ZIGAINA GIUSEPPE (1924-2015)

ZIGAINA GIUSEPPE (1924-2015)

pittore

Immagine del soggetto

Il pittore Giuseppe Zigaina in un ritratto di Danilo De Marco.

Protagonista del realismo italiano del dopoguerra assieme ad altri pittori e scultori, Z. è anche notissimo come incisore e disegnatore. Nato a Cervignano del Friuli il 2 aprile 1924, entrò nel collegio di Tolmino nel 1934 e vi rimase fino all’8 settembre 1943. Frequentò il Liceo artistico di Venezia e conseguì la maturità nel 1944, dopo avere già tenuto la sua prima personale alla Fondazione Bevilacqua La Masa. Nel 1948 espose a Venezia in una personale alla Galleria del Cavallino e fu presente con un’opera alla prima Biennale Internazionale d’Arte veneziana del dopoguerra; l’anno seguente realizzò tredici disegni per il volume Dov’è la mia Patria di Pier Paolo Pasolini, edito dall’Academiuta di lenga furlana di Casarsa della Delizia, paese natale della madre del poeta. In questo periodo conobbe Renato Guttuso ed entrò in contatto con Armando Pizzinato, Raffaele De Grada ed Ernesto Treccani con i quali elaborò le basi teoriche del movimento realista, da cui avrebbe preso successivamente le distanze. Nel 1950 venne invitato alla Biennale di Venezia con tre opere (Occupazione delle terre, Biciclette e falci, Erba ai conigli) e ottenne il premio Fontanesi. Partecipò alla Biennale anche nel 1952 (con tre opere), nel 1954 (anno in cui fu presente anche alla III Biennale del Museo d’arte moderna di San  Paolo del Brasile ed eseguì un murale per la X Triennale di Milano), nel 1960 con una mostra personale presentata in catalogo da Mario De Micheli (in questa occasione gli venne assegnato il premio Ginori) e nel 1966 (ancora con una mostra personale). Nel 1956 e nel 1989 partecipò alla Quadriennale di Roma, ma numerosissime sono nel corso della sua esistenza le partecipazioni alle più importanti mostre d’arte soprattutto in Italia, in Europa e in America, così come innumerevoli sono le mostre antologiche che sono state dedicate alla pittura, al disegno, all’incisione del maestro friulano, all’estero: Skopje (1965, Museo d’arte moderna, catalogo curato da Giovanni Carandente), Losanna, Monaco di Baviera, Praga, etc. ... leggi, oltre che in varie città italiane, da Ferrara a Bologna, da Trieste a Udine. Illustrò nel 1958 le Confessioni di un ottuagenario di Ippolito Nievo per l’editore Volk und Welt di Berlino. Nel 1968 eseguì i bozzetti per l’allestimento scenico del film Teorema di Pier Paolo Pasolini, che nel 1971 gli affidò la parte del frate santo nel film Decameron. Nel 1983 Z. fu invitato alla rassegna ‘World Prints’ a San Francisco, città dove nel 1984 iniziò un periodo di insegnamento all’Art Institute e presentò ufficialmente alla Berkeley University la sua teoria rivoluzionaria sulla morte/linguaggio di Pasolini. Nel 1987 uscì, per i tipi di Marsilio, il primo libro su Pier Paolo Pasolini: Pasolini e la morte. Mito, alchimia e semantica del “nulla lucente” (edizione tedesca, Pasolini und der Tod, München, Piper, 1989). Pubblicò in seguito altri libri sul poeta per lo stesso editore: Pasolini tra enigma e profezia (1989); Pasolini e l’abiura. Il segno vivente e il poeta morto (1993); Hostia. Trilogia della morte di Pier Paolo Pasolini  (1995); Pasolini. Un’idea di stile: uno stilo! (1999); Pasolini e il suo nuovo teatro (2003); per le edizioni La Scaletta di San Polo d’Enza, Temi e treni di Pier Paolo Pasolini. Un giallo puramente intellettuale  (La Scaletta editore, 2000). Presso Marsilio, pubblicò anche quattordici racconti autobiografici intitolati Verso la laguna (1995) e Mio padre l’ariete (2001). Il catalogo generale della sua opera, in due volumi, a cura di Marco Goldin, è stato pubblicato da Electa nel 1996. Negli anni seguenti si sono svolte alcune altre importanti mostre corredate da corposi cataloghi: l’ampia antologica al Museo Revoltella di Trieste nel 2000, una mostra di disegni e incisioni nel 2001 (Monaco, Bologna, Salisburgo e Udine, corredata in quest’ultima località da un’esposizione di dipinti), una grande retrospettiva “Verso la laguna” al Museo della Permanente di Milano (2005), e infine l’ampia mostra nei suggestivi spazi della Villa Manin di Passariano (2009). Il 16 aprile 2015 l’artista scomparve, all’età di 91 anni, a Palmanova. L’anno seguente la Triennale Europea dell’Incisione, da lui fondata nel 1981 per promuovere la conoscenza delle arti incisorie, gli dedicò una mostra nella chiesa di San Francesco di Udine.

