Discendente da una nobile famiglia pavese, studia diritto ecclesiastico e civile quasi sicuramente a Padova, dove nel 1359 risulta detenere un canonicato. Il trasferimento da Treviso a Padova del vescovo Pileo di Prata, cugino di Francesco I da Carrara, in precedenza beneficiato presso la locale cattedrale, favorisce la sua carriera: il T. è, infatti, chiamato a ricoprire l’ufficio di vicario generale del nuovo presule quanto meno sino al 1363, svolgendo un ruolo di primo piano nel governo della diocesi. Nel dicembre del 1365 incontra per la prima volta il nuovo patriarca di Aquileia Marquardo di Randeck che, in viaggio per il Friuli, si era fermato a Padova. Il metropolita decide di avvalersi dei servizi del T. e favorisce il suo trasferimento nel patriarcato. Il 5 gennaio del 1366 lo nomina infatti pievano di Gemona e poco dopo suo vicario “in spiritualibus”. La rinuncia al beneficio plebanale nell’ottobre dell’anno successivo in favore del nipote del presule, apre all’ecclesiastico pavese le porte del capitolo cattedrale di Aquileia. Alla morte del decano Guglielmo di Saverio da Cremona, è chiamato a succedergli, nell’aprile del 1368. Nello stesso mese T. ospita nella sua casa di Udine, in contrada Rauscedo, il vescovo di Padova Pileo di Prata e Francesco Petrarca, giunti in Friuli insieme a Francesco I da Carrara, per incontrare l’imperatore Carlo IV, disceso in Italia. Tale ospitalità è anche motivata dai precedenti rapporti patavini, certamente facilitati da Pileo di Prata. Con la partenza dell’imperatore da Udine, il T. si occupa del governo del capitolo cattedrale di Aquileia: nell’antica “civitas” possiede una casa, dove risiede con una certa frequenza per curare gli interessi dell’istituzione. ... leggi Coadiuvato da un nuovo collega, il decano di Cividale Ottobono da Ceneda, continua inoltre a ricoprire il proprio ufficio di vicario patriarcale “in spiritualibus” occupandosi della giurisdizione ordinaria del clero diocesano ma anche e soprattutto del tribunale metropolitico. Il T. diviene così un punto di riferimento per tutta la vastissima metropoli aquileiese e anche per la curia romana, che spesso lo incarica dell’assegnazione di benefici o dell’esame di aspiranti beneficiari. Sebbene la sua attività si svolga prevalentemente in ambito ecclesiastico, la stima che il patriarca nutre nei suoi confronti lo porta ad essere coinvolto anche in attività diplomatiche particolarmente delicate. Durante la guerra di Chioggia, nell’agosto del 1379, Marquardo di Randeck e il consiglio del parlamento incaricano proprio il T., coadiuvato da Azzolino Gubertini e Federico di Porcia, di intavolare trattative di pace con Venezia. Il tentativo però fallisce a causa dell’opposizione degli alleati Genovesi. Una seconda trattativa, condotta sempre dall’ecclesiastico pavese nel giugno del 1380, non ha esito differente. Alla morte del patriarca Marquardo, avvenuta nel gennaio del 1381, il ruolo del decano aquileiese in Friuli sembra esaurirsi. Nel 1382 viene nominato vescovo di Tortona, ma non è possibile stabilire con certezza se sia mai riuscito a prendere possesso della sua sede. Nel 1385 viene trasferito sulla cattedra di Ceneda, chiesa che conosce bene, essendosene occupato più volte in qualità di presidente del tribunale metropolitico. La sua permanenza nella diocesi veneta è però di breve durata. Nell’anno successivo, infatti, è spostato nuovamente, questa volta a Cremona, dove muore nel 1389.
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