Di nobile famiglia, imparentato (come dice lui stesso) con l’omonimo umanista docente a Padova (1370-1444), nacque a Capodistria nel 1498. Laureatosi a Padova in diritto nel 1524, rimasto vedovo dopo un anno di matrimonio per la morte della moglie Diana Contarini, decise di dedicarsi alla carriera ecclesiastica. Nel 1533 papa Clemente VII lo mandò nunzio alla corte di Vienna. Fu il nuovo pontefice Paolo III nel gennaio 1535 a incaricarlo di una missione nelle città tedesche per ottenere che i principi, schierandosi dalla parte di Roma, aderissero al programmato Concilio. Nell’ottobre di quell’anno a Wittenberg si incontrava anche con Lutero. Negli anni 1533-36 riuscì così ad avere una diretta conoscenza di che cosa fosse ormai diventata la Riforma protestante e maturò la convinzione che solo un vero Concilio ecumenico, aperto al dibattito più libero, potesse sanare una divisione che si aggravava ogni giorno. Ma non essendo condivise dagli uomini di curia le sue posizioni, dovette abbandonare la diplomazia vaticana e, secondo il classico schema del “promoveatur ut amoveatur”, nel maggio 1536 venne nominato a capo della diocesi di Modrussa, vicino a Fiume e poco dopo trasferito sulla cattedra della città natale di Capodistria, dove rimase fino al 1549. Come vescovo residente si impegnò a riformare la sua diocesi e a cancellare tutta una serie di manifestazioni devozionali giudicate superstiziose quali certe processioni o certi culti dei santi (ad esempio quello di san Giorgio); un altro dei bersagli preferiti della sua polemica fu il culto della Madonna di Loreto. Già nel 1544 era stato aperto contro di lui un complesso processo inquisitoriale con accuse di eresia; così il primo maggio 1549, mentre stava concludendosi il procedimento, temendo di essere arrestato, decise di fuggire verso la Svizzera. ... leggi Condannato, poco dopo fu privato della dignità episcopale. Negli anni 1549-53 fu pastore protestante nei Grigioni, conducendo una dura vita di predicazione in piccoli paesi delle Alpi, ma soprattutto dedicandosi ad un’instancabile attività di scrittura contro il Papato e il Cattolicesimo. Finalmente approdò a Tubinga dove, apprezzato teologo luterano e consigliere del duca del Württenberg, rimase fino alla morte avvenuta nel 1565. Da vescovo cattolico (l’unico vescovo passato alla Riforma) diventato pastore protestante nei Grigioni, e poi in Germania si impegnò come nessun altro riformato italiano nella polemica con la Chiesa di Roma, contro la quale pubblicò innumerevoli libri e libretti di controversia; alla fine della sua vita sarebbero stati forse duecento. Queste vicende gli procurarono una fama (non veramente meritata) di personaggio ambizioso, imprudente e anche litigioso, con la conseguenza di ottenere anche per questo una limitata attenzione da parte della storiografia dei secoli seguenti. Come tratto unificante della sua complessa personalità e delle sue complicate vicende umane, lo si può definire un “polemista”, perché in fondo tale fu per tutta la sua vita: negli anni giovanili aveva polemizzato aspramente con Lutero, mentre nella maturità attaccò con durezza la Chiesa di Roma. Accanto a questo dato va messa in evidenza la sua natura di intellettuale europeo che attraversa e conosce diversi paesi, pronto a confrontarsi (o a scontrarsi) con scelte di vita e posizioni dottrinali diverse dalle sue. Per i rapporti che il V. ebbe col Friuli e con i Friulani, bisogna ricordare che in quegli anni drammatici sulle strade che collegavano l’Istria, il Friuli e il Veneto con l’oltreconfine della Carinzia, verso Vienna e la Germania, circolavano uomini e merci, ma, sulle bocche dei viaggiatori e sulle pagine dei libri, anche le idee. Per questo, già nel 1534 mentre era nunzio alla Corte di Vienna, il V. aveva denunziato con particolare preoccupazione la presenza di aderenti alla protesta religiosa a Trieste e in Istria. Il V. inoltre conosceva diversi udinesi e parecchi altri abitanti della regione; verso la fine degli anni Quaranta aveva stretti rapporti in particolare con personaggi come Giovanni Onesti (Zuanne de Honestis, Vanni degli Onesti) e col fratello di questo, Giuseppe, col notaio Marco Antonio Fiducio che in seguito fu per molti anni autorevole cancelliere della città, con le monache di S. Chiara di Udine, tra le quali c’era una sua sorella, suor Coletta. Amicizie e legami che continuarono nel tempo se, nel settembre 1549, quando dunque probabilmente la sua fuga era già nota, i simpatizzanti udinesi organizzarono una colletta a suo favore; la prima offerta risulta proprio quella delle monache di S. Chiara. Da una lettera di Giuseppe Onesti al fratello Giovanni, in data 20 settembre 1549, si apprende che da Udine si indirizzavano testi al V. per farli pubblicare: sembra che gli amici udinesi sapessero che ora egli aveva a disposizione i torchi di Dolfino Landolfi a Poschiavo dove, a poche settimane dal suo arrivo nei Grigioni, cominciava a far imprimere i suoi scritti di battaglia: qui negli anni 1549-53 uscirono circa una ventina di opuscoli vergeriani, oltre ad altri testi di propaganda protestante rivolti soprattutto all’Italia. Per diffondere i suoi scritti, che spesso erano dei veri e propri “instant-books”, il V. organizzò diversi viaggi in Italia dell’amato nipote Aurelio, trasformato in un vero e proprio colportore. Già all’ottobre 1552 si data un primo giro per il Friuli (ma anche il Veneto e l’Istria) del quindicenne nipote, il quale aveva il compito di portare singoli pacchetti con libri e una lettera per i diversi destinatari: in questo caso conosciamo almeno i nomi del Fiducio e della clarissa suor Elena (Onesti). Nel secondo viaggio di Aurelio del 1554 si sa che a Udine venne ospitato in casa del Fiducio; per questa spedizione conosciamo anche il prezioso vademecum che il V. aveva preparato per il nipote per guidarlo ed evitargli brutte esperienze come quella capitatagli in precedenza a Brescia, quando aveva rischiato di essere arrestato. Nelle istruzioni si legge subito l’ammonimento: «Entra per il Friul et per il Friul torna. Per mia opinion, non ti curar di mostrarti sulla piazza, basta di visitar a casa i nostri et partirti subito». E poi ci sono le dettagliate indicazioni su luoghi da visitare e persone a cui lasciare i volumi: «Però ti ho dato de’ libri et so non esser pericolo, però per il Friuli e per l’Istria donane con prudentia, avertendo che sono di diverse sorte, et di cadauna sorte fane havere ai fratelli d’Uderzo, a Pordenon, a Udene, a Trieste, in Capodistria. Darai a suor Coletta quel intitulato Lodovico Rasoro. […] Et qualche cosa manda a Pirano et al Pantera […]»: dunque V. voleva inviare libri anche a Giovanni Antonio Pantera, vicario generale della diocesi di Parenzo. Ma soprattutto i «fratelli di Udene» vengono indicati come un sicuro punto di riferimento: «Ricordandoti etiam di consegliarti con tuoi barbani i Mantichi et altri fratelli in Udene. […] In Udene vedi de parlar con madonna Elena […]». In particolare i fratelli udinesi dovevano collaborare alla distribuzione dei libri già fatti arrivare in Friuli con precedenti spedizioni. Visto che nel 1556 Aurelio fu arrestato a Pirano, dove si era imprudentemente fermato, nella primavera del 1558 lo stesso V. dopo una sosta a Vienna, accolto con simpatia da Massimiliano II, si sarebbe impegnato di persona in un viaggio propagandistico e promozionale attraverso il Friuli. In tale decisione è evidente la spavalderia, ma anche una certa dose di incoscienza, perché in caso di arresto il rogo sarebbe stato sicuro. Antonio Battistella, che nel 1914 pubblicava sulle «Memorie Storiche Forogiuliesi» i costituti di sei testimoni convocati dall’Inquisizione di Udine nel maggio-giugno seguente, dichiarava di non credere che la “diceria” di questo viaggio friulano avesse fondamento; sarebbe stato Pio Paschini nel 1919 a confermare definitivamente quella intrusione vergeriana. L’itinerario era lungo e abbastanza tortuoso: su una carrozza tirata da tre (o sei) cavalli e seguito da sette o otto cavalieri, partì da Villach e, per Pontebba, Tricesimo, Manzano, Mariano e Sagrado, arrivò a Duino, dove doveva incontrare i parenti arrivati da Capodistria. Duino faceva parte della diocesi di Aquileia, ma politicamente era sotto gli Asburgo; anzi, fu proprio il capitano imperiale della piazza, Mathias Hofer, ad ospitarlo in casa sua durante i giorni di permanenza. Nelle varie località che attraversava, nelle osterie in cui si fermava, il V. propagandava le sue idee religiose e mandava a salutare amici e conoscenti che risiedevano vicino ai luoghi di sosta: tra gli altri, i nobili Cornelio Frangipane da Castello, famoso giurista e avvocato, conosciuto fin dal 1539, e Pietro Percoto. I testimoni dichiararono che V. aveva con sé una gran quantità di libri, che dava a chiunque ne volesse. Pare che a Cormons egli avesse creato un deposito segreto delle sue opere dal quale, per parecchi anni in seguito, avrebbero attinto i suoi seguaci. A Duino si fermò una settimana, dal 18 al 25 marzo, e predicò varie volte in pubblico nella chiesa di S. Giovanni. Si vociferava anche di un suo progetto di staccare Friuli ed Istria dalla Chiesa di Roma. Solo il 30 maggio il consiglio dei Dieci ordinava il suo arresto, ma lui era già partito cinque giorni prima a cavallo, prendendo la strada di Lubiana, per non attraversare il territorio veneto. Poco dopo il vicario patriarcale Maracco emetteva un proclama per recuperare i tanti testi distribuiti dall’eretico, ma pare che l’iniziativa abbia avuto ben scarso successo. Forse solo un sequestro di libri fu operato da Annibale Grisonio nel 1558, probabilmente in Istria (la lista è oggi conservata all’Archivio del Sant’Uffizio di Udine): per il fatto di essere costituito tutto di testi vergeriani, può essere collegato ai provvedimenti presi dalle autorità cattoliche dopo il viaggio dell’ex vescovo.
ChiudiBibliografia
UGHELLI, Italia sacra, V, 391-392; P. SARPI, Istoria del Concilio Tridentino, a cura di C. VIVANTI, Torino, Einaudi, 1974, 125-129; A. BATTISTELLA, Atti di un processo informativo contro Pier Paolo Vergerio presso il S. Officio di Udine, «MSF», 10 (1914), 474-482; P. PASCHINI, Vergerio in Friuli nel 1558, «MSF», 15 (1919), 131-132; A. BATTISTELLA, Un temuto rientro del Vergerio in Friuli nel marzo 1558, «Archivio Veneto-tridentino», 8 (1925), 184-204; A. JACOBSON SCHUTTE, Pier Paolo Vergerio e la Riforma a Venezia 1498-1549, Ginevra, Droz, 1977 (= Roma, Il Veltro, 1988); S. CAVAZZA, Pier Paolo Vergerio nei Grigioni e in Valtellina (1549-1553): attività editoriale e polemica religiosa, in Riforma e società nei Grigioni Valtellina e Valchiavenna tra ’500 e ’600, a cura di A. PASTORE, Milano, Angeli, 1991, 33-62; A. DEL COL, L’Inquisizione nel Patriarcato e Diocesi di Aquileia 1557-1559, Trieste, Edizioni dell’Università/Montereale Valcellina, Centro studi storici Menocchio, 1998, XXVIII-XXX, CCII-CCIV, 147-152; Pier Paolo Vergerio il Giovane un polemista attraverso l’Europa del Cinquecento, a cura di U. ROZZO, Udine, Forum, 2000; U. ROZZO, Pier Paolo Vergerio il Giovane tra il Friuli e l’Europa, in I rapporti dei Friulani con l’Italia e con l’Europa nell’Epoca Veneta. Atti del convegno internazionale (Colloredo di Montalbano, 6-7 ottobre 2000), Padova, Cleup, 2000, 103-116; Contributi dal Convegno internazionale Pier Paolo Vergerio il Giovane, «Acta Histriae», 8 (1999) [2000]; U. ROZZO, Edizioni protestanti di Poschiavo alla metà del Cinquecento (e qualche aggiunta ginevrina), in Il protestantesimo di lingua italiana nella Svizzera, a cura di E. CAMPI - G. LA TORRE, Torino, Claudiana, 2000, 17-46; R.A. PIERCE, Pier Paolo Vergerio the Propagandist, Roma, Edizioni di storia e letterarura, 2003.
Nessun commento