Fiorentino, appaltatore della zecca patriarcale, Z. di P. da Ghiacceto e di Giacoma di Bartolomeo di Francesco di Bortolo da Firenze fu attivo in Friuli dal patriarcato di Filippo d’Alençon a quello di Antonio Pancera. Dapprima batté moneta a Cividale, almeno a partire dal 1385 e sicuramente ancora nel 1387, quando il 2 novembre il notaio Giovanni di Guglielmo da Cividale redigeva il rogito per il saggio della moneta effettuato dall’orefice Giacomo di Gioioso da Udine. In quel periodo Z. andava trafficando con l’appoggio di taluni fiorentini qui immigrati. Alcuni documenti lasciano supporre che anche i capitali necessari per il rilevamento e il funzionamento dell’officina monetaria fossero frutto almeno in parte di manovre locali. La presenza del “magister monetarius” è segnalata a Cividale fino agli inizi degli anni Novanta; ma nel 1394 egli sicuramente abitava a Udine. Nel 1396 aveva casa in Speronariis, nel 1402 in Mercatovecchio in un edificio di Francesco Valentinis, anche se la moneta il 14 aprile 1400 veniva saggiata in una casa del borgo di porta Cividale. Al patriarca Z. non forniva solo la percentuale sul denaro battuto – denari, appunto, di una lega d’argento nel 1387 dal peso di g 0, 84 e dal titolo di 0, 559, calati sotto Antonio Caetani al peso medio di 0, 75 e a un titolo inferiore – ma procurava perfino una cavalcatura, se richiesto. Il suo ruolo gli permetteva istituzionalmente grande libertà di movimento all’interno del patriarcato prima di tutto per reperire il metallo necessario all’officina. Del resto il patriarca non negava il lasciapassare e l’esenzione di pedaggi a lui e ai compagni perché si movessero fuori dalla Patria del Friuli, segnatamente per rientri a Firenze. La comunità udinese in uno di questi viaggi lo pregava di riferire eventuali notizie utili per la politica locale. ... leggi Nell’interregno successivo al patriarcato di Giovanni di Moravia cominciò un periodo nel quale le decisioni sulla moneta furono prese dai centri importanti del Friuli, ossia da Udine, Cividale e Gemona, che cercarono d’imporsi, non sempre con fortuna, anche negli anni successivi. Pertanto diventarono importanti anche i rapporti del “magister monetarius” con la comunità. Egli godeva di autorevolezza in Friuli, ma anche a Firenze, probabilmente per la solidità dei suoi investimenti al Monte, dal momento che nel 1400 fu nominato tra i dodici “buonomini”, come scriveva alla comunità udinese da Firenze il 23 novembre. In questo periodo il privilegio della gestione della zecca passò per pochi mesi nelle mani del solo Nicolò di Candido, che abbastanza presto avvertì la necessità di stringere società con Z. Il 3 febbraio 1402 si firmava il patto con il quale Nicolò si esponeva con una cifra di 2.800 ducati e Z. con 2.200. Ma il nome e il credito di quest’ultimo costituivano garanzia necessaria per la fortuna dell’impresa. Il rapporto fra il Fiorentino e l’Udinese continuò anche in assenza del primo, che, avendo mantenuto solidi rapporti con la sua città, nel 1406 ne fu creato gonfaloniere. Aveva però a Udine il figlio Paolo e l’abile fattore Domenico di Gerardino, quest’ultimo tanto competente nella contabilità che il comune di Udine nel 1400 lo aveva incaricato di esaminare insieme con Nicolò Soldonieri l’idoneità di un maestro di abaco da ingaggiare. Per tutto il periodo della coniazione in Udine Z. ebbe come saggiatore l’orefice Domenico Brunacci, con il quale non si trova traccia di disaccordo, mentre ci fu una vertenza con l’orefice Giacomo di Gioioso per un saggio ed ancora nel 1395 con il medico Nicolussio (a quel punto defunto) il quale gli aveva fornito 600 ducati da trafficare nell’azienda. Il “magister monetarius” morì a Udine il 9 giugno del 1411. I suoi eredi si occuparono della zecca fino all’autunno. Il 26 ottobre nella sua casa si saggiò per l’ultima volta la moneta battuta dalla società Zanobi-Nicolò di Candido. Il suo fattore liquidò i suoi affari e nel dicembre il figlio di Z., Paolo, gli cedette un immobile probabilmente per saldare le ultime competenze.
ChiudiBibliografia
Ms BCU, Principale, 934, Lettera di Zanobi alla comunità; FABRIZI, Excerpta, f. 30r-31r.
BATTISTELLA, Toscani, 249; DE RUBEIS, De nummis, 144-149; LEICHT, Parlamento, 1, 377; PASCHINI, Il patriarca Antonio Caetani, 110, 153; BIASUTTI, Zecca; CARGNELUTTI, Toscani, 96, 249; SCALON, Biblioteca, 301-302, n° 513; MASUTTI, Zecca.
Nessun commento