotecario papale.

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Bibliografia

Insieme alla buona voce a firma di T. CALIÒ, Ludovico da Strassoldo (da Cividale, da Forum Iulii, da Udine), in DBI, 66 (2006), 444-446, che riporta un approccio complessivo, anche a livello bibliografico, sul personaggio, conviene comunque rimandare almeno all’articolo di G. MERCATI, Intorno a Eugenio IV, Lorenzo Valla e fra Ludovico da Strassoldo, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 5 (1951), 43-52, e al volume SCALON, Produzione, 39-41, 300, 309. Sul codice di dedica a Eugenio IV del Dialogus de papali protestate si veda da ultimo il recente J. FOHLEN, La bibliothèque du pape Eugène IV (1431-1447). Contribution à l’histoire du fonds Vatican latin, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2008, 378-379.

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