Nacque a Udine il 3 novembre 1819 dal conte Luigi e da Marianna Mauroner; trascorse la giovinezza tra il Friuli (nel capoluogo e nel castello avito di Tricesimo) e Trieste, in cui risiedeva la famiglia materna, e proprio in quell’ambiente cominciò ad avvicinarsi al mondo dell’arte. Studiò a Vienna, presso il collegio Teresiano dei nobili e, seguendo la volontà paterna, iniziò i corsi di giurisprudenza nell’Università della capitale asburgica, abbandonandoli però per dedicarsi totalmente alla propria passione, la pittura. Quindi V. si iscrisse all’Accademia di belle arti di Venezia, per trasferirsi in seguito a Monaco di Baviera, dove frequentò l’atelier del paesaggista Julius Lange, e infine a Firenze, divenendo allievo dell’ungherese Carlo Markò. Dell’attività pittorica di V. ben poco si conosce (probabilmente smise di dipingere attorno al 1860); tuttavia la sua presenza è segnalata in esposizioni tenute a Udine, Venezia e Trieste negli anni Cinquanta. Inoltre sono noti alcuni suoi dipinti in collezioni private, dedicati a paesaggi friulani, mentre nei Civici musei di Udine è conservata una tela datata 1855 raffigurante la Ritirata di Garibaldi sull’Appennino. L’opera di V. doveva essere tenuta in particolare considerazione dalle autorità udinesi, poiché la camera dove pernottò Vittorio Emanuele II durante la visita del 1866 fu adornata con un suo cartone, che illustrava il «corteo nuziale d’una principessa di Savoia, assalito e massacrato tra l’impervio rupestre paesaggio delle Alpi Graie» (Costantini, 1925, 358). Nel 1844 V. fu nominato socio corrispondente dell’I. R. Museo d’arte e industria di Vienna e nel corso degli anni Cinquanta, parallelamente alla pittura, si dedicò allo studio dei metodi di restauro delle antiche opere d’arte, acquisendo notevole fama e autorevolezza, tanto che nel 1856 fu chiamato a dirigere i lavori per il restauro del Tempietto longobardo di Cividale (condotti a termine nel 1859-1860). I criteri che contraddistinsero l’azione di tutela di V. furono improntati al cosiddetto “restauro conservativo”, il quale mirava al rispetto dell’originalità dell’opera e al suo recupero “scientifico”, seguendo in tal modo le posizioni teorizzate da Pietro Selvatico e Giovanni Battista Cavalcaselle, in opposizione al “restauro amatoriale”, allora praticato soprattutto da artisti legati al mondo antiquariale. ... leggi Nel 1860 V. fu nominato ispettore ai monumenti del Friuli e, dall’anno successivo, iniziò a pubblicare su periodici friulani interventi rivolti alla scoperta della pittura locale del XV secolo, occupandosi soprattutto dell’opera dei cosiddetti “tolmezzini” in Carnia e di quella di Pellegrino da San Daniele, sensibilizzando pure nei confronti della loro tutela: contributi che rivelano una notevole preparazione storica. Nel 1864 sposò Caterina de Rubeis, da cui l’anno seguente ebbe il figlio Tristano e, nel 1868, Ida. A partire dal 1863 il chimico bavarese Maximilian Pettenkofer iniziò a rendere nota la scoperta di un metodo per il restauro dei dipinti ad olio, basato sull’impiego di particolari sostanze che avrebbero permesso la “rigenerazione” delle vernici ossidate, pubblicando nel 1870 un volume in cui dava conto dell’innovazione (in seguito i restauratori abbandonarono simili sistemi). Il nobile friulano – anche grazie all’ottima conoscenza della lingua tedesca – cominciò a studiare e ad approfondire tale scoperta, e nel 1873 diede alle stampe una prima descrizione della nuova “rivoluzionaria” metodologia e delle sue ampie possibilità d’impiego (sull’argomento sarebbe tornato con nuove pubblicazioni nel 1874, 1875, 1891 e 1892): le teorie di Pettenkofer, sorrette dalla cultura positivista del periodo, e la loro applicazione da parte di V. ebbero un’ampia eco, ma furono destinate a scontrarsi con i sistemi tradizionalmente adottati dai restauratori. Infatti, benché al conte udinese gli organi ufficiali del neonato Stato italiano avessero affidato sia il compito di divulgare attraverso conferenze il metodo di “rigenerazione” dei dipinti ad olio, sia l’incarico di condurre il restauro di molte importanti tele, soprattutto nel Museo Correr di Venezia e agli Uffizi (nel 1891 intervenne sulla celebre Venere di Urbino di Tiziano), gli furono mosse diverse critiche, tanto da indurre nel 1892 il Ministero dell’istruzione ad esonerarlo dai suoi incarichi. L’attività di restauro di V. si concentrò in modo particolare in Friuli, a partire dal 1880, e riguardò soprattutto dipinti dei maestri del rinascimento (l’elenco completo e la loro descrizione in Terribile, 2003). Dal 1866 fu chiamato a far parte della Commissione archeologica del Friuli, la quale nel 1876 assunse la denominazione di Commissione conservatrice dei monumenti, e anche in tale veste collaborò, fra il 1869 e il 1876, con Cavalcaselle – la cui conoscenza risaliva agli anni di studio nell’Accademia di Venezia –, allora impegnato nella stesura del suo inventario degli oggetti d’arte della Provincia del Friuli, aggiungendovi un’interessante Appendice, dedicata alle opere perdute (in Cavalcaselle, 1973). V. morì nell’avito castello di Tricesimo il 20 luglio del 1901.