Z. fin dagli anni giovanili ha mostrato di possedere una personalità straordinaria, e idee forti e spesso controcorrente: se ne avvide già il pubblico di Gorizia, presente alla sua Personale in palazzo Attems nel 1947; ne presero atto anche i visitatori delle Biennali di Venezia tra il 1948 ed il 1952. I primi anni Cinquanta sono quelli ben noti del neorealismo, il movimento che vide impegnati poeti e letterati, fotografi, registi ed artisti e che produsse alcune significative testimonianze della vita italiana di quegli anni tormentati da contrapposte ideologie, immagini nelle quali compaiono in primo piano, con tutti i loro problemi e le loro esigenze, le classi operaie. Di questa umanità dolente, di questi proletari asserviti ad un padronato spesso miope e chiuso nei propri meschini interessi di classe, Z. offrì una serie magistrale di stupefacenti immagini che, mentre rappresentano una delle pagine più alte e più vive della pittura italiana del Novecento, si pongono sia come documento imprescindibile per il recupero e la ricostruzione di un preciso momento della grande storia – spesso dimenticata o sottovalutata, e pur epica e coinvolgente – delle classi subalterne, sia come un affresco dagli ampi contorni capaci di interpretare e riflettere al meglio una situazione tipicamente friulana e veneta. Mezzi di locomozione, carri, biciclette, carichi di strumenti di lavoro riprodotti con forza evocativa, nella loro inane presenza diventano muti testimoni del dramma. Interpreti desolati e disperati ne sono uomini che attendono un traghetto, che occupano terre, che scioperano, che tornano dai campi: il mondo della campagna spogliato di quel lirismo artefatto e mellifluo, fiabesco e romantico che l’Ottocento gli aveva cucito addosso e della cui pericolosa vacuità e mistificazione già si era accorto Pier Paolo Pasolini, ma finalmente ora rappresentato nella sua cruda quotidianità. Assemblea dei braccianti sul Cormor: sciopero a rovescio del luglio 1950, il grande quadro (cm 250×316) presentato alla Biennale del 1952 ed oggi conservato nella Galleria d’arte moderna di Udine, rappresenta  l’espressione più alta della produzione pittorica di questo periodo e si pone come capolavoro assoluto del neorealismo italiano. Un dipinto di rara bellezza per l’ampio respiro di cui è pervaso, per i valori universali che sa trasmettere. Nell’immobile fissità dei volti, nella forte, virile tensione degli animi trova sublimazione la ferma volontà dei braccianti friulani, “armati” di vanghe e di biciclette, di far sentire la propria voce al padronato, di togliersi dalla condizione di sotàns in cui erano per secoli vissuti. Il robusto plasticismo dei dipinti di questo periodo si placa alquanto nelle opere degli anni seguenti (Verso la laguna e Falciatore in attesa del 1955, I braccianti del 1957): forse Z. riteneva concluso – e aveva soltanto trent’anni – un periodo pur importante della sua attività artistica. Alla fine degli anni Cinquanta il pittore abbandonò dunque i temi che aveva vissuto con sofferta partecipazione e alla visione del mondo contadino sostituì realtà proprie della civiltà industriale, ma rivissute e interpretate con sottile pessimismo e senso critico. In tele come Bambini che giocano alla guerra, Notturno italiano, Il Protagonista tutte del 1959, o nella serie dei Generali del 1960, ironici richiami al “disgelo” krusceviano ed alla inutilità della guerra, Z. accoglie esperienze materiche, mentre la sirena dell’informale lo attrae nei primi anni Sessanta: da qui una serie di quadri (ed una ancor più lunga produzione di disegni e incisioni) intitolati La farfalla del 4 novembre oppure Dal colle di Redipuglia ed altri dai titoli similari composti intorno agli anni 1972-74, sorprendenti per contenuto e per impaginazione, decisamente rigorosa nell’accentuato astratto geometrismo che ne costituisce la più evidente e peculiare caratteristica. La “rinascita” giunse di lì a poco, attraverso la figura del padre che entrò di prepotenza nelle composizioni di Z. e ne divenne ricorrente protagonista e simbolo dominante, condizionante e caratterizzante la pittura degli anni seguenti, fino all’oggi: un padre «come un ariete, che ascolta, tra i girasoli». Non sono questi, naturalmente, gli unici temi trattati da Z. La serie dei Paesaggi – Cervelli, o Paesaggi come anatomie, apre la strada a composizioni nelle quali, più ancora che nelle opere precedenti, emerge prepotente l’artista colto, la cui pittura è frutto di un lungo processo interiore fatto di meditazioni, di ripensamenti, di ricordi di vita vissuta, di sentimenti, di speculazioni filosofiche, di rielaborazioni culturali, di colloqui e discussioni con i tanti amici del mondo dell’arte, della letteratura, del cinema. Non certo condizionanti, considerata la sua forte personalità, ma senz’altro coinvolgenti. Verso la laguna. Notturno, La sera nel vigneto, Sui campi dell’arciduca, Il viaggiatore notturno, tutti del 1980, e poi altri dipinti dai titoli similari del 1982 e ’83, e Mio padre l’ariete del 1984, e altri ancora negli anni seguenti, hanno tutti come particolarità una straordinaria raffigurazione “a volo d’uccello”, quell’arditezza prospettica che  per la sua accattivante spettacolarità (frutto senz’altro di non comuni capacità tecniche) non manca di trovare proseliti anche nell’epoca moderna, e in Salvador Dalì segnatamente. I quadri ultimi di Z. sono, per forma e contenuto, di una bellezza che non trova raffronti nella contemporanea pittura italiana. Dipinti di grande dimensione, con l’amato, solenne paesaggio friulano a perdita d’occhio; non più quello della lontana infanzia, ma un paesaggio ormai modificato dal lungo lavoro dell’uomo, con i vigneti – geometriche anatomie nella verde sera – colorati dal giallo intenso del tarassaco e dal rosso accecante del papavero, con l’incantata verdeblu laguna di Grado sulla quale incombono gli ex-voto di una religiosità antica che riassume in sé l’anima della terra natia, e l’icona dominante del padre.

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Bibliografia

Zigaina, l’opera grafica 1952-1981. Catalogo generale a cura di R. Tassi, Treviso, Venetemblemi, 1982; Zigaina, a cura di F. DE SANTI, G. PAULETTO, Pordenone, Concordia 7, 1990; M. GOLDIN, Zigaina, incisioni 1965-1994. Catalogo generale, I-II, Milano, Electa, 1995; Zigaina. Catalogo della mostra (Trieste, Civico Museo Revoltella Galleria d’arte moderna), a cura di C. PIROVANO, Milano, Electa, 2000; Giuseppe Zigaina. Zeichnungen und Radierungen. Disegni e incisioni 1947-2001. Catalogo della mostra di Monaco, Bologna, Udine e Salisburgo a cura di M. SEMFF, P. WEIERMAIR, Venezia, Marsilio, 2001; Giuseppe Zigaina. Dipinti 1944-2002, a cura di G. BERGAMINI, Venezia, Marsilio, 2002; Zigaina. Opere 1942-2009. Catalogo della mostra di Passariano a cura di M. GOLDIN, Treviso, Linea d’Ombra Libri, 2009 (con completa bibliografia precedente); Giuseppe Zigaina. Il segno e il disegno. Catalogo della mostra a cura di G. BERGAMINI, E. DI MARTINO, Udine, Triennale Europea dell’Incisione, 2016.

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