Qualificato «vero tipo del gentiluomo di campagna», fu un agiato possidente ottocentesco di San Vito al Tagliamento, dove nacque il 2 luglio 1807 da Giovanni Paolo e da Orsola Antivari. Non si limitò tuttavia, «pur ricco di censo», a godersi le «larghe rendite delle sue terre», ma si dedicò incessantemente a tradurre in atto quanto appreso dalle più sicure dottrine agronomiche, tenendosi lontano «tanto dal cieco empirismo come dalle avventate innovazioni». Migliorò le case dei suoi coloni, le stalle, il caseificio; introdusse razionali rotazioni agrarie e moderni attrezzi di lavoro, nonché la coltivazione delle barbabietole da foraggio; nei suoi poderi della bassa friulana erano rinvenibili «le più belle bigattiere, le vigne meglio tenute, il bestiame più scelto». Tra i fondatori nel 1846 dell’Associazione agraria friulana, a lungo presieduta dal conte Gherardo Freschi, il dottor Z. ne fu, alla sua ricostituzione avvenuta nel 1855, attivo consigliere per ventinove anni, finché la malferma salute lo costrinse a rinunciare; può essere quindi annoverato tra i più «benemeriti ed affezionati» collaboratori di tale prestigiosa associazione. Fu autore di «frequentissimi scritti» su svariati temi di agricoltura, dando prova di vasta e approfondita cultura. Collaborò fin dagli anni Quaranta a «L’amico del contadino», primo giornale agrario della provincia, scrivendo tra l’altro sei memorie sulle pecore, e successivamente al «Bullettino dell’Associazione agraria friulana». In quest’ultimo periodico pubblicò, tra l’altro, articoli sulla zootecnia, la coltivazione del lino, l’accoppiamento della vite al gelso, i problemi ingenerati dal «disalveo» del Tagliamento. Diede alle stampe inoltre, nel 1847, una memoria sulle banche di credito agrario, da presentare all’VIII congresso degli scienziati italiani, e nel 1878 le Istruzioni agrarie ad un possidente novello, pubblicate «in forma epistolare». Seppe trasfondere nei figli la sua attitudine ad applicare le migliori pratiche agrarie. ... leggi Propugnò un nuovo metodo, in aggiunta a quello già divulgato da un altro sanvitese, Giuseppe Enrico Gastaldis, di accoppiamento del gelso alla vite, procedendo dapprima all’impianto del gelso e in un secondo tempo di una sola vite per parte, assicurata saldamente ai rami del primo. Tale metodo attribuiva al gelso «il posto principale» e riduceva la spesa per la sistemazione delle viti, non essendovi alcun bisogno di pali secchi di sostegno. Fu proprietario di una filanda che contava trentadue bacinelle, la terza in Friuli a utilizzare, precisamente dal 1852, la caldaia a vapore in luogo del sistema tradizionale a fuoco diretto; il motore fu costruito dall’officina meccanica Fasser di Udine, mentre la struttura fu acquistata dalla fonderia Giacomelli di Treviso. Nel 1844 Z. aveva pure eretto a San Vito un moderno filatoio, dotato di attrezzatura atta a «incannare, stracannare, abbinare e misurare» la seta, il quale faceva ricorso all’utilizzo di forza idraulica, essendo egli convinto che in Friuli andasse incoraggiato l’impiego dell’acqua come forza motrice, onde sopperire alla scarsità di combustibile. A tal proposito nell’ottobre 1853 la Luogotenenza delle province venete accolse l’istanza da lui presentata l’anno prima, «diretta a ottenere l’erogazione dalla fossa che circonda[va] il Paese di S. Vito dell’acqua occorrente ad animare una ruota da applicare ad un opificio di torcitojo». I suoi filati serici furono encomiati dagli stessi produttori di Vienna e la Camera aulica generale gli concesse «un privilegio esclusivo» di cinque anni per i meccanismi inventati. In occasione dell’inchiesta industriale nazionale, Z., nella sua veste di filandiere e filatoiere, effettuò la sua deposizione nell’adunanza tenutasi a Udine il 6 luglio 1872. Nel 1856 era stato nominato nella commissione istituita dall’Associazione agraria friulana e dalla Camera di commercio per un concorso a premi per i migliori bachicoltori, sulla base della qualità della seta ottenuta dai campioni di bozzoli presentati dai concorrenti. Fece inoltre parte, con altri cinque membri, della commissione eletta dalla deputazione provinciale di Udine onde stilare la relazione sul Friuli per gli atti dell’inchiesta agraria Jacini, poi compendiata dal commissario della giunta per il Veneto, Emilio Morpurgo, nel volume relativo alle province venete, pubblicato dal parlamentare padovano nel 1882. Il cav. Z. si spense in San Vito al Tagliamento il 17 dicembre 1886; la moglie, Adele De Rocco, era deceduta il 20 aprile 1874 all’età di cinquantacinque anni.
ChiudiBibliografia
ASDPn, Baptizatorum Liber 1791-1817 e Mortuorum Liber 1869-1913 (già nell’Archivio parrocchiale di San Vito al Tagliamento).
Necrologio nel «Giornale di Udine» del 18 e 19 dicembre 1886 e nel «Bull. Ass. Ag. Fr.», s. IV, 3 (1886), 384-385; R. ZOTTI, S. Vito nella storia. Uomini e famiglie notabili, Sacile, Tip. editrice sacilese, 1926, 188-189; P. CEOLIN, Un imprenditore friulano: Paolo Giunio Zuccheri, «Sot la nape», 50/4 (1998), 57-60; F. BOF, Gelsi, bigattiere e filande in Friuli da metà Settecento a fine Ottocento, Udine, Forum, 2001, ad indicem.
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