ChiudiBibliografia
Scritti di G.U. Valentinis: Della conservazione delle arti belle, «Rivista friulana», 29 settembre 1861; Di alcuni dipinti ignorati d’antichi pittori friulani, ibid., 30 agosto 1863; 6, 13 e 20 settembre 1863; Della conservazione dei monumenti di Belle Arti in Friuli, «Giornale di Udine», 15, 17 e 18 dicembre 1866; La rigenerazione dei dipinti per Pettenkofer. Memoria di Giuseppe Uberto Valentinis, Udine, Tip. G. Seitz, 1873; Il restauro e la rigenerazione dei dipinti ad olio di Massimiliano de Pettenkofer. Studii di Gius. Uberto Valentinis, Udine, Tip. G. Seitz, 1874; La Rigenerazione e Regie Pinacoteche, Udine, Tip. G. Seitz, 1875; Cose d’arte. Lettura fatta nell’Accademia di Udine il 21 giugno 1878, Udine, Doretti, 1880; La riparazione dei dipinti secondo il metodo Pettenkofer esposta da Gius. Uberto Valentinis, Udine, Tip. G. Seitz, 1891; Il governo razionale delle Pinacoteche, desunto dalle teorie e pratiche di Massimiliano D.r de Pettenkofer, Udine, Del Bianco, 1892; A proposito della conservazione degli antichi dipinti, «La Patria del Friuli», 4, 6 e 7 giugno 1892; L’antichissimo Monastero di Santa Maria in Valle in Cividale, ibid., 22, 23 e 26 febbraio 1895; Memorie storico-artistiche sulla Veneranda Chiesa Matrice dei Ss. Mm. Gervasio e Protasio di Nimis, Udine, Tip. del Patronato, 1899; Appendice (Distinta d’opere d’arte perdute), in G.B. CAVALCASELLE, La pittura friulana del Rinascimento [ed. originale 1876], a cura di G. BERGAMINI, Udine/Vicenza, Deputazione di storia patria per il Friuli/Neri Pozza, 1973, 283-301.
G. COSTANTINI, Il castello di Tricesimo ed il suo restauratore, «La Panarie», 2/12 (1925), 355-361; A. CONTI, Storia del restauro e della conservazione delle opere d’arte, Milano, Electa, 1988, 298-300; S. RINALDI, Il metodo Pettenkofer in Italia (1865-1892): cause ed effetti della rigenerazione delle vernici, «Bollettino d’Arte», 85 (2000), 117-125; Il restauro dei dipinti nel secondo Ottocento. ... leggi Giuseppe Uberto Valentinis e il metodo Pettenkofer. Atti del convegno internazionale di studi (Tricesimo-Udine, 16-17 novembre 2001), a cura di G. PERUSINI, Udine, Forum, 2002; C. TERRIBILE, Il ‘nobile rigeneratore’. I restauri di Giuseppe Uberto Valentinis, Udine, Forum, 2003; V. FORAMITTI, Il Tempietto longobardo nell’Ottocento. Selvatico, Valentinis e i primi restauri dell’oratorio di S. Maria in Valle di Cividale, Udine, Edizioni del confine, 2008.
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