Nacque il 10 agosto 1905 a Wattwill, nel cantone svizzero di San Gallo, da Alberta Algozer, nativa di Pontebba, e da un marchigiano che presto si allontanò dalla famiglia. Giulio fu cresciuto dalla madre a Udine, insieme con il fratello Ettore, e con essi fece esperienza dell’esodo a seguito della rotta di Caporetto. Nel primo dopoguerra si diede al pugilato, diventando campione del Friuli e tentando invano la scalata al titolo italiano dei leggeri; nel 1924 o 1925, a Milano, dove più tardi finì per stabilirsi, si arruolò volontario in cavalleria e partecipò a una carica antioperaia in piazza Castello, prime esperienze che più tardi rievocò in diversi suoi scritti. Sul finire degli anni Venti, la lettura di Al di là del bene e del male di Nietzsche gli spalancò il mondo della cultura in cui cercò il riscatto dal proprio passato di miseria (come afferma F. Loi: «Una sua convinzione profonda era maieutica: la funzione normativa della cultura e l’utopia della redenzione sociale»). Nel 1937 pubblicò la sua prima raccolta poetica, Annate (Milano) e nel 1941, poco dopo lo scoppio della guerra, Soldati e altre prose (Parma). In poesia come in prosa, il suo era uno stile asciutto che, alieno dal petrarchismo e dal dannunzianesimo allora imperanti, faceva proprie le forme di Verga, Alvaro, Tozzi. Soldati riscosse l’attenzione di Carlo Bo, Silvio Benco, Giorgio Caproni. Fu quello per T. un periodo di studio e di intense frequentazioni artistiche e intellettuali; collaborò a giornali e riviste, scrisse brevi interventi critici per cataloghi (su Medardo Rosso, De Pisis, Afro, Pittino, Bierti e altri), ebbe scambi epistolari con Bernari, Bigiaretti, Sinisgalli, Caproni, Piovene, Quasimodo, Ferrata, Benco e divenne collaboratore di «Corrente» e redattore dell’«Ambrosiano». All’inizio della guerra sposò Palma Comina, una ragazza friulana nativa di Grizzo; dal loro matrimonio nacque la figlia Raffaella. ... leggi Non fu un matrimonio felice; la vita di T. fu quella di «un intellettuale dis-organico a tutto, anche alla realtà concreta del vivere» (F. Loi). Una sua passione fu il teatro; negli anni del conflitto egli scrisse due atti unici: I soldati, sui reduci della guerra, e Quattro pali per San Sebastiano, su un’esecuzione capitale, oltre ad alcune liriche partigiane, e concepì il progetto di un grande romanzo storico in tre parti che, attraverso le vicende di una famiglia dell’Italia centrale, i Vitti, avrebbe narrato la storia nazionale dall’Unità all’affermazione del fascismo. Un progetto troppo ambizioso per lui, privo dei mezzi materiali e culturali per affrontare una simile impresa; gran parte della sua narrativa è rapportabile a quel libro mai scritto. Negli anni del dopoguerra T. ebbe parte in disparate iniziative giornalistiche, teatrali, politiche ed artistiche, ma quanto alla produzione letteraria nessun’altra delle sue opere fu pubblicata se non postuma: I congiurati platonici, atto unico sulla guerra partigiana; Caffè Brera, dramma sulla vita intellettuale milanese; Il tipografo Giovanni, tre atti sulle allucinazioni sociali di un impiegatuccio; il romanzo autobiografico I veneti delusi, e numerosi racconti. Strinse nuove amicizie – Ferroni, Basaglia, Treccani, Vittorini – e, con Tomiolo, Birolli e Zanella, diede vita a «Campo», un giornale di discussione politica e letteraria; collaborò inoltre con «L’Unità» e «La Gazzetta dello Sport». Alcuni suoi articoli compaiono pure su «Il Friuli. Quindicinale turistico della Regione»; tre di essi testimoniano dell’amore di T. per Ippolito Nievo: Nievo a Milano (23 giugno 1960), Nievo a Palermo (31 luglio 1960), Ippolito a Bice (30 settembre 1960). Negli anni Cinquanta, oltre a raccogliere documentazione per il romanzo mai portato a compimento, scrisse I liberali 1821, tre atti sulla monarchia piemontese, e Il ladro o La cometa, «dramma d’incesti e odierne democrazie». Sempre angustiato dalle ristrettezze economiche, soltanto intorno al 1960 ottenne un mensile come vice musicale de «Il Giorno» e nel febbraio del 1962 un posto nella segreteria della Permanente di Milano, di cui non poté ricevere che il primo ed unico stipendio: a marzo fu colpito dalla malattia che sei mesi dopo, il 10 settembre 1962, lo avrebbe stroncato nell’ospedale di Angera, dove era stato ricoverato dopo un ultimo viaggio in Friuli. Fino alla fine lavorò alla raccolta poetica Pamphlet, che fu pubblicata postuma (Milano, 1965); seguirono Poesie (Milano, 1974) e Una camera di legno dolce (Milano, 1991) che, a cura di Franco Loi, raccoglie Soldati, Ruralia, Racconti e I veneti delusi. Il libro è stato riproposto nel 2003 nella collana “Friuli d’Autore” del «Messaggero Veneto», con prefazione di A. Colonnello. Da ultimo sono stati pubblicati sotto il titolo Quattro pali per San Sebastiano il dramma omonimo, I soldati e I congiurati platonici, e alcune poesie tratte da Pamphlet, con prefazione e notizia biografica di F. Loi (Sequals, 2006). Restano inediti gli altri testi citati e diverso materiale del romanzo incompiuto. T., ha scritto C. Magris, «è un forte scrittore; la sua prosa ossuta e rapida coglie in concise pennellate l’effimero trascolorare della vita, la tragedia della guerra e la pena d’una generazione o di una sera. Assomiglia al suo Friuli adottivo, al suo destino di passare, inosservato, al margine della storia».
ChiudiBibliografia
M. DE MICHELI, Trasanna: un poeta sconosciuto, in G. TRASANNA, Pamphlet, Milano, Giordano, 1966; F. LOI, Postfazione a G. TRASANNA, Una camera di legno dolce, Milano, Mondadori, 1991; C. MAGRIS, Microcosmi, Milano, Garzanti, 1997, 41; A. COLONNELLO, Prefazione a G. TRASANNA, Una camera di legno dolce, Udine, Edizioni Messaggero Veneto, 2004; F. MERLUZZI, Trasanna e Bierti, raminghi a Milano, «MV», 8 aprile 2004; F. LOI, Un uomo, un’epoca, in G. TRASANNA, Quattro pali per San Sebastiano, Sequals, Circolo culturale Menocchio/Circolo di Meduno, 2006; M. TURELLO, Trasanna, pugile e scrittore disperato, «MV», 12 novembre 2006.
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