Nacque a St. Leonhard in Lavanttal, in Carinzia, il 14 febbraio 1835, in seno ad una nobile famiglia di origine stiriana, i cui albori sono documentati fin dallo scorcio del secolo X. Figlio secondogenito di Jozeph Vinzenz Ernst e di Caecilia Weiss, secondo una prassi comune fra i cadetti delle famiglie nobili destinati alla carriera militare, fu inviato al collegio Theresianum di Vienna, prestigioso istituto preposto alla formazione dell’élite asburgica. Percorrendo le orme degli antenati, molti dei quali, tra il XV ed il XVIII secolo, si distinsero nelle armi a servizio di Casa d’Austria – fu un Teuffenbach a guidare gli imperiali nella repressione del tumulto dei Tolminotti del 1713 –, il giovane T. frequentò, successivamente, l’Accademia militare di Wiener Neustadt, da cui uscì nel 1853 con il grado di sottotenente; cinque anni più tardi, in qualità di tenente dell’Adjutantencorps, giunse a Trieste, presso l’armata costiera, prima di essere chiamato all’ufficio di presidio del Comando generale a Vienna (1859). Durante l’ultimo periodo della presenza austriaca in Lombardia e nel Veneto, tra il 1860 ed il 1866, T. prestò il proprio servizio in Italia, dove pare abbia operato a Mantova, nel celebre sistema difensivo del “Quadrilatero”, per fare poi ritorno nella capitale, presso la Generaladjudantur dell’imperatore Francesco Giuseppe, in qualità di membro della cancelleria militare di corte. L’indiscusso prestigio allora goduto dalla famiglia Teuffenbach a corte è pure attestato dalla cooptazione del primo cugino di Albin, il trentenne Arthur – già attivo nella guarnigione di Gorizia –, tra i cavalieri dell’ordine di Francesco Giuseppe (1866). Tanta fu la stima che l’imperatore ripose in T. da affidargli pure alcune missioni presso altre corti straniere, a seguito delle quali fu peraltro insignito di alcune onorificenze: la terza classe dell’ordine del Medjidié, concessagli dal sultano ottomano, e la terza classe dell’ordine della Corona ferrea. ... leggi Nel frattempo (1869) T. sposò la contessa Valerie Strassoldo Grafenberg, nata nel 1847 a Peuma (Piuma), località della giurisdizione di Quisca e successivamente parte del comune di Podgora (Piedimonte del Calvario), posta nelle vicinanze dell’antico ponte sull’Isonzo, primo storico collegamento tra Gorizia ed il Friuli, dove i Teuffenbach avevano da poco acquisito vasti possedimenti. La coppia non ebbe figli. Accanto alle capacità che gli consentirono di percorrere, in breve tempo, un cursus honorum di tutto rispetto nell’esercito imperiale, giunto al grado di maggiore in servizio presso lo Stato maggiore, T. diede prova di qualità nel campo educativo quando, a seguito di un infortunio dovuto ad una caduta da cavallo, nel 1875, gli fu affidato l’incarico di precettore dei cinque figli dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo-Lorena, che con il nome di Ferdinando IV fu l’ultimo granduca di Toscana (1859-1860), trasferitosi in Austria, come del resto altre teste coronate deposte nel corso del processo unitario italiano. Le fonti lo descrivono impegnato professionalmente in alti incarichi educativi; l’interesse di T. verso i temi dell’educazione e dell’istituzione scolastica lo indusse a cimentarsi in un primo saggio intorno al sistema scolastico austriaco, pubblicato in estratto dall’«Oesterreichisch-ungarische Militärische Blätter» per i tipi dell’editore boemo K. Prochaska (1875); lo stesso editore pubblicò, due anni più tardi, il Vaterländisches Ehrenbuch, ricca antologia relativa a tutti i Ländern della monarchia danubiana, contenente contributi di alcuni tra i più noti storici, scrittori ed accademici del tempo, quali il numismatico Alfred von Arneth, lo scrittore Anton Johann Gross-Hoffinger, lo storico Johann Mailath ed altri ancora; il lavoro, curato da T., ebbe un prosieguo di soli componimenti poetici (1879) e conseguì un successo coronato da varie ulteriori edizioni. La sua contiguità con gli esponenti dell’intellighenzia conservatrice e plurinazionale induce ad ipotizzare che gli interessi intellettuali di T. abbiano trovato un humus fertile nel vivace contesto culturale viennese dell’ultimo quarto di secolo: un dinamismo, va ricordato, fortemente incentivato dal governo asburgico, reduce da una lunga sequenza di insuccessi miliari e deciso a guadagnare terreno su tutt’altro fronte, giocando la carta del cosmopolitismo culturale di matrice lealista per scongiurare le estreme conseguenze prodotte dalle contrapposte tensioni nazionalistiche. Da qui la creazione di numerose istituzioni, fittamente