Notaio residente e attivo a Spilimbergo nei decenni centrali del Trecento, di cui sussistono, oltre a vari rogiti sciolti, un intero registro di imbreviature di recente illustrato ed edito per estratti, che costituisce una delle più interessanti fonti per la conoscenza delle strutture sociali e ambientali friulane per l’area e il periodo indicati. Della famiglia si sa poco. Il nome personale, assai raro nel quadro onomastico del tempo, sembra rinviare a remote origini locali. Un suo omonimo figura già nel 1284 fra i più generosi donatori del duomo di Spilimbergo. Il padre di quest’ultimo, tale Calva, si muoveva a sua volta nell’“entourage” dei signori di Spilimbergo fin dal 1244 in una posizione di chiara distinzione sociale, denunciata dalla qualifica di “dominus”. Un qualche rapporto di parentela è probabile che sussistesse anche con un prete pure omonimo del nostro e suo coetaneo. La probabile appartenenza al notabilato della provincia friulana sembra confermata anche dal fatto che S. era – secondo quanto risulta da un atto del 18 dicembre 1366 – vassallo del patriarcato di Aquileia, sia pure per un modesto feudo: un manso nel villaggio di Crocys, quattro campi a Vacile e il terzo di un altro manso a Lestans. Nei suoi rogiti egli fa frequente riferimento alla casa di proprietà di Spilimbergo in cui risiedeva e a imprecisati terreni che possedeva in quella località. Tutta la sua vita si svolge essenzialmente entro l’orizzonte spilimberghese e, più in generale, nel Friuli occidentale. Come altri professionisti-redditieri friulani del tempo, sembra che praticasse anche un’attività di prestito ad interesse, quantunque modesta e a raggio limitato. La sua attività di notaio si può documentare dal 1330 e si protrae fino alla morte, sopraggiunta già il 6 luglio 1367 o poco dopo, quando il figlio Nicolò, pure notaio di cui restano rogiti fino al 1392, dichiara una prima volta di estrarre una copia originale dalle imbreviature del padre, ormai cieco, e una seconda volta dà il padre per defunto. ... leggi Accanto a qualche decina di atti sparsi, ci ha lasciato un registro comprensivo di oltre un migliaio di imbreviature che si susseguono in ordine cronologico dal 26 dicembre 1341 al 24 gennaio 1346 (con un vuoto dall’ottobre 1343 al marzo 1344). Da esso si desume non solo l’impressione di una sua notevole attività professionale (una media di 240 rogiti per anno, con una punta di 400 per l’anno 1346), ma altresì una serie di informazioni sulla sua figura, la committenza, la realtà sociale e ambientale con cui egli fu a contatto, al punto che tale fonte rappresenta una lente fondamentale per la conoscenza del microcosmo spilimberghese e della realtà dei villaggi viciniori (Tauriano, Barbeano, Sequals, San Giorgio della Richinvelda, Provesano, Cosa, Aurava, Dignano, Sedegliano, Istrago, Valeriano, Vacile, Gradisca, ecc.) intorno alla metà del Trecento. Nella società spilimberghese S. godeva di indubbio prestigio sia per onorabilità di tradizione familiare sia per considerazione professionale, al punto da fungere frequentemente da procuratore e persino da arbitro in controversie fra privati. La sua varia clientela comprendeva non solo soggetti del mondo artigianale, contadino e servile ma anche il clero locale, parecchi esponenti del mondo nobiliare (Ragogna, Zuccola, Zoppola, Rodeano, Valvasone, Meduno, della Frattina, e parecchi altri) e una intraprendente colonia di prestatori-cambisti toscani, fra cui alcuni membri dei clan dei Brunelleschi e degli Arcangeli. La diversificata umanità di cui egli registra i più minuti movimenti si riflette d’altronde nella pluralità di siti in cui opera (aperta campagna, case private, caneve, botteghe, alberghi, piazze, “cortine”, chiese ecc.) tra i quali, frequentemente, anche la “domus comunis” di Spilimbergo e il palazzo di residenza dei signori all’interno del castello. Oltre che notaio della società e della comunità spilimberghese, S. intrattiene infatti uno stretto rapporto di servizio con i signori di Spilimbergo, seguendoli sia come giurisdicenti sia nella sfera domestica e delle relazioni parentali e d’amicizia. Molte delle più significative operazioni riguardanti quest’illustre dinastia friulana nell’arco dei decenni centrali del Trecento trovano così ampia testimonianza nelle scritture professionali del Nostro, anche quando esorbitano dal ristretto periodo ricoperto dal protocollo (nel 1351, ad esempio, S. è procuratore e nunzio dei signori per l’offerta di due serve all’altare maggiore della basilica di Aquileia e nel 1366 e 1367 redige altrettanti atti di divisione fra i due rami della stirpe; ecc.). Il lungo e onorato servizio di S. presso il casato nobiliare più potente della destra Tagliamento, del resto, si svolge su un solco professionale già tracciato dal padre Tommaso, operante almeno fino al 1341. Quanto alla sua cultura, essa appare sufficiente per l’esercizio della professione, e non particolarmente elevata. La sua relativa sordità ai progressi linguistici e letterari che si andavano producendo in tutta la penisola appare peraltro compensata dal prezioso, continuo affioramento, fra le righe di minute e atti “in mundum” superstiti, di espressioni e voci di stampo regionale.
ChiudiBibliografia
Venezia, Archivio privato Domanins-Spanio, Registro cartaceo di Supertino di Tommaso (1341-1346); ivi, Pergamene sciolte.
BIANCHI, TEA, 354; F. CARRERI, Del buon governo spilimberghese. Note storiche, «Archivio veneto», n.s., 36 (1888), 299-310; 37 (1889), 43-58; ID., Spilimbergensia monumenta precipua ab anno 1200 ad annum 1420, in Miscellanea di storia veneta, s. II, 3, Venezia, 1895, 1-34; CARRERI, Spilimbergica; SCALON, Necrologium, 418; Spilimbergo medioevale. Dal libro delle imbreviature del notaio Supertino di Tommaso (1341-1346), a cura di S. BORTOLAMI, Spilimbergo, Comune di Spilimbergo - Biblioteca civica, 1997 (Quaderni spilimberghesi, 4).
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