Nella prima metà dell’Ottocento, in un piccolo paese della pianura friulana, ebbe origine e si sviluppò una delle più importanti dinastie di organari italiani.
Il capostipite Valentino, figlio degli agricoltori Giuseppe Zanini, detto Picecco, e Elisabetta Pizzecco, nacque a Camino al Tagliamento (Udine) il 6 maggio 1797; in gioventù si dedicò alla lavorazione dei metalli e costruì per le chiese di Camino, Passariano e Rivolto alcuni candelieri e lampade in ottone (Fabris). Secondo una consolidata tradizione iniziò a occuparsi di organaria nel 1827, quando la chiesa del suo paese, dopo aver acquistato a Spilimbergo un piccolo organo antico, glielo affidò per un ampliamento; Valentino aggiunse i Contrabbassi, i Flauti e altri registri «senza aver avuto istradamenti elementari all’arte» (Marcuzzi). Dopo alcuni anni di studio e approfondimento delle tecniche costruttive realizzò il suo primo organo, montato nell’autunno 1834 nella parrocchiale di Ciconicco. Seguirono altri strumenti di maggiori dimensioni, alcuni dei quali trovarono gli elogi della stampa locale e nazionale (Cordenons 1844, Talmassons 1850, S. Giacomo a Udine 1854). Verso la metà del XIX secolo le richieste della committenza s’intensificarono e in bottega vennero in aiuto i figli Giuseppe (1822-1907) e Pietro (1838-1928). Dopo il 1866 Valentino si trasferì con il figlio Pietro a Gradisca d’Isonzo e qui rimase alcuni anni; ritornato al paese d’origine, vi morì il 14 gennaio 1887. Costruì una sessantina di organi, oltre a diversi ingrandimenti e numerosi restauri, rimanendo sempre legato alla scuola veneta in particolare callidiana, pur inserendo nel tempo alcuni elementi di modernità con apporti della scuola lombarda. ... leggi Stando a quanto viene riportato nel suo annuncio funebre costruì anche pianoforti, ma tali strumenti sono andati perduti.
Anche Pietro nei suoi primi organi (San Canzian d’Isonzo, 1874; Corona di Mariano del Friuli, 1887) rimase fedele ai dettami della tradizione classica veneta, mentre in quelli successivi (San Vito al Torre, 1895; duomo di Gradisca d’Isonzo, 1900) si adeguò alle norme prescritte dalla riforma ceciliana. Seguendo l’insegnamento paterno s’ingegnò pure in lavori di meccanica: era considerato un abile armaiolo e costruì parafulmini per chiese e campanili. Nel 1874 sposò la gradiscana Luigia Monai, dalla quale ebbe numerosi figli; di questi solamente il primogenito Valentino (nato nel 1875) lavorò con il padre. Dopo la morte di Pietro, avvenuta a Gradisca il 22 dicembre 1928, un giornale goriziano pubblicò il necrologio e così ricordò i suoi ultimi anni di vita «Scrupoloso fino all’eccesso, non seppe e non volle farsi risarcire i danni di guerra subiti come sarebbe stato giusto, e fu costretto all’inattività per mancanza di mezzi».
Beniamino (1856–1938), figlio di Giuseppe, iniziò a lavorare assieme al padre per gli organi di Canebola (1884) e di Ospedaletto (1886). Fu uno dei primi in Italia a costruire organi cromatici con pedaliera estesa a 27 note e ad adottare la cassa espressiva; a tale proposito è interessante rileggere quanto Beniamino scrive nel progetto per l’organo di Comeglians (1897): «Una cassa armonica costruita in legno, che servirà a contenere tutte le canne dell’organo, eccettuato il principale e li contrabassi; e questo servirà a fare l’effetto di crescendo, come se l’organo fosse a due tastiere». Per la sua fama, nel 1921 ottenne l’onorificenza di ufficiale dell’ordine con croce al merito dell’Accademia fisico-chimica italiana con sede a Palermo.
Con Francesco (1889–1970)
e Giuseppe (1896–1975), figli di Beniamino, la ditta Zanin intensificò la produzione, procurandosi ordinazioni anche al di fuori dell’ambito friulano-veneto; dopo il primo conflitto mondiale, con l’organo di Forgaria (1923, op. 258) iniziò la fabbricazione di strumenti a trasmissioni pneumatico-tubolari, con due/tre tastiere e pedaliera concava. Le generazioni seguenti proseguono ancor oggi l’attività, continuando a rinnovare e a perfezionare l’arte organaria nel segno della tradizione familiare.
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