Nacque a Ragogna (Udine) nel 1701 da una famiglia friulana (il cognome risulta indifferentemente indicato nei testi dell’epoca come Zuzzi, Sussi, Suzzi, Susi, Suss in friulano). Iniziati gli studi a Udine, li proseguì a Murano presso il seminario dei padri somaschi (le fonti gli attribuiscono genericamente il titolo di abate). Subì grandemente il fascino della cultura matematica di Giovanni Francesco Crivelli, docente di retorica nel seminario, che gli trasmise molte delle sue conoscenze (Crivelli fu autore, tra l’altro, di due importanti opere didattiche, una di matematica e l’altra di fisica, cui corrispose nel XVIII secolo il massimo livello della cultura scientifica delle scuole dei somaschi). Trasferitosi a Padova nel 1722 il S. seguì corsi universitari di giurisprudenza e contemporaneamente i corsi privati di analisi matematica del famoso scienziato trevigiano Iacopo Riccati (1676-1754) di cui nel 1761 a Lucca fu pubblicato, postumo, un importante trattato sulle equazioni differenziali. In questo trattato risultano raccolte e commentate le lezioni tenute nel 1722 al S. e all’altro allievo del corso, Lodovico da Riva, oltre che le risoluzioni relative a problemi che il maestro aveva proposto ai due allievi e che il S., con vivo apprezzamento del Riccati, aveva ideato ed elaborato. Nel 1723 lo studioso friulano pubblicò a Venezia il lavoro di geometria Lunulas infinitas circulares quadraturam admittentes generaliter determinare, atque eas, quae geometrice construi possunt, invenire indirizzato al matematico Bernardino Zendrini e due anni dopo, sempre a Venezia, pubblicò le Disquisitiones mathematicae che contengono tra l’altro cinquantanove lettere su temi di analisi, indirizzate al Riccati. Fu proprio quest’ultimo, che probabilmente lo riteneva il suo allievo più dotato, a proporne l’ammissione alla prestigiosa Accademia dell’istituto di Bologna dove il S. fu ammesso nel 1727. Delle opere scritte negli anni successivi non resta che l’indicazione che si tratta di saggi pubblicati su riviste venete. ... leggi Ci resta invece il testo, del 1742, di un suo discorso di meccanica, pubblicato nella Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici curata da A. Calogerà: Delle leggi con cui resistono i mezzi ai movimenti dei corpi. In quegli anni S. tenne frequenti corsi privati di matematica e di diritto a Venezia di cui non è rimasto il testo, ma che potrebbero spiegare la pubblicazione, postuma nel 1768, di un suo Compendio della giurisdizione civile, romana e veneta che fu in seguito, per lungo tempo, manuale degli studenti dell’Accademia dei nobili della Giudecca. Nel 1744 il S. ottenne la nomina alla cattedra di filosofia naturale presso l’Università di Padova. I suoi corsi furono formalmente ancora aristotelici, pur dando spazio a concezioni filosofiche moderne. Di alcuni di essi il testo si è conservato: riguardano la cosmologia, la meccanica generale e celeste, il calcolo che, in sostanza, trasformarono la cattedra di filosofia naturale di Padova in un insegnamento di fisica moderna. Alcuni tra gli allievi del S. furono molto apprezzati nel mondo accademico di quegli anni e diventarono docenti presso università italiane e straniere. Tra questi Giuseppe Toaldo e Simone Stratico, scienziati brillanti. Nei loro scritti è contenuto un giudizio molto positivo sul maestro, considerato analista abilissimo. Purtroppo la fama non solo italiana del S. risultò incrinata da un episodio avvenuto nel 1747: convinto di aver trovato la formula risolutiva generale per l’equazione di terzo grado, a generalizzazione della risoluzione trovata da Cardano nel secolo XVI, pubblicò con troppa fretta il suo risultato e lo inviò anche a Parigi e a Londra. Si tratta della Solutio generalis equationum tertii gradus Accademiis Parisiensi, et Londinesi exhibita dedicata ai riformatori dello Studio di Padova, autorità relativa all’andamento scientifico, morale ed economico dell’ateneo. Ben presto alcuni matematici padovani evidenziarono l’esistenza di un errore nel ragionamento sviluppato dal S. Al sorgere delle critiche, di cui si trova traccia anche nell’epistolario di Iacopo Stellini, l’autore non ebbe l’umiltà di riconoscere l’errore e ritirare la pubblicazione, ma resistette a lungo prima di ritrattarla parzialmente, producendo un danno irreparabile alla propria credibilità scientifica. Negli anni successivi tuttavia continuò la sua attività didattica e la collaborazione con il governo (in particolare per problemi relativi alla gestione delle acque). Nel 1750 ottenne anche l’ammissione all’Accademia dei Ricovrati in Padova (ora Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti). Lasciò l’insegnamento nel maggio del 1762 avendone fatta richiesta. Un anno e mezzo più tardi, il 5 gennaio 1764, morì a Venezia. Il S. partecipò ed in parte contribuì al cambiamento avvenuto nella scienza del secolo XVIII a Padova (all’epoca sede universitaria per la maggior parte degli studiosi friulani), nel Veneto (all’epoca terra di vivace attività culturale), in Italia e in Europa. Lavorò in particolare a diffondere nella realtà dell’Università di Padova, condividendo l’impostazione del suo maestro Riccati, la forma newtoniana dell’analisi (più vicina ai moderni fondamenti del calcolo infinitesimale), in sostituzione di quella leibniziana, precedentemente introdotta nella stessa Università da Jacob Hermann e Daniele Bernoulli.
ChiudiBibliografia
C.B. BOYER, Storia della matematica, Milano, Mondadori, 19822; L. PEPE, Jacopo Riccati, i nuovi calcoli e i “Principia matematica”, in I Riccati a cura di G. PIAIA - M.L. SOPPESA, Firenze, Olschki, 1992, 111-125; U. BALDINI, Professori e scienziati a Padova nel Settecento, a cura di S. CASELLATO - L. SITRAN REA, Treviso, Antilia, 2002 (Contributi alla storia dell’Università di Padova, Profili biografici, 3), 183-188.
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