TORRE (DELLA) RAIMONDO

TORRE (DELLA) RAIMONDO (1555 - 1623)

diplomatico, luogotenente di Gorizia

Immagine del soggetto

Il settore dei Goriziani nel corteo funebre dell’arciduca Carlo dell’Austria Interna, inizio del XVII secolo (Graz, Landesmuseum Joanneum, Alte Galerie).

Figlio dell’ambasciatore cesareo Francesco e di Laura d’Arco, il d. T. nacque intorno all’anno 1555. Rimasto presto orfano di entrambi i genitori, dovette fare i conti con la cupidigia dei tutori tra i quali emerse rapidamente la figura del cugino Mattia Hofer, signore di Duino. I rapporti già compromessi con quest’ultimo subirono un ulteriore peggioramento quando il d. T. decise di prendere in moglie, nonostante gli stretti legami di parentela, la secondogenita di Mattia, Ludovica, che gli avrebbe dato ben undici figli. Introdotto a corte, si fece notare dagli Asburgo e specialmente dall’arciduca Carlo, presenziando da perfetto cortigiano a molte tra le più solenni ricorrenze. Così, quando nel 1564 l’arciduca si recò in visita nella contea goriziana, fu proprio il d. T. ad accoglierlo con tutti gli onori insieme a quattrocento cavalieri. Più tardi fece parte del seguito che accompagnò l’Asburgo in terra ungherese per assistere all’incoronazione del nipote Rodolfo e nel 1582 di quello che lo doveva scortare alla dieta di Augusta. In occasione delle nozze dell’arciduca (1571) egli assistette, in qualità di maresciallo della contea goriziana, al lieto evento a capo di un buon numero di nobili giunti assieme a lui dalla contea ed allorquando nel 1590 Carlo giunse alla fine dei suoi giorni, fu ancora il d. T. ad assisterlo al capezzale e a vestire il defunto per le solenni esequie. Non meno stimato fu tuttavia dal successore, l’arciduca Ferdinando, mentre le relazioni con la corte imperiale divennero sempre più strette. Nel 1577 Rodolfo II lo incaricò di occuparsi del trasferimento da Praga a Vienna della salma del defunto Massimiliano II ed ebbe in seguito l’onore di accompagnare l’arciduchessa Anna nel viaggio che la conduceva in Polonia per le nozze con il re Sigismondo III. L’incombere della minaccia ottomana impedì tuttavia al d. ... leggi T. di dedicarsi esclusivamente alla vita di corte, dimostrando altresì il suo valore come combattente al fianco dell’arciduca Carlo in Croazia, dove fu a capo di un reggimento di cavalleria da lui stesso assoldato e per il quale non esitò a sborsare personalmente un’ingente somma. Nominato nel 1592 luogotenente di Gorizia, città nella quale favorì in maniera concreta l’insediamento dei cappuccini, raggiunse il culmine della propria carriera con la designazione ad ambasciatore cesareo, prima a Venezia e poi presso la Santa Sede. Dopo aver svolto con successo alcune brevi missioni diplomatiche, tra il 1593 ed il 1598 venne infatti chiamato a sostituire Vito di Dornberg nell’incarico veneziano, continuando tuttavia ad essere impiegato anche in altre ambascerie. Così, nel 1596 il d. T. venne inviato alla corte papale per occuparsi della delicata questione di Ferrara, contesa tra i d’Este ed il pontefice, mentre dal 1598 al 1603 i suoi sforzi, quale ambasciatore ufficiale presso la Santa Sede, si concentrarono essenzialmente sull’ottenimento periodico di nuove sovvenzioni papali per poter proseguire l’impegno bellico contro il Turco. Come ebbe a scrivere il Pichler: «Molto vantaggio può trarsi dalle relazioni diplomatiche di Raimondo per conoscere tutti i particolari delle questioni agitate in quel tempo, vuoi intorno alla Transilvania ed alla Valacchia, vuoi rispetto a quelle della Germania, vuoi finalmente per ciò che riguarda gli Uscocchi». Infatti egli venne destinato a due delle sedi diplomatiche tra le più rilevanti della penisola italiana, finendo per occuparsi di numerose questioni certamente di non secondaria importanza. Ritiratosi poi dalla scena diplomatica europea, nei primi due decenni del Seicento il d. T. fu tra le cause principali di una certa anarchia nobiliare vigente nella contea principesca di Gorizia, applicandosi con eccessivo rigore soprattutto all’amministrazione della giurisdizione di Cormòns, dove non esitò a calpestare antiche consuetudini entrando in aperto conflitto con il ceto nobiliare residente in quel territorio. In seguito alla morte della prima moglie, nel 1612 chiese ed ottenne la dispensa papale per potersi risposare con la cognata Chiara Hofer e di lì a pochi anni si recò per l’ultima volta a Vienna, dove si spense il 17 agosto 1623. Lasciò un’immensa eredità la cui spartizione divenne motivo di una lunga ed a tratti violenta contesa tra i numerosi figli.

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Bibliografia

L’attività politica e diplomatica, ma non solo, può essere ricostruita attraverso l’esame della documentazione archivistica conservata nel fondo Archivio della Torre e Tasso depositato presso l’ASTs (soprattutto 68.1-83.3).

CAPODAGLI, Udine illustrata, 576-582; G. BENZONI, Della Torre, Raimondo, in DBI, 37 (1989), 660-666; MORELLI, Istoria, I, 77, 166, 187n, 213, 242n, 243n, 269; II, 3, 4, 30n, 44n, 140, 266; III, 281, 327, 363-364; R. PICHLER, Il castello di Duino: memorie, Trento, Seiser, 1882, 347-364; FORMENTINI, Contea di Gorizia, 23; C. VON CZÖRNIG, Gorizia. «La Nizza austriaca», Gorizia, Cassa di risparmio di Gorizia, 1987[trad. it. a cura di E. POCAR delle opere Das Land Görz und Gradisca (mit Einschluss von Aquileia), Wien, Braumüller, 1873 e Görz als klimatischer Kurort, Wien, Braumüller, 1874], 605-606; D. PORCEDDA, «Un paese sì di piccola dimensione, come è la nostra Contea, più dal caso che da una Provvidenza diretto». Autorità sovrana, potere nobiliare e fazioni a Gorizia nel Seicento, «Annali di storia isontina», 2 (1987), 11-13.

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