diramate dal centro alle periferie dell’Impero e create allo scopo di promuovere gli studi nelle discipline storiche, archeologiche ed artistiche alla luce delle moderne metodologie scientifiche, quasi a catalogare e fissare i plurimi aspetti di un medesimo organismo. La più nota tra esse fu la Commissione centrale per lo studio e la conservazione dei monumenti, fondata e presieduta, sino al 1866, dal barone Carl von Czoernig, poi vissuto a lungo a Gorizia, autore di importanti studi storici e sociali dedicati alla principesca contea, nonché ideatore del mito della “Nizza austriaca” (1873). Le attenzioni di Vienna verso il Litorale, territorialmente esiguo, eppure detentore dei più antichi complessi monumentali della monarchia, promossero tutta una sequela di studi aventi per oggetto Aquileia e le sue antiche vestigia, in particolare la basilica popponiana. Non a torto, T. può essere collocato tra gli esponenti della retroguardia di questo movimento, dividendo il proprio tempo tra una carriera militare in continua ascesa e l’attività pubblicistica: nel 1877 fu promosso colonnello, due anni più tardi, con “motu proprio” sovrano, ciambellano effettivo e consigliere intimo, generale nel 1884, per divenire nel 1897 “Feldzeugmeister” (il secondo grado più alto dell’esercito austriaco) e, all’età di settantatré anni, generale di fanteria; raggiunta la quiescenza, visse alcuni anni con la moglie nella residenza cosiddetta “napoleonica” di Villa Vicentina, per poi trasferirsi a Gorizia, dopo la morte di Valerie, presso le proprietà di famiglia, alternando la permanenza tra il centro isontino ed i possedimenti in Stiria. Da allora, T. continuò a dedicarsi alla produzione di buoni scritti divulgativi di carattere storico ed artistico, prediligendo il medioevo goriziano ed aquileiese, come testimonia la sintesi pubblicata ad Innsbruck, nel 1900, Sunto storico della contea principesca di Gorizia e Gradisca fino alla sua unione con la casa d’Absburgo nell’anno 1500, celebrativa dei quattrocento anni dall’ingresso della contea di Gorizia tra i dominî ereditari, redatta in tedesco e tradotta lo stesso anno in italiano da Antonio Carrara, che si sarebbe poi distinto tra i giovani sacerdoti attivi nella Federazione dei consorzi agricoli del Friuli, in qualità di consigliere della medesima. Va ricordato pure lo scritto apparso due anni più tardi sul «Jaeger’s Wiener Almanach», di argomento affine: Die Beziehungen des Hauses Habsburg mit den Grafen Görz bis zu deren Aussterben […]. Se sotto il profilo qualitativo i lavori pubblicati da T. non reggono il confronto con contributi prodotti negli stessi ambiti da affermati studiosi del calibro di Heinrich Swoboda, Max Dvořák, o il giovane goriziano Leo Planiscig, ad ogni buon conto risulta innegabile il suo felice apporto all’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica coeva verso i grandi temi al centro del dibattito, attuata grazie al ricorso a molteplici canali d’informazione, dalle diverse riviste specialistiche alla stessa stampa periodica: poco dopo l’uscita del monumentale volume del conte Karol Lanckoroński sulla basilica di Aquileia (1906), T. pubblicò a Vienna due articoli sul medesimo soggetto, centrati sulla vita del suo artefice, il patriarca tedesco Poppone, comparsi a Trieste nell’opuscolo Die Basilica von Aquileia und ihr Bauherr (1906), uscito in duemila esemplari per i tipi del Lloyd austriaco, più tardi riproposto a puntate – tradotto in italiano sempre dal Carrara – sulle pagine dell’«Eco del Litorale» nel dicembre stesso ed in volumetto nel 1908 (La Basilica di Aquileia e il suo costruttore). Ne uscì una versione anche in lingua slovena. La nomina a principe arcivescovo di Gorizia di mons. Francesco Borgia Sedej, consacrato il 25 marzo 1906, animatore culturale di indubbio spessore, segnò l’apertura di una ricca stagione di studi storico-artistici tesi a rivalutare l’immagine dell’Aquileia cristiana, puntando alla tutela e alla valorizzazione dell’antico tempio; dopo un’intensa attività preparatoria, il 6 novembre 1906 fu costituita la Società per la conservazione della basilica di Aquileia e T. entrò a far parte dei nove consiglieri del comitato esecutivo, assieme ad altri qualificati esponenti del notabilato locale. Sin da principio egli sostenne la vita della nuova associazione, a favore della quale devolse il ricavato delle vendite dell’opuscolo sopra menzionato, redatto espressamente allo scopo di destare il pubblico interesse nei riguardi dell’insigne monumento. Il sodalizio perseguì, con successo, la non facile impresa di reperire i finanziamenti indispensabili all’avvio di urgenti restauri, necessari alla salvaguardia dell’edificio, nel corso dei quali, nel 1909, avvenne l’eccezionale rinvenimento dei grandi mosaici teodoriani. La scoperta costituì un efficacissimo richiamo di personalità del mondo politico e culturale del tempo, accorse da tutta Europa: tra le altre, T. ricevette ed accompagnò il bailo del sovrano militare ordine di Malta, fra’ Karl conte Thun-Hohenstein, consigliere intimo e ciambellano imperiale, giunto in visita ad Aquileia lo stesso giorno del re Federico Augusto di Sassonia (14 marzo 1910), relazionandone sulla «Triester Zeitung». Sempre a beneficio della “Basilica-Verein”, l’anno prima T. aveva steso un appello sulla rivista mensile illustrata «Adria», alle cui pagine affidò uno studio sulle vicende del dominio temporale dei patriarchi aquileiesi in relazione al potere imperiale, Der Patriarchenstaat Aquileja und seine Beziehungen zu den Ländern unseres Österreichischen-ungarischen Reiches, già comparso sul «Wiener Almanach». In occasione del suo settantacinquesimo compleanno, l’«Eco del Litorale», per mano di A. Jacobi, lo definì «lustro dello Stato, della provincia e della città» (12 febbraio 1910). La sua fedeltà alla dinastia regnante lo vide in prima linea nei festeggiamenti dei vari giubilei imperiali, nella qualità di curatore e patrocinante di pubblicazioni celebrative quali l’Österreichs Hort [il tesoro dell’Austria], metafora della nazione tedesca, distinta tra tutte le altre per capacità di dominio e cultura tanto da farne il perno di quell’anomalo patriottismo cosmopolita asburgico. Divenuto presidente della Società del Casino per la cura climatica di Gorizia e, nel 1911, direttore del comitato esecutivo della “Basilica-Verein”, T. proseguì l’attività pubblicistica; visto l’esaurimento della prima tiratura tedesca, diede alle stampe una seconda edizione, riveduta ed aumentata, dell’operetta Die Basilica von Aquileia und ihr Bauherr Patriarch Poppo (1911). Ancora una volta il ricavato delle vendite venne destinato al sodalizio, con l’auspicio di attirare l’interesse di futuri visitatori forestieri. Questo lavoro rappresenta l’apice dell’impegno scientifico di T., il quale, nella dichiarata consapevolezza di trattare un complesso argomento in continua evoluzione, scelse di avvalersi dell’aiuto di noti esperti: l’archivista carinziano August Jaksch von Wartenholz, lo storiografo sloveno Franc Kos, come pure il consulente archeologico mons. Karl Drexler e l’ingegner capo degli scavi aquileiesi Rudolf Machnitsch; contribuirono inoltre il segretario della Società, nonché rappresentante governativo, Federico Simsig, e don Onorio Fasiolo, giovane direttore della tipografia Ilariana e studioso a sua volta di cose aquileiesi. Lo studio, lodato dall’arciduca ereditario Francesco Ferdinando, che tanto animò i lavori di restauro, venne positivamente recensito dall’«Eco del Litorale» e da «Adria», mentre il periodico «Forum Iulii», fucina di promettenti intellettuali nostrani, non lesinò alcune perplessità, contestandogli l’infondatezza di alcune asserzioni, nell’individuare la presunta parentela del patriarca Popone con i conti di Gorizia e l’attribuzione alla gerarchia episcopale aquileiese di un’antichità seconda solamente alla serie dei pontefici romani. Giunse all’età di ottant’anni in piena salute, rispettato e benvoluto per la dirittura morale e sociale da sempre dimostrata; fu uomo di fede, senza scadere nel bigottismo; non ricco, si distinse nella beneficenza e nella pubblica carità. Lo scoppio della guerra italo-austriaca (1915) scandì l’ultimo atto dell’esistenza di quel mondo in cui T. iscrisse la propria parabola professionale e ideale; essendo esposta Gorizia alle minacce del fuoco nemico, nel 1916 l’anziano generale rientrò nella patria dei propri avi: si stabilì a Graz, in Stiria, ove continuò a dedicarsi agli studi di storia patria, morendovi il 25 aprile 1920.
ChiudiBibliografia
Mss Merano (Bolzano), Archivio familiare del bar. Rodolfo di Teuffenbach; ASG, Tavolare Teresiano, Libri strumenti tavolari; ibid., Ufficio Tavolare di Gorizia, Libri fondiari 1761-1891.
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FORMENTINI, Contea di Gorizia, 165; Libri per Francesco Giuseppe e per la monarchia: edizioni per i giubilei imperiali e l’Opera del principe Rodolfo in Biblioteche della Venezia Giulia. Catalogo della mostra, a cura di M. BRESSAN, Monfalcone, EdL, 2002, 140.